Split payment addio, cosa cambia per le aziende coinvolte


A partire dallo scorso 1° luglio 2025 sono state introdotte alcune novità che riguardano lo split payment. Ad essere coinvolte sono esclusivamente le società quotate nell’indice Ftse Mib, per le quali tornerà l’Iva nelle fatture emesse dai fornitori. Ma non solo: dovranno adeguarsi a una serie di nuovi adempimenti e a delle nuove sanzioni.

Le nuove regole che riguardano lo split payment, sostanzialmente, sono una conseguenza della scadenza dell’autorizzazione europea, che ha determinato il ritorno all’Iva ordinaria per società quotate nel più importante listino della Borsa italiana. Le implicazioni hanno un impatto diretto nei rapporti con i fornitori.

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La normativa sullo split payment in vigore fino al 30 giugno

Ma vediamo nel dettaglio come funziona il meccanismo dello split payment.

Introdotto attraverso l’articolo 17-ter del Dpr n. 633/1972, dal 1° gennaio 2015 è stato uno degli strumenti più importanti per contrastare l’evasione Iva.

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Grazie a questo sistema il cessionario/committente non è obbligato a pagare l’Iva al fornitore. La deve trattenere e, successivamente, versare all’Erario. In questo modo si evita il rischio di un mancato versamento dell’imposta.

Chi ha può aderire allo split payment

Sono diversi i soggetti che in questo momento possono accedere allo strumento dello split payment.

Tra questi rientrano:

  • gli enti pubblici economici nazionali, regionali e locali;
  • le fondazioni che sono partecipate da amministrazioni pubbliche per almeno il 70% del fondo di dotazione;
  • le società che sono controllate dalla Presidenza del Consiglio e dai Ministeri;
  • società che sono controllate direttamente o indirettamente da amministrazioni pubbliche;
  • le società che sono partecipate per almeno il 70% da enti pubblici.

Fino allo scorso 30 giugno 2025 in questo elenco rientravano anche le società quotate nell’indice Ftse Mib.

Lo split payment trova la propria base giuridica nell’autorizzazione concessa dal Consiglio dell’Unione europea, che originariamente era stata concessa attraverso la Decisione COM(2015) 289, prorogata in più occasioni.

Split payment
📌 Cos’è lo split payment L’Iva non incassata dal venditore viene versata direttamente allo Stato dal cliente (PA, società controllate o quotate), fino a oggi
🔄 Regime vigente fino al 30 giugno 2025 Applicato a Pubbliche Amministrazioni
Società controllate da PA
Società quotate FTSE MIB
❌ Novità dal 1° luglio 2025 Le società quotate FTSE MIB sono escluse dal meccanismo
Le fatture emesse da questa data seguono il regime ordinario Iva
🕒 Decorrenza Conta la data di emissione della fattura elettronica
Se il SdI riceve la fattura entro il 30 giugno si applica lo split payment
Dal 1° luglio in poi si applica l’Iva ordinaria anche se la clientela è società quotata
🏷️ Adempimenti tecnici I fornitori non devono più indicare il codice “S” di split payment
Devono emettere fattura con Iva a debito e versarla secondo il regime normale
⚠️ Errori e correzioni Fattura errata sotto split payment va stornata e rifatta
In caso di mancata correzione, il committente deve segnalarlo all’Agenzia delle Entrate entro 90 giorni o rischia sanzioni
📈 Limiti e proroga regolamentare L’Italia può mantenere lo split payment fino al 30 giugno 2026, ma con un perimetro ridotto (esclusione quotate)

Cosa è cambiato a partire dal 1° luglio 2025

A partire dal 1° luglio 2025 è decaduta l’autorizzazione europea per le società quotate.

Questo ha determinato una modifica sostanziale nel trattamento delle operazioni Iva. In altre parole tutte le cessioni di beni e servizi che vengono effettuati nei confronti delle società che sono incluse nell’indice Ftse Mib devono essere fatturate in regime Iva ordinario.

Molto pragmaticamente, questo significa che i fornitori sono obbligati a liquidare e versare l’Iva connessa a queste operazioni. Le società coinvolte, a questo punto, hanno la possibilità di detrarre l’imposta senza dover procedere con gli obblighi connessi alla doppia registrazione che sono stati previsti direttamente dal regime scissorio.

