Energia troppo cara, le Pmi lanciano l’Sos


CREMONA – Strangolati dai costi energetici, che sono sì calmati rispetto ai prezzi insostenibili del 2022, ma restano comunque elevati, soprattutto se si pensa alla concorrenza europea, e sono un terzo più alti rispetto a quelli delle grandi imprese. Le aziende più piccole, e il mondo artigiano cremonese stanno pagando un prezzo salatissimo.

L’ultima indagine della Cgia di Mestre parla di «un differenziale spaventoso che penalizza enormemente le prime. Se per le bollette dell’energia elettrica gli artigiani, gli esercenti, i negozianti e i piccoli imprenditori pagano il 55 per cento in più delle grandi industrie manifatturiere e/o commerciali, per quelle del gas addirittura il doppio. Marco Bressanelli, presidente della Libera artigiani di Crema, conferma le difficoltà degli ultimi anni. «In un passato non troppo lontano, le piccole aziende hanno cercato di creare gruppi di acquisto o provare a stipulare convenzioni, quando però la situazione è peggiorata sensibilmente, a causa dei conflitti in corso, anche le compagnie di service dell’energia hanno un po’ tirato i remi in barca. Libera potrebbe mettere sul piatto un dato aggregato di 4.500 addetti e fatturati di 700 milioni di euro. Serve però un intervento del Governo che legiferi pensando che il 90% delle aziende in Italia sono piccole e dunque le tuteli. Al momento l’appeal delle piccole aziende in una fase contrattuale con i vari distributori non è sostanziale».

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I colleghi delle altre organizzazioni di categoria concordano con Bresannelli.

«L’appeal delle piccole imprese in fase contrattuale non è sostanziale – evidenzia Marcello Parma, presidente di Cna –: come associazione abbiamo proposto al ministro di favorire gli artigiani che intendano di posizionare i pannelli solari sopra i propri capannoni, ma serve una spinta governativa su bandi e fondi a hoc. Bisogna lavorare sulla forbice del costo tra produzione e reale fornitura alle imprese».

Massimo Rivoltini, presidente onorario di Confartigianato, ricorda anche l’impatto della tassazione: «Il problema grosso è anche legato alla tassazione sull’energia che in Italia sappiamo bene essere molto elevata. Inoltre, gli adeguamenti al ribasso hanno andamenti inversamente proporzionali a quelli al rialzo. Insomma, quando c’è un impennata dei costi, dovuta, ad esempio, a crisi come quella di pochi giorni fa collegata all’attacco missilistico sull’Iran, non si verifica mai un corrispondente rientro dei prezzi quando l’emergenza si esaurisce». Una speculazione che vede soprattutto i più piccoli subire le conseguenze più serie. «Una via di fuga sarebbe un taglio delle tasse sull’energia, e un intervento dello Stato a sostegno degli artigiani», conclude Rivoltini.

Anche in Api Cremona, l’associazione della piccola industria, guidata dalla presidente Sonia Cantarelli, il problema degli altissimi costi energetici viene seguito con attenzione, auspicando soluzioni che diano una mano agli imprenditori. In base ai dati contenuti nell’analisi della Cgia, si evince che con i prezzi di luce e gas che da tre anni a questa parte hanno subito degli aumenti importanti, perdura la penalizzazione nei confronti delle realtà produttive più piccole. «Quelle con meno di 20 addetti, ad esempio, costituiscono il 98% delle imprese presenti nel Paese. Sono tante, ma anche in termini occupazionali giocano un ruolo da protagoniste; al netto dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche, infatti, danno lavoro al 60% circa degli addetti presenti in Italia».

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L’analisi prende il via dal divario sul prezzo del gas. «Nel 2024 le piccole aziende hanno pagato il gas mediamente 99,5 euro a Megawatt-ora (MWh) e le grandi 47,9 euro. Rispetto al 20221, quando il differenziale era del 33%, negli anni a venire la forbice è tornata ad allargarsi, sebbene i prezzi della materia prima siano scesi. Resta inteso che anche negli anni che hanno preceduto l’inizio delle ostilità tra la Russia e l’Ucraina, il disallineamento era molto rilevante, ancorché il prezzo di mercato della materia prima fosse molto più basso di adesso. Rispetto ai nostri principali concorrenti commerciali, solo la Francia presenta un costo del gas, pari a 103,9 euro al MWh, superiore al nostro. Germania (95 euro) e soprattutto la Spagna (48,5 euro) beneficiano di costi inferiori. Per le nostre grandi imprese, invece, il confronto è meno impietoso; solo in Germania il costo del gas è superiore al nostro».

Non vanno meglio le cose per le forniture di elettricità. «In Italia a gonfiare i prezzi delle bollette della corrente delle imprese sono, in particolare, i costi di rete (trasporto e gestione del contatore), le tasse e gli oneri di sistema che nelle piccole aziende hanno una incidenza pari mediamente al 40% del costo totale. Una quota che nelle grandi imprese scende al 17%. Certo, ci sono anche delle ragioni oggettive che ‘giustificano’ questo gap di costo. Le industrie, ad esempio, comprano l’energia in grandi volumi, spesso si avvalgono di broker che sono in grado di negoziare tariffe più basse con i fornitori. Tendenzialmente, le piccole imprese, invece, acquistano poca energia e non hanno molto margine di trattativa. Inoltre, le componenti fisse (come il trasporto, gli oneri di sistema, le accise, eccetera), pesano di più sul consumo delle piccole imprese, che, a differenza delle grandi, usano meno energia ma pagano comunque quote fisse elevate».





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