San Marino e l’Accordo di Associazione UE, NIENTE FONDI EUROPEI ED IL T2 RIMANE. Le due verità scomode che nessuno vuole raccontare … di Marco Severini


C’è un punto, anzi due, che i sostenitori dell’accordo di associazione tra San Marino e l’Unione Europea evitano accuratamente di spiegare ai cittadini. Due nodi tecnici, ma dal valore politico ed economico enorme.

Trasforma il tuo sogno in realtà

partecipa alle aste immobiliari.

 

Due verità che, da sole, bastano a dimostrare quanto questo trattato non sia né vantaggioso né equilibrato, e quanto la narrazione entusiastica che lo accompagna sia costruita su fondamenta fragili, se non addirittura mistificatorie.

La prima riguarda il cosiddetto regime T2, un’espressione doganale che potrebbe sembrare ostica ai non addetti ai lavori, ma che nella sostanza definisce lo status delle merci che viaggiano nell’Unione Europea. Quando una merce è contrassegnata come “T2”, significa che proviene da uno Stato terzo (non membro dell’UE come è San Marino) ma che, per effetto di un’unione doganale o di un accordo specifico, è stata “liberalizzata” sotto il profilo dei dazi.

Quel contrassegno (T2) comporta che la merce non sia riconosciuta come europea a tutti gli effetti. Per dirla senza giri di parole: viaggia con un’etichetta addosso, un marchio che ne segnala la diversità, e che può generare diffidenze, controlli, burocrazia. San Marino, nonostante sia in unione doganale con l’UE dal 1991, continua a essere soggetto al regime T2. E — cosa ancora più incredibile — continuerà a esserlo anche con l’Accordo di Associazione, il cosiddetto “grande passo storico” di cui oggi si celebrano i titoli, ma non si raccontano le righe in piccolo.

Questo vuol dire che le imprese sammarinesi continueranno a dover compilare documenti doganali per spedire merce nell’UE anche se non in Italia. 

Opportunità uniche acquisto in asta

 ribassi fino al 70%

 

Continueranno ad essere sottoposte a controlli formali o sostanziali, a subire le complicazioni del “dentro ma fuori”, in un limbo che non favorisce né la concorrenza né l’efficienza.

Dove sarebbe allora il grande beneficio dell’“integrazione nel mercato interno”? Dov’è la presunta parità tra le imprese sammarinesi e quelle tedesche, francesi, o italiane? La verità è che non c’è alcuna parità, e che il T2 rappresenta l’ammissione scritta e tecnica che San Marino rimane, e rimarrà, uno Stato terzo.

Ma se il T2 è la beffa logistica, la mancata partecipazione ai fondi europei è la beffa economica, strategica, strutturale.

Perché è bene che tutti lo sappiano: l’accordo non darà a San Marino accesso a nessun fondo europeo. Nessun finanziamento, nessun programma di coesione, nessuna possibilità di attingere al bilancio UE per finanziare infrastrutture, innovazione, sanità, formazione. Zero.

San Marino, con questo accordo, si assume l’onere di recepire migliaia di norme europee, di adeguarsi a regolamenti complessi e spesso inutili per una realtà di piccole dimensioni, ma non ottiene alcun diritto automatico ai benefici che godono i Paesi membri.

Peggio ancora: nemmeno i Paesi dello Spazio Economico Europeo (SEE), come Norvegia o Liechtenstein, hanno pieno accesso a quei fondi. Figuriamoci una micro-repubblica come San Marino che, agli occhi di Bruxelles, resterà una comparsa, non certo un attore con pieni poteri, poi in un momento dove si sta parlando di guerre e di macro argomenti.

Quindi, in soldoni, dovremo accettare regole senza poterle scrivere, dovremo pagare costi di adeguamento normativo senza ricevere in cambio alcun supporto finanziario, dovremo aprire il nostro mercato a colossi economici senza protezione reale per le nostre imprese.

E tutto questo senza nemmeno poter dire che le nostre merci circoleranno liberamente, né poter contare su fondi per attutire gli impatti del cambiamento. È un capolavoro di unilateralità.

Conto e carta

difficile da pignorare

 

Eppure, nel dibattito pubblico, di tutto questo non si parla. O meglio, chi osa farlo viene accusato di essere “antieuropeista”, “populista”, o “vecchio”.

Ma non c’è nulla di vecchio nel voler difendere la propria sovranità, anche economica.

C’è anzi qualcosa di profondamente moderno, concreto, razionale. Non si tratta di chiudersi al mondo, ma di negoziare meglio, e soprattutto di non accettare un pacchetto precostituito solo perché presentato con il fiocco blu di Bruxelles.

Un paese serio, prima di firmare, legge le clausole scritte in piccolo. E San Marino, almeno finora, lo è sempre stato.

Chi governa oggi ha il dovere morale e politico di spiegare queste due verità ai cittadini.

Non si può parlare di “accesso al mercato interno” se restiamo soggetti al regime T2.

