L’impatto di Roche in Italia: effetto farfalla su economia, occupazione, ricerca e ambiente


Non è solo la quota di Prodotto interno lordo (Pil), ma è un effetto moltiplicatore che immette ossigeno nell’economia italiana ed è motore di sviluppo anche per l’occupazione, la ricerca e l’ambiente. A generarlo è l’investimento che l’azienda biotech Roche compie nel nostro Paese. Secondo uno studio realizzato con il supporto metodologico di PwC Italia, l’impegno della multinazionale produce un impatto di 712,5 milioni di euro annui, pari allo 0,03% del Pil, con il risultato che, per ogni euro di valore aggiunto diretto, ne vengano generati 2,6 per l’economia nazionale. I dati sono stati presentati il 9 luglio scorso durante l’evento “Effetto moltiplicatore: il biotech come motore di sviluppo per l’Italia. L’impatto di Roche”, nella sede dell’Ambasciata Svizzera a Roma.

L’analisi dell’impatto

Il valore generato da Roche nel 2023 è stato analizzato nel documento in quattro ambiti: economia, ricerca, lavoro e ambiente. Sul piano economico, lo studio evidenzia che l’azienda ha generato un impatto complessivo di 712,5 milioni di euro. Di questa cifra, il valore aggiunto totale, derivante dalle attività dirette e indirette, è stato di 446,7 milioni di euro, con una quota diretta di 274,6 milioni. La ricerca evidenzia, inoltre, l’impatto sul livello occupazionale per il Paese. Sono 1.038 le persone impiegate direttamente da Roche, di cui il 52% donne (contro una media nazionale del 42%), il 77% con laurea (rispetto al 24% della media) e il 34% di under 40 anni. L’analisi stima inoltre che per ogni dipendente diretto, vegano generati oltre tre lavoratori equivalenti a livello di economia nazionale.

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Il battito delle farfalle

Lo studio dimostra ancora una volta come gli investimenti, in settori molto qualificati come quello del biotech , riescano a generare il cosiddetto “effetto farfalla”, cioè una concatenazione a cascata di benefici per il sistema economico. “Per moltiplicatori – spiega Andrea Fortuna, Partner PwC Italia -Healthcare, Pharmaceuticals & Life Sciences Leader – intendiamo la capacità di generare valore su alcuni ambiti. Se guardiamo all’aspetto occupazionale (forse il più rilevante), vediamo che ogni dipendente di Roche ha un indotto di 3,3 occupati nella filiera produttiva. Non ultimo, l’attività di ricerca in Italia genera un moltiplicatore, anche questo sul sistema, sia in termini di investimenti diretti sia di costi evitati”.

L’esempio elvetico della cooperazione

I problemi demografici e lo sviluppo della popolazione pongono sfide importanti, per questo “puntare sull’innovazione è essenziale – suggerisce Roberto Balzaretti, ambasciatore svizzero in Italia – non come risposta tattica, ma quale scelta strategica di lungo periodo”. Per la Confederazione elvetica, la cooperazione fra il pubblico e il privato rappresenta “un pilastro, un dialogo continuo – commenta Balzaretti, favorevole all’innovazione e alla competitività. L’innovazione va tradotta in soluzioni praticabili e qui il settore biotech svolge un ruolo chiave. È fondamentale continuare a investire in ricerca perché significa avere cure migliori”.

Le risposte del governo per la formazione

Il settore farmaceutico rappresenta una delle eccellenze del sistema produttivo italiano, “capace di generare valore economico, occupazione qualificata e innovazione”, afferma il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, nel suo messaggio. Rivolto all’azienda, il ministro augura “attraverso le sue strategie ambientali e sociali, in linea con gli obiettivi dell’Agenda 2030, di arrivare ad assumere un ruolo chiave, sia come produttore di farmaci innovativi, che come catalizzatore di crescita e sviluppo, così da costituire un caso esemplare di investimento sostenibile e impatto positivo sul sistema Paese”. Dello stesso avviso è Claudio Durigon, sottosegretario al ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, che parlando delle potenzialità del settore, sottolinea l’impegno dell’esecutivo nel dare risposte sul piano della formazione. “La volontà del governo – dice – è continuare su questo percorso”.

Attivati oltre 50 settori dell’economia

L’effetto moltiplicatore si manifesta non in un’area specifica, ma in vari ambiti, come spiega Stefanos Tsamousis (nella foto), General Manager di Roche SpA: “considerando solo la prima catena di fornitura abbiamo un impatto su 51 diversi settori dell’economia”. Non mancano nell’analisi proposta dal manager gli ostacoli, alcuni con origine in Europa, altri profondamente legati all’Italia. “Uno di questi – osserva – è sicuramente la burocrazia eccessiva in diverse fasi del processo”. Altra barriera è riconosciuta nel meccanismo del payback: “crediamo – commenta – che strumenti come questo, pur rispondendo a specifiche esigenze di breve termine, finiscano per limitare il pieno sviluppo del settore”.

