L’andamento settore artigianato in Italia negli ultimi anni si caratterizza per una forte contrapposizione tra tradizione e innovazione. Il comparto artigiano, da sempre rappresentativo della cultura produttiva italiana, evidenzia una significativa riduzione del numero complessivo di artigiani e aziende attive: secondo gli ultimi dati Unioncamere e InfoCamere, dal 2008 a oggi sono state perse oltre 228 mila imprese.
Questa flessione riflette cambiamenti profondi, legati sia a fattori economici che socio-culturali, come la trasformazione delle abitudini di acquisto, i processi di automazione e digitalizzazione e la crisi del ricambio generazionale. Tuttavia, emergono segnali di vitalità che coinvolgono segmenti innovativi come benessere, tecnologia e nuove figure professionali digitali, restituendo un quadro di resilienza e adattamento. L’artigianato rimane così un pilastro strategico del sistema produttivo italiano, pur dovendo affrontare sfide crescenti in termini di competitività e sostenibilità.
Dinamiche demografiche e nuovi protagonisti nel settore artigiano
Nella composizione demografica degli artigiani si riscontrano cambiamenti sostanziali. L’età media degli operatori si sta progressivamente abbassando, specialmente nei centri urbani e in ambiti legati alla progettualità digitale. Le recenti statistiche indicano un interesse crescente da parte dei giovani verso professioni creative e autonome, sostenuto anche dalla maggiore accessibilità alle tecnologie digitali.
Espressioni come “artigianato 4.0” e “design thinking” stanno sempre più entrando a far parte del lessico comune tra le nuove generazioni. In parallelo, la presenza femminile all’interno delle imprese artigiane si sta consolidando anche grazie all’assunzione di ruoli di leadership in botteghe innovative o start-up a matrice artigianale. Rileviamo che:
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Incremento della presenza femminile: negli ultimi dieci anni la percentuale di donne artigiane è salita dal 17,1% al 20,1%, soprattutto nelle regioni del Nord-Ovest e Nord-Est. -
Apertura multiculturalità: l’ingresso di lavoratori stranieri, portatori di saperi e know-how diversificati, arricchisce le pratiche produttive e favorisce nuove contaminazioni tecniche, soprattutto nei settori delle costruzioni e dei servizi alle imprese. -
Polarizzazione territoriale: i giovani artigiani si concentrano in aree urbane e poli culturali (come Milano, Firenze, Bologna e Torino), beneficiando di ecosistemi favorevoli allo sviluppo di idee e progetti innovativi.
Questo nuovo tessuto imprenditoriale contribuisce all’adattamento della manifattura italiana alle esigenze dei mercati globali.
Trend di crescita: benessere, tecnologia e digitalizzazione
L’analisi dei dati Unioncamere evidenzia che, tra il 2023 e il 2025, le attività artigiane connesse ai servizi per la persona e alle professioni ad alta componente tecnologica registrano un aumento consistente. I comparti “benessere” e “tecnologia” emergono come motori di modernizzazione:
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Settori in espansione: parrucchieri, tatuatori, estetiste e operatori del wellness aumentano stabilmente, in controtendenza rispetto alla generalizzata contrazione dei mestieri manuali tradizionali. -
Nuovi artigiani digitali: video maker, web marketer, social media manager e sviluppatori di piattaforme digitali rappresentano nuove specializzazioni, facendo convergere il saper fare artigiano con le opportunità offerte dalla trasformazione digitale. -
Innovazione dei modelli di business: la diffusione dell’e-commerce e dei marketplace digitali consente agli operatori di accedere a una clientela globale, riducendo la dipendenza dai limiti geografici.
Il passaggio da bottega fisica a bottega digitale si accompagna spesso a processi di certificazione della sostenibilità e della tracciabilità dei materiali. L’adattamento di competenze manuali tradizionali alla nuova economia digitale configura così un modello di crescita capace di sostenere la rilevanza del settore a livello internazionale, come attestato dall’incremento delle esportazioni in nicchie di mercato ad alto valore aggiunto.
