Non sarebbe meglio addestrare gli italiani percettori di sussidi, prima di chiamare gli stranieri?
Non è chiaro il motivo per cui il governo abbia deciso di chiamare 500.000 immigrati, mezzo milione, dai soliti paesi Pakistan, Bangladesh e paesi africani, per svolgere mansioni meramente esecutive, quando abbiamo in Italia 1,8 milioni di persone coinvolte nel reddito di inclusione (ex reddito di cittadinanza) e di cui almeno 700.000 sono abili al lavoro.
Perché non si coinvolgono questi soggetti percettori di sussidi (attualmente il reddito di inclusione ci costa circa 7 miliardi)?
Perché non si addestrano coloro che sono già su suolo italiano, sono italiani, parlano italiano, probabilmente hanno un alloggio e, quindi, è più semplice formarli rispetto a soggetti provenienti da paesi lontani, che non parlano italiano, di cui non si conosce davvero il curriculum e che non dispongono neppure di un alloggio?
Molti risponderanno che per formare i lavoratori ci vuole tempo e che le politiche attive del lavoro non funzionano.
Ma queste osservazioni valgono a maggior ragione per chi arriva da fuori e non conosce neppure la nostra lingua!
Allora si migliorino i processi si crei la banca dati dei percettori sussidi abili al lavoro da cui le imprese possano attingere e chiamare lavoratori da assumere e formare in cambio di sgravi contributivi/fiscali, invece di prendere lavoratori da fuori e continuare a mantenere nell’inattività con sussidi, lavoratori italiani che invece potrebbero essere meglio impiegati!
Ovviamente, gli italiani che si mostrassero non disponibili ad accettare le proposte di lavoro sarebbero liberi di farlo, ma a quel punto dovrebbero anche rinunciare al sussidio.
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