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Vantaggi per il sistema Paese

“I vantaggi che possono derivare da un investimento strategico in innovazione nel settore farmaceutico-diagnostico si traducono in significativi benefici per la salute sia dei cittadini che del sistema sanitario”, afferma durante la presentazione Burcak Celik, General Manager di Roche Diagnostics S.p.A. In particolare la diagnostica può svolgere un ruolo di abilitatore di un sistema più sostenibile e resiliente poiché, come sottolinea Celik, “è un punto cardine dell’evoluzione della Sanità che dovrebbe sempre più spostarsi da un modello incentrato sulla sola cura ad uno che privilegi la possibilità di predire, intervenire precocemente e personalizzare gli interventi terapeutici, generando impatti positivi sull’intero sistema Paese.” Tuttavia, al momento, una criticità che Celik evidenzia proprio relativamente alla diagnostica in vitro, è legata al riconoscimento del suo valore, alla luce degli esigui investimenti di spesa destinati a questo settore (inferiori al 2% rispetto al totale della spesa sanitaria), nonostante “il 70% delle decisioni cliniche si basi su questi esami”. “Un impegno concreto da parte di tutti gli interlocutori, volto a definire approcci strategici che possano generare valore sociale ed economico non solo nel breve ma anche e soprattutto nel lungo termine è dunque condizione imprescindibile per la piena espressione della capacità innovativa di questo settore”.

Dialogo e regole chiare

Nella prima delle due tavole rotonde realizzate durante l’evento, Guido Beccagutti, direttore generale di Confindustria Dispositivi Medici, sottolinea come l’Europa, pur essendo stata in passato favorevole alla tecnologia, stia ora sperimentando un rallentamento nell’immissione di nuovi prodotti sul mercato. “Per superare questa criticità – sostiene –, è fondamentale un cambio di prospettiva che consideri non solo i costi, ma soprattutto i vantaggi clinici per il paziente e il sistema sanitario”. Chi accoglie con favore l’apertura di un tavolo di discussione sul pharma prima della pausa estiva, evidenziando il dialogo come elemento cruciale, è Enrica Giorgetti, direttore generale di Farmindustria. “Il settore farmaceutico – dice – è fortemente regolamentato e la chiarezza delle regole è essenziale per un contesto lavorativo stabile. L’Italia vanta un mix produttivo e di ricerca molto ricco, con eccellenze e un significativo tessuto scientifico. Tuttavia, i tempi di accesso ai processi sono eccessivamente lunghi, rendendo urgente una riorganizzazione del sistema di governance”.

Daria Perrotta, Ragioniere Generale dello Stato, riconosce che il payback nel settore farmaceutico oggi mostri dei limiti, sebbene sia stato utile in passato. Ora “è immaginabile un ripensamento – afferma –, magari stabilendo un tetto più giusto. Vi è la volontà di superare l’attuale meccanismo, classificando i farmaci in base alla loro capacità di innovazione terapeutica e non trattandoli tutti allo stesso modo. Per attuare questo cambiamento, è necessario comprendere a fondo a cosa sia servito il payback in passato per arrivare a strumenti più efficaci”.

Passi in avanti per eliminare il meccanismo li testimonia anche Francesco Saverio Mennini, capo dipartimento per la Programmazione del Ministero della Salute. Nel frattempo è stato “istituito – rassicura –, un fondo per i farmaci innovativi e l’eliminazione dell’anomalia degli innovativi condizionati, una specificità italiana che non sarà più presente da quest’anno. È alla firma – annuncia – l’istituzione di un tavolo per la governance dei dispositivi medici, a cui seguirà uno per i farmaci, in cui si affronterà specificamente il tema del payback. C’è una chiara apertura – conclude – da parte del Ministero della Salute e di quello dell’Economia e delle Finanze per ridurre l’impatto di tali meccanismi e si sta considerando l’istituzione di un fondo dedicato ai dispositivi medici”.

La prospettiva di Life science e ricerca

La difficoltà nel reperire personale qualificato, è uno dei temi affrontati nella seconda tavola rotonda. A delineare il quadro e le possibili soluzioni, è Francesca Galli, Dirigente di gabinetto presso la Segreteria tecnica del Ministro dell’Università e Ricerca, che sottolinea l’importanza di una sinergia tra il settore pubblico e le imprese private per lo sviluppo di nuove figure professionali. “Il problema – assicura – di trattenere e attrarre talenti è rilevante e il ministero sta attivamente lavorando su questo fronte”. Della necessità di investire massicciamente nella formazione, parla Marica Nobile, Direttrice Federchimica Assobiotec. “Secondo le stime di Assobiotec – ricorda –, le professioni nel settore biotech sono destinate a crescere del 61%. Per questo, è fondamentale uno sforzo congiunto tra istituzioni e accademie per formare talenti che siano immediatamente pronti per le esigenze delle imprese”.



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