Come orientarsi tra i dazi USA 2025. Banca CREDEM pubblica una Guida Pratica per le imprese italiane « LMF Lamiafinanza


L’impatto potenziale sulle esportazioni italiane, pari a 66,9 miliardi € nel 2024, è rilevante: le stime ICE indicano un effetto depressivo medio del 7-9 % sul fatturato export nel biennio 2025-2026, con picchi superiori al 15 % nei comparti a bassa elasticità prezzo (vino, prodotti moda premium, ceramica). Il dazio erode i margini unitari, aumenta il working capital impegnato a magazzino e rischia di ridurre la quota di mercato del Made in Italy a favore di fornitori messicani, canadesi e coreani, attualmente esentati o soggetti a tariffe inferiori.

Diverse scelte strategiche

1.Permanere sul mercato USA internalizzando il costo del dazio: opzione sostenibile solo per prodotti ad alto valore percepito o con elasticità-prezzo bassa.
2.Come alternativa al punto 1, nei casi in cui la rete distributiva USA assorba un margine importante, può essere utile negoziare con i partner locali per condividere il costo del dazio e quindi permettere al consumatore finale di godere comunque del prodotto italiano.
3.Mitigare l’impatto via ristrutturazione della supply-chain: trasferendo fasi di lavorazione o assemblaggio in Foreign-Trade Zones statunitensi o in Paesi NAFTA/USMCA per beneficiare di regimi duty-free e regole di origine preferenziale.
4.Costituzione societaria sul mercato statunitense: per presidiare direttamente il mercato, migliorare la competitività attraverso una local presence e ridurre l’esposizione ai dazi grazie a una produzione o un assemblaggio locale.
5.Diversificare il rischio geografico: orientando parte dell’export verso mercati emergenti a forte domanda (EAU, Arabia Saudita, ASEAN, India) in cui l’Italia gode di brand premium ed è tutelata da accordi di partenariato economico o da bassi livelli tariffari. E’ importante, tuttavia, tenere bene a
mente che non è del tutto corretto pensare di sostituire completamente il mercato americano con altri mercati di sbocco.

Microcredito

per le aziende

 

Azioni mirate di breve e medio periodo

Volti a sostenere la redditività aziendale e preservare la competitività, modulando le strategie in funzione della capacità di investimento, della struttura organizzativa e delle dimensioni dell’impresa, alcuni interventi permettono di affrontare con maggiore flessibilità le sfide del mercato statunitense, contenendo i rischi immediati senza rinunciare a una visione evolutiva e progressiva dell’internazionalizzazione:
Valutazione di joint-venture produttive o accordi di contract manufacturing, sfruttando gli incentivi federali (IRA, CHIPS) e statali;
Attivazione di coperture assicurativo-finanziarie (SACE, hedging valutario) e piani di pricing dinamico per proteggere i margini;
Implementazione di un monitoraggio regolatorio continuo tramite risorse locali (Temporary Export Manager, in-market buyer) per adattarsi tempestivamente alle modifiche tariffarie future.

Qui il testo completo

In sintesi, sebbene l’inasprimento dei dazi costituisca un ostacolo rilevante, le imprese italiane dispongono oggi di strumenti organizzativi, finanziari e commerciali sufficientemente robusti per affrontare la nuova congiuntura. Con un approccio strategico, consapevole e proattivo, è possibile
trasformare la pressione normativa in un’opportunità di riposizionamento competitivo, rafforzando la presenza nel mercato statunitense e costruendo basi solide per una crescita sostenibile nel lungo periodo.

Finanziamenti e agevolazioni

Agricoltura

 

La Tariff Schedule

Il nuovo impianto tariffario, basato sul principio «universale e reciproco», coinvolge in modo trasversale la quasi totalità delle sezioni del Tariff Schedule, generando tuttavia effetti differenziati a seconda dei settori.
Il comparto automotive, con riferimento ai codici doganali HS 8703 e 8708, è tra i più penalizzati. Le importazioni europee di veicoli e componenti sono soggette a un dazio effettivo del 20%, mentre quelle provenienti dalla Cina subiscono tariffe fino al 34%.
Per i produttori italiani di fascia premium, ciò si traduce in un aggravio medio di costo compreso tra i 4.000 e i 6.000 dollari per unità.
Il settore dei macchinari e delle apparecchiature industriali (HS 84) registra penalità significative: 20% per le esportazioni europee, e tra il 24% e il 34% per quelle provenienti da Corea, Giappone e Cina.
Si teme una progressiva perdita di competitività nell’ambito delle forniture B2B, in particolare nei segmenti ad alta tecnologia.
Il comparto moda e tessile di alta gamma (HS 61-63) risente anch’esso del nuovo assetto, sebbene la bassa elasticità al prezzo dei beni di lusso ne mitighi parzialmente l’impatto. Tuttavia, l’aumento diretto delle tariffe incide sensibilmente sui margini nella fase retail. Alcuni operatori stanno valutando strategie di “tariff engineering”, come la delocalizzazione delle fasi cut-make-trim in Messico, per ridurre l’esposizione doganale.
Il settore agroalimentare premium (HS 20-22) affronta un doppio livello di pressione: da un lato, un dazio medio del 20% applicato ai prodotti europei; dall’altro, controlli ispettivi più severi da parte della FDA.
Prodotti simbolo del Made in Italy come vino, olio e formaggi, che da soli rappresentano il 12% del valore dell’export italiano colpito, risultano particolarmente vulnerabili.
A livello operativo, l’USTR ha reso disponibili liste dettagliate per ciascun Paese, con aliquote addizionali che variano dall’11% fino al 50%.
È inoltre consultabile una heat-map interattiva attraverso il portale Tariff Tracker 2.0, Passport, utile per monitorare in tempo reale l’evoluzione dei
dazi per settore e provenienza geografica.



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