La prospettiva dell’imposizione di dazi al 30% da parte degli Stati Uniti su tutti i prodotti europei rappresenta uno scenario dirompente per le imprese italiane, soprattutto in settori chiave come l’agroalimentare. Come ha sottolineato il presidente di Federalimentare, Paolo Mascarino, una tale misura “supera ogni soglia di tollerabilità”, in quanto mina le basi stesse della competitività dell’export italiano negli USA, che oggi vale 7,7 miliardi di euro, pari al 14% del totale delle esportazioni del settore.
La misura proposta dall’amministrazione Trump, in un contesto già teso sul piano valutario (con un dollaro debole che penalizza ulteriormente l’export europeo), rappresenta una minaccia non solo economica, ma geopolitica. L’industria agroalimentare italiana, fatta di piccole e medie imprese radicate nel territorio, rischia di subire un danno doppio:
erosione della competitività sul prezzo: un dazio al 30% rende i prodotti italiani meno appetibili rispetto a quelli locali o di altri Paesi non soggetti a dazi;
perdita di quote di mercato: le imprese italiane rischiano di perdere spazio a vantaggio di competitor sudamericani, asiatici o canadesi (in caso di esenzioni bilaterali).
Sarebbero penalizzati in particolare prodotti simbolo del Made in Italy come formaggi DOP, salumi, olio d’oliva, pasta e vino, tutti segmenti in cui l’Italia eccelle ma che sono altamente sensibili al prezzo finale per il consumatore americano.
La situazione si presenta delicata sotto diversi punti di vista.
L’impatto occupazionale: molti distretti agroalimentari del Nord e del Centro Italia dipendono fortemente dall’export verso gli USA. Un calo repentino della domanda potrebbe tradursi in licenziamenti e chiusure aziendali.
Le ritorsioni a catena: un’escalation di dazi reciproci tra UE e USA alimenterebbe un ciclo di protezionismo globale, con gravi ripercussioni su una crescita economica già fragile.
La perdita di fiducia nei mercati internazionali: le imprese, colpite da un’imprevedibilità normativa crescente, potrebbero ridurre gli investimenti esteri.
Soluzioni e strategie: l’Italia tra realismo e diplomazia economica
Il primo passo deve essere l’azione diplomatica concertata a livello UE.
L’Italia, pur sostenendo la posizione della Commissione, dovrebbe spingere per:
la riapertura immediata del dialogo bilaterale USA-UE, per evitare l’effettiva entrata in vigore dei dazi;
la creazione di un tavolo tecnico permanente che includa rappresentanti del settore agroalimentare, per monitorare e reagire con rapidità alle minacce commerciali;
la mediazione attraverso l’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC), sebbene i suoi strumenti siano oggi deboli, per dare legittimità a un’azione di contrasto.
Pur senza rinunciare al mercato statunitense, le imprese italiane devono essere accompagnate verso nuovi mercati, con strumenti di internazionalizzazione pubblici e privati, quali:
• Asia e Medio Oriente: aree con crescente domanda di prodotti italiani di qualità;
• Sud America: con cui potrebbero aprirsi nuovi accordi bilaterali favorevoli, grazie anche alla diaspora italiana;
• Mercati emergenti africani: ancora poco esplorati, ma con grande potenziale nei segmenti premium.
Il governo italiano, di concerto con l’UE, dovrebbe prevedere un pacchetto straordinario di misure di sostegno, tra cui:
crediti d’imposta per le imprese colpite dalla perdita di esportazioni;
finanziamenti agevolati per favorire la riconversione o l’adattamento delle strategie commerciali;
fondi per la promozione internazionale e per la comunicazione del brand Italia all’estero.
Anche per questo, il Made in Italy deve puntare ancora di più sulla qualità, tracciabilità, certificazioni e valore culturale dei suoi prodotti, per giustificare un premium price anche con l’aggiunta di un dazio. In quest’ottica, può essere utile:
aumentare l’educazione del consumatore americano sui prodotti italiani;
valorizzare le indicazioni geografiche protette (IGP, DOP, DOCG);
stringere alleanze con la distribuzione locale negli USA per mantenere la visibilità a scaffale nonostante i rincari.
Il protezionismo americano, se confermato, sarà un duro colpo, ma anche un’opportunità per ripensare le strategie internazionali delle imprese italiane. Non sarà sufficiente una reazione politica o muscolare: servirà visione strategica, coesione tra pubblico e privato, investimenti e innovazione.
L’Italia può e deve giocare un ruolo da protagonista in Europa, chiedendo fermezza sul piano diplomatico ma anche flessibilità e intelligenza nella costruzione di nuove rotte commerciali. L’interesse nazionale passa oggi per la capacità di mediare, prevenire ed adattarsi, mantenendo al centro l’obiettivo di proteggere il lavoro, la competitività e il valore del Made in Italy nel mondo.
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