Non si può continuare a parlare di “grande opportunità” quando non vedremo nemmeno un euro dei fondi strutturali europei.

Contributi e agevolazioni

per le imprese

 

Quelli annunciati ieri — ottenuti per la quarta volta mirabilmente dal Segretario Pedini Amati — non sono affatto fondi riservati agli Stati membri o associati, bensì finanziamenti europei destinati ai Paesi terzi, che San Marino già riceve e continuerà a ricevere a prescindere dall’accordo.

Eppure, nessuno lo dice chiaramente. Nessun media lo ha spiegato fino in fondo: non si tratta di un vantaggio derivante dall’associazione, ma di contributi che spettano a San Marino, e spetteranno anche dopo, nella sua attuale condizione se li chiederà e farà iniziative per averli.

In altre parole: non cambierà nulla, ma qualcuno ha tutto l’interesse a far credere il contrario, anche tra i media.

San Marino. Fondi europei: 175.000 euro per lo sviluppo del turismo religioso

Piuttosto che inseguire a testa bassa un accordo di associazione che ci espone a rischi enormi e ci promette benefici che in realtà non esistono o esistono solo per pochi, sarebbe molto più saggio — e concreto — investire energie e risorse per potenziare la nostra capacità di attrarre i fondi europei già oggi disponibili per i Paesi terzi. San Marino, infatti, rientra in diverse linee di finanziamento europee destinate proprio agli Stati che, pur non essendo membri dell’Unione, mantengono rapporti di collaborazione e vicinanza con Bruxelles.

Invece di legarci mani e piedi a un impianto normativo gigantesco che ci soffocherebbe dal punto di vista amministrativo, fiscale e politico, dovremmo creare un vero e proprio Ufficio Speciale per i finanziamenti europei ai Paesi terzi, con personale competente e dedicato, che monitori costantemente i bandi, individui quelli adatti a San Marino, prepari i progetti e coordini le candidature.

Assistenza e consulenza

per acquisto in asta

 

Ci sono decine di linee di finanziamento per la cultura, l’ambiente, l’innovazione tecnologica, le politiche giovanili, la digitalizzazione, la sanità, la mobilità sostenibile. Ma noi, troppo spesso, non le vediamo nemmeno passare. È qui che si gioca il futuro di un piccolo Stato intelligente, capace di difendere la sua autonomia e allo stesso tempo di dialogare in modo moderno con l’Europa.

Se solo avessimo il coraggio di cambiare paradigma, potremmo davvero cogliere ottime sorprese, senza dover pagare un prezzo altissimo in termini di sovranità e libertà decisionale. Perché la vera integrazione intelligente non passa dall’assoggettamento, ma dalla capacità di scegliere cosa è utile e vantaggioso, mantenendo salda la nostra indipendenza.

Diciamolo senza ipocrisie: questo accordo, così com’è stato concepito, non è affatto un volano per lo sviluppo. È un guinzaglio.

Un meccanismo che ci lega, che ci costringe a camminare dove vogliono altri, alla velocità decisa da altri, con la testa bassa e la voce strozzata.

Ci raccontano che sarà una grande occasione per San Marino, ma evitano di dirci il prezzo da pagare, le rinunce, i vincoli, le rinominate “armonizzazioni” che in realtà sono imposizioni travestite da progresso. E la cosa più grave è che, a fronte di un cambiamento così profondo, così strutturale, si vorrebbe che il popolo rimanesse in silenzio. Zitto e buono. Come se chiedere di capire, di essere informati, di sapere quali saranno le conseguenze concrete sulla nostra vita quotidiana, sulle nostre imprese, sulle nostre istituzioni, fosse un atto di ribellione, quasi un atto eversivo.

Ma no. È esattamente il contrario. Il popolo sammarinese ha il diritto di sapere prima, non dopo. Ha il diritto di essere coinvolto, rispettato, ascoltato. Non insultato. Non trattato con sufficienza, come se non fosse in grado di comprendere. Non ridicolizzato da chi sostiene che “l’accordo è troppo complicato” per essere oggetto di un referendum, perché tanto “voi non potreste capirlo”.

Parole gravissime, che suonano come uno schiaffo in faccia a ogni cittadino libero e pensante di questa Repubblica.

La tua casa dei sogni ti aspetta

partecipa alle aste immobiliari!

 

E allora no, non si può accettare che il nostro diritto alla trasparenza e alla partecipazione venga calpestato con arroganza. Non si può accettare che pochi decidano per tutti, nel chiuso delle stanze, blindando un trattato che condizionerà la nostra identità, la nostra economia, la nostra giustizia, il nostro modo di vivere. Abbiamo il diritto – tutti noi – di dire la nostra, prima che sia troppo tardi. E non permetteremo che questo diritto ci venga portato via. Ne va della nostra dignità, della nostra sovranità, della nostra libertà.

Marco Severini – direttore GiornaleSM



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link

Carta di credito con fido

Procedura celere

 

Aste immobiliari

 il tuo prossimo grande affare ti aspetta!