Riceviamo e pubblichiamo in anteprima un articolo di Michele Antognoli che sarà pubblicato sul prossimo numero del mensile di economia e finanza “Leasing Time Magazine”.
Dal risparmio privato alla solidità delle PMI, dall’inclusione economica alla prevenzione del rischio reputazionale: perché l’educazione finanziaria deve diventare una priorità nazionale
Un’urgenza sottovalutata
L’educazione finanziaria degli italiani sta finalmente guadagnando visibilità nel dibattito pubblico, ma il livello di consapevolezza resta ancora troppo basso rispetto al potenziale del nostro Paese. Eppure, si tratta di una leva strategica per una crescita economica sostenibile, capace di attivare risorse fondamentali: il risparmio delle famiglie e la capacità competitiva delle imprese, in particolare delle PMI che costituiscono l’ossatura produttiva dell’Italia.
Il risparmio c’è, ma non produce valore
L’Italia è storicamente un Paese di risparmiatori. Ma questo patrimonio si concentra in asset considerati sicuri ma poco produttivi: immobili e liquidità bancaria. A differenza di quanto accade in altre economie avanzate, dove il risparmio viene canalizzato verso investimenti capaci di generare valore e occupazione, da noi prevale la logica della difesa. La scarsa propensione al rischio non è un tratto culturale ineluttabile: è spesso il riflesso di una bassa educazione finanziaria e di una fiducia limitata nei confronti degli intermediari.
PMI e competenze: un binomio decisivo
Dal lato delle imprese, e in particolare delle PMI, una maggiore educazione finanziaria significa poter dialogare in modo più efficace con il sistema bancario e finanziario, comprendere meglio le proprie metriche di sostenibilità (anche in chiave ESG), scegliere con consapevolezza tra le diverse forme di finanziamento, e pianificare strategicamente la crescita. Le aziende che conoscono gli strumenti finanziari sanno anche come usarli per creare valore.
Tre effetti sistemici
Una diffusione capillare della cultura finanziaria avrebbe ricadute positive non solo per i singoli, ma per l’intero sistema Paese. In particolare:
- Inclusione economica: strumenti e competenze accessibili anche a microimprese e territori marginali;
- Maggiore competitività delle PMI: imprese più solide, più strutturate e più resilienti;
- Cittadinanza economica consapevole: risparmiatori in grado di allocare il capitale in modo produttivo, con un approccio consapevole al rischio.
Un ritardo culturale da colmare
In Italia, parlare di finanza è ancora percepito come un affare “tecnico”, distante dalla vita reale. Al contrario, nei Paesi nordici o anglosassoni l’educazione economico-finanziaria è parte integrante dei curricula scolastici e dei programmi pubblici. Questa cultura diffusa ha effetti misurabili in termini di stabilità, fiducia e capacità di innovare.
Il rischio dell’ignoranza digitale
In un’epoca di accelerazione tecnologica, la carenza di competenze finanziarie diventa ancora più pericolosa. L’accesso disintermediato a prodotti complessi – si pensi alle criptovalute o a certi strumenti di investimento online – espone individui e aziende a rischi rilevanti, spesso non compresi appieno. La digitalizzazione, senza educazione, può trasformarsi in vulnerabilità sistemica.
Una questione strategica per gli operatori finanziari
Per banche, società di leasing e intermediari, investire in educazione finanziaria significa anche ridurre il rischio reputazionale. Scelte inconsapevoli da parte di clienti impreparati alimentano contenziosi, crisi di fiducia e danni all’immagine del settore. La finanza deve tornare a essere percepita come un alleato per la crescita, non come un vincolo opaco.
Una vera politica industriale dell’educazione finanziaria
È tempo di fare un salto di visione. L’educazione finanziaria dovrebbe diventare una priorità strategica nazionale, come già accade con la digitalizzazione o la transizione ecologica. Serve una politica industriale dell’educazione economica: nei programmi scolastici, nei bandi pubblici, nelle misure di sostegno alle imprese.
Conclusione: il moltiplicatore invisibile
In ultima analisi, l’educazione finanziaria è il moltiplicatore silenzioso della competitività, della fiducia e della coesione sociale. Un Paese in cui ogni cittadino – fin dai banchi di scuola – è in grado di compiere scelte economiche consapevoli, è un Paese più solido, più resiliente, più giusto. Ed è un Paese pronto ad affrontare le sfide del futuro.
Michele Antognoli
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