Professioni tradizionali in declino e fattori della crisi
Nonostante i segnali positivi nei settori emergenti, la situazione delle professioni storicamente manuali mostra criticità diffuse. Dal 2012 sono scomparse oltre 228mila aziende artigiane appartenenti ai mestieri tradizionali, come sarti, calzolai, orologiai, fabbri e falegnami. I motivi principali individuati dalle fonti ufficiali includono:
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Ricambio generazionale insufficiente: l’invecchiamento della popolazione artigiana non è compensato da un adeguato ingresso di giovani, anche a seguito della scarsa valorizzazione scolastica dell’istruzione tecnico-professionale. -
Competizione della grande distribuzione e dell’e-commerce: la pressione derivante dalla vendita di prodotti serializzati e dal cambiamento delle abitudini di acquisto ha inciso negativamente su lavori artigianali che necessitano di relazioni dirette e fidelizzazione della clientela. -
Aspetti fiscali e vincoli burocratici: le difficoltà nell’accesso al credito, la pressione fiscale elevata e la complessità degli adempimenti limitano la capacità delle piccole botteghe di reagire ai cambiamenti. -
Cambiamenti culturali: la svalutazione sociale delle professioni manuali, percepite come opzione residuale rispetto a percorsi di studio accademici, contribuisce ulteriormente alla carenza di risorse umane qualificate.
Questa crisi si riflette anche sul paesaggio urbano, dove le tipiche botteghe stanno via via lasciando spazio ad altre attività commerciali, modificando la fisionomia delle città italiane.
Distribuzione geografica e distretti d’eccellenza dell’artigianato
La mappa produttiva dell’artigianato mostra una forte concentrazione in determinate aree, in relazione alle vocazioni storiche e alle tradizioni locali. Regioni che come Toscana, Veneto e Lombardia si confermano poli di eccellenza, con distretti specializzati nelle lavorazioni della pelle, del vetro, del mobile, del tessile e dell’agroalimentare. La Sardegna spicca per i suoi tessuti artigianali, mentre il Sud (in particolare la Puglia e la Sicilia) mantiene viva la tradizione dei prodotti gastronomici e dei tessuti.
Esempi come il distretto della pelle ad Arezzo, il vetro di Murano, i mobili della Brianza e i tappeti sardi rappresentano punti di riferimento per qualità e innovazione orientata alla sostenibilità.
Il modello distrettuale agevola la collaborazione tra aziende, la condivisione di competenze e la partecipazione a eventi e fiere di respiro internazionale.
Città come Firenze, Venezia e Napoli si confermano attrattive sia sul fronte della produzione che su quello del turismo culturale collegato all’artigianato artistico e agroalimentare.
Il sistema dei distretti costituisce quindi un volano per innovazione e occupazione qualificata, preservando sia il patrimonio materiale che quello immateriale del made in Italy.
L’apporto degli artigiani stranieri e l’evoluzione delle imprese
Sulla base delle più recenti statistiche di Unioncamere, il peso degli artigiani stranieri in Italia si attesta complessivamente attorno al 20% degli imprenditori individuali. Questa presenza, in costante crescita, ha portato nel decennio 2014-2024 a un aumento di oltre 33 mila unità, con forte dinamismo nei comparti costruzioni, ristorazione e trasporti. Analizzando in dettaglio, spicca il ruolo dei titolari provenienti da Romania, Albania, Cina ed Egitto nel mantenimento e nell’espansione di segmenti chiave:
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Costruzioni: oltre il 29% delle imprese artigiane ha titolari stranieri, con una prevalenza di operatori romeni e albanesi. -
Servizi alle imprese: la quota raggiunge il 28% circa, grazie all’inclusione di attività come trasporto, magazzinaggio e ristorazione in cui la specializzazione delle comunità cinesi ed egiziane è molto marcata. -
Evoluzione anagrafica e di genere: negli ultimi dieci anni si è rilevato un incremento del 125% degli imprenditori over 50 e una crescita percentuale superiore al 220% tra gli over 70. -
Integrazione e stabilità: la progressiva femminilizzazione del settore, accompagnata dall’integrazione delle nuove generazioni, favorisce processi di stabilizzazione e radicamento nelle economie locali.
Questi influssi permettono una parziale compensazione della perdita di know-how causata dal calo degli operatori autoctoni, conferendo stabilità e capacità di adattamento alle nuove esigenze di mercato.
Le politiche pubbliche hanno tentato, soprattutto negli ultimi anni, di sostenere le piccole imprese artigiane attraverso sgravi fiscali, incentivi a fondo perduto e investimenti in formazione e innovazione. Gli effetti, tuttavia, risultano eterogenei e spesso condizionati dalla frammentazione normativa e dalla lentezza della burocrazia.
La solidità del tessuto produttivo artigiano, dunque, dipende dal successo di queste misure, nonché dalla capacità delle imprese di adattarsi rapidamente a scenari globali complessi.
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