Imprese piemontesi: crescono gli investimenti ma i dazi preoccupano


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Le imprese piemontesi tornano a investire, ma sull’export pesa il caos dazi

L’indagine congiunturale su un campione di 1.200 aziende

Tornano prudenti le attese per le aziende piemontesi, dopo il rimbalzo registrato a marzo, complice il continuo complicarsi dello scenario geopolitico ed economico globale. E’ quanto emerge dall’indagine congiunturale realizzata a giugno dal Centro Studi dell’Unione Industriali di Torino su un campione di 1.200 aziende manifatturiere e di servizi del sistema confindustriale piemontese.

Ecco i dati emersi

A livello regionale dalle imprese arrivano attese positive per l’occupazione. Negativi i consuntivi per produzione (-1%), ordini (-2,3%), export (-6%) e redditività (-6,9%). Cresce la propensione ad investire, che riguarda il 74,6% delle intervistate, mentre oltre un quarto delle imprese ha programmato l’acquisto di nuovi impianti, un dato in crescita di 1 punto rispetto a marzo. L’indice di utilizzo di impianti e risorse resta stabile al 77%, così come il ricorso alla CIG, attivata dal 10,4% dei partecipanti all’indagine, percentuale che cresce nel manifatturiero, dove sale al 14,1% (invariata rispetto alla rilevazione di marzo).

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“Norme che penalizzano chi fa impresa e indeboliscono il mercato interno”

“Il nostro tessuto economico, sempre più differenziato, si conferma un’altra volta il principale elemento di stabilità e crescita. Se infatti permangono vocazioni storiche come la mobilità – ha commentato Andrea Amalberto, presidente di Confindustria Piemonte – il Piemonte del 2025 raccoglie con successo le principali sfide connesse alla transizione ambientale e tecnologica. E non è facile farlo in uno scenario dove il futuro economico sembra disegnato da chi guarda negli specchietti retrovisori, piuttosto che alle sfide future. E non va sottovalutata la perdurante riduzione della redditività, legata certo all’incertezza ma anche a norme che continuano a penalizzare chi fa impresa, con un cuneo fiscale che resta tra i più elevati, generando un costo del lavoro che corrode il potere d’acquisto. Su questo come Confindustria dobbiamo continuare a impegnarci perché alla fine così s’indebolisce mercato interno e quindi la ricchezza del Paese”.

 



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