Di fronte al pianto dei bambini di Gaza


di Paolo Longobardi, Presidente Unimpresa

Non esistono giustificazioni. Non esistono spiegazioni sufficienti. Non ci sono ragioni di Stato, strategie militari, risoluzioni diplomatiche o interessi geopolitici che possano sopravvivere al pianto di un bambino che muore di fame.

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Nelle ultime settimane, da Gaza giungono immagini e numeri che lacerano la coscienza. Neonati che pesano meno alla morte che alla nascita, piccoli corpi avvolti da teli troppo grandi, madri che non piangono più perché non hanno più lacrime da versare. Oltre un milione di minori è intrappolato in una spirale di violenza, privazioni e fame. La fame, quella vera, quella che svuota lo stomaco, il cuore e la speranza.

Ci chiediamo, con angoscia crescente, perché tutto questo non trovi soluzione. Perché nel tempo in cui un farmaco arriva ovunque in 24 ore, non riesce a passare un camion con latte in polvere. Perché nel secolo delle tecnologie satellitari e delle intelligenze artificiali, siamo ancora ostaggio di barriere umane, troppo umane: l’odio, il calcolo, l’indifferenza.

L’economia non può essere neutrale di fronte al disumano. E le imprese, piccole o grandi che siano, non sono solo produttori di beni e servizi: sono parte della società, parte della storia. Siamo padri e madri, cittadini prima che imprenditori. E sappiamo che nessun mercato, nessun commercio, nessuna ricchezza vale quanto la vita di un solo bambino.

In questi giorni cupi, anche il mondo delle imprese deve farsi carico di una domanda scomoda: possiamo restare spettatori? Possiamo continuare a parlare di crescita, export, competitività, mentre in un angolo del mondo si muore per un sacchetto di farina? Crediamo che il dovere etico dell’impresa sia anche quello di alzare la voce, non solo per difendere le proprie istanze, ma per ricordare che esiste un bene superiore: la dignità umana.

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Noi di Unimpresa ci uniamo agli appelli delle organizzazioni umanitarie internazionali, chiedendo con forza che venga garantito un accesso pieno, sicuro e continuo agli aiuti per la popolazione civile di Gaza. Chiediamo che l’Europa, l’Italia, i grandi organismi multilaterali non si limitino a dichiarazioni di principio, ma agiscano, subito, con coraggio e determinazione.

Perché ogni giorno che passa senza un’azione concreta, ogni ora di silenzio diplomatico, ogni convenienza che prevale sulla pietà è un colpo inferto all’infanzia, al futuro, all’umanità. Occorre fermarsi. E fermare le armi. Ma anche di fermare l’abitudine. Perché il pericolo più grande è che ci si abitui a tutto, anche all’infamia di un bambino che muore di fame nel silenzio generale.

Paolo Longobardi
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