Il G7 ha ufficializzato l’intesa che eviterebbe parzialmente alle grandi aziende statunitensi di pagare più tasse all’estero. Una decisione che rischia di compromettere l’accordo OCSE del 2021, stipulato per contrastare l’evasione fiscale delle grandi multinazionali a stelle e strisce.
Global minimum tax: introduzione e obiettivi
Si tratta di un’imposta minima del 15% applicabile, dal 1° gennaio 2024, alle multinazionali con fatturato annuo uguale o superiore a 750 milioni di euro. La sua introduzione è stata decisa dalla comunità internazionale nel 2021, con lo scopo di garantire una parità concorrenziale tra le imprese a livello globale.
Vittoria per Washington, sconfitta per i media locali
La presidenza canadese ha siglato il trionfo di Trump per “salvaguardare la sovranità fiscale di tutti i Paesi”. La decisione del Gruppo dei Sette, non vincolante, passerà nelle mani delle 147 nazioni che, nel 2021, avevano aderito alla tassa minima globale. In caso l’accordo venisse approvato, il presidente statunitense collezionerebbe un’altra vittoria preziosissima, che farebbe risparmiare ai colossi statunitensi 100 miliardi di dollari in tasse all’estero. L’esenzione dalla minimum tax aggraverebbe inoltre la difficile coesistenza tra le Big Tech e i media locali, i quali mai come in questo periodo faticano a tenere il passo.
Giorgetti e la reazione dell’Italia
Il ministro dell’economia e della finanza italiano, Giancarlo Giorgetti, ha definito il compromesso “onorevole”. La decisione del G7, infatti, proteggerebbe le imprese italiane dalle “revenge tax” statunitensi, una serie di contromisure mirate a colpire quei Paesi che penalizzano fiscalmente le aziende americane. Contromisure che ad oggi Washington e il suo segretario al Tesoro, Sott Bessent, promettono di far decadere.
Articolo di A.T.
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