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L’introduzione delle nuove regole non prevede un intervento normativo a livello nazionale: l’articolo 17-ter, comma 1-ter del Decreto Iva ha espressamente previsto che le disposizioni sullo split payment possano essere applicate fino a quando la deroga prevista dall’Unione europea non giungesse al suo termine.

L’impatto sulla gestione delle aziende

È bene sottolineare che questo cambiamento coinvolge esclusivamente le società che sono quotate all’indice Ftse Mib. Nulla cambia per gli altri soggetti che utilizzano lo split payment, salvo successive disposizioni che arriveranno direttamente dall’Ue.

La novità avrà un impatto immediato anche sulla gestione amministrativa e finanziaria che coinvolge i fornitori.

Se fino al 30 giugno 2025 l’Iva veniva versata all’Erario direttamente dal committente, adesso dovrà essere anticipata dal fornitore.

In un secondo momento dovrà essere recuperata attraverso le varie liquidazioni periodiche. Il cambiamento determina un maggiore impegno di cassa da parte dei soggetti coinvolti, che dovranno riorganizzare i vari flussi finanziari aziendali.

Il rischio di errori di fatturazione

Le novità sullo split payment comportano non poche insidie per quel che riguarda la corretta fatturazione.

Spetterà ai fornitori verificare quale regime Iva debba essere applicato nel momento in cui l’operazione viene effettuata. Ricordiamo che la regola generale prevede che faccia testo la data nella quale viene effettuata l’operazione, non quella nella quale viene emessa la fattura.

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Proviamo a chiarire il concetto con un esempio pratico. Una società ha sottoscritto un contratto di servizi, il quale prevede che la fattura venga emesso entro il giorno 5 del mese successivo a quello in cui viene effettuata la prestazione.

Questo significa che per i servizi prestati a giugno, la fattura deve essere emessa il 5 luglio 2025.

Quando si viene a verificare la situazione appena descritta non deve essere applicato il regime scissorio, perché l’operazione è entrata nel regime ordinario proprio all’inizio di luglio.

Questo significa che eventuali automatismi informatici di fatturazione richiedono un aggiornamento immediato: in questo modo si evita l’emissione di una fattura errata.

Come gestire le operazioni in reverse charge

Alcune operazioni continuano a rimanere fuori dal regime scissorio ancora oggi. Per le fatture soggette al reverse charge si devono continuare ad applicare le normali regole previste dall’ex articolo 17, comma 6, del Dpr n. 633/1972.

Confermate le regole per i seguenti documenti:

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  • le fatture dei professionisti che sono soggette a ritenuta alla fonte;
  • le operazioni che devono essere effettuate in regime monofase regimi speciali previsti per le agenzie di viaggio e per le attività di intrattenimento.

A ogni modo è importante ricordare che nel momento in cui una società quotata dovesse ricevere una fattura emessa con il regime split payment non può più sostituirsi al fornitore per il pagamento dell’Iva.

È necessario chiedere al fornitore l’emissione di una nota di variazione in accredito ai sensi dell’ex articolo 26 del Dpr n. 633/1972. La società non ha più titolo per operare la detrazione Iva.

Chi rischia la sanzione per il regime scissorio

Nel caso in cui il regime split payment dovesse essere applicato dopo il 1° luglio 2025 espone i soggetti coinvolti a delle potenziali sanzioni. L’Iva e il relativo sistema sanzionatorio non prevedono delle interpretazioni benevole nel momento in cui vengono applicati dei regimi speciali.

Emettere delle fatture con il sistema scissorio verso delle società quotate nell’indice Ftse Mib dopo il 30 giugno 2025, è, a tutti gli effetti, una violazione degli obblighi di fatturazione, che può comportare l’applicazione delle sanzioni che sono previste dall’articolo 6 del Dlgs n. 471/1997.

Monetariamente parlando, la sanzione risulta essere pari al 70% dell’imposta, che può essere ridotta nel caso in cui si effettua un versamento spontaneo con il ravvedimento operoso.





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