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il governo senza strategia dirotta i soldi per il clima


Il Fondo sociale europeo contro la povertà energetica usato per alleviare i dazi Usa. Scelta sbagliata e il budget non c’è ancora. Il nodo dei proventi delle aste per le emissioni di CO2

Improvvisamente il governo Meloni si è accorto delle ingenti risorse che l’Unione europea mette a disposizione per le politiche climatiche, di innovazione e di contrasto alla povertà energetica. Nel decreto Bollette, approvato la scorsa settimana dal parlamento, è previsto che 600 milioni di euro destinati ad alleviare le maggiori spese degli scorsi mesi dovuti al costo del gas siano presi dalle risorse generate dalle aste delle emissioni di CO2.

Inoltre, è stato annunciato che il provvedimento che dovrebbe attenuare l’impatto dei dazi di Trump sulle imprese italiane sarà finanziato attingendo dal nuovo Fondo sociale per il clima. Apparentemente è una buona notizia, qualcuno potrebbe dire che è un cambio di passo e di attenzione, in realtà queste decisioni meritano attenzione proprio perché vanno al cuore dei limiti e delle contraddizioni della politica economica del governo.

L’Unione europea ha infatti costruito in questi anni un articolato quadro di politiche per accompagnare la transizione energetica fatto di regole e incentivi con l’obiettivo di offrire ai 27 paesi membri strumenti per promuovere da un lato investimenti strutturali in innovazione industriale e riduzione dei consumi di fonti fossili e dall’altro per ridurre gli impatti sociali. Purtroppo, di una strategia per utilizzare in modo intelligente queste risorse in Italia continua a mancare traccia, ma la novità è che ora si guarda in questa direzione per risolvere problemi contingenti e buchi di cassa.

Eppure questa vicenda dimostra che oggi non esiste un problema di risorse per gli investimenti capaci di muovere una transizione energetica ambiziosa e giusta, che aiuti famiglie, imprese, territori a trovare le soluzioni più efficaci.

Perché l’Europa le ha messe a disposizione e saranno crescenti nei prossimi anni, ma sta a noi decidere di utilizzarle per investimenti di cui il nostro paese ha urgente bisogno. Come stanno facendo, ad esempio, la Spagna e il Portogallo dove i prezzi dell’energia elettrica sono scesi negli ultimi anni grazie al ruolo sempre più importante delle rinnovabili nel mix elettrico e ad attente politiche territoriali e sociali.

Fondi dirottati

Partiamo dai dazi. La presidente del Consiglio ha annunciato che le risorse per dare supporto alle imprese più esposte alla guerra commerciale scatenata da Trump verranno, anche, dal nuovo Fondo sociale clima. Una scelta curiosa, perché le risorse non sono ancora disponibili, ma soprattutto sbagliata oltre che vietata. Perché la Commissione Ue prevede precisi criteri per fare in modo che i fondi vadano alle famiglie e alle piccole attività nei quartieri più difficili.

L’obiettivo è infatti di ridurre in modo strutturale la spesa per energia e mobilità, realizzando interventi che oggi sono convenienti, come quelli di efficienza energetica, installazione di pannelli solari, acquisto di mezzi elettrici, ma spesso inaccessibili proprio a chi ne avrebbe più bisogno.

Oltretutto, entro il 30 giugno il nostro paese deve mandare a Bruxelles il piano con cui si spiega come si vogliono impegnare queste risorse, che non sono poche. Si tratta di circa un miliardo di euro all’anno fino al 2032, che in Italia per interventi di questo tipo con attenzioni sociali non si sono mai visti. E che rischiano di non vedersi mai se verranno distratti per altri utilizzi da quelli previsti da Bruxelles.

Il punto politico è che il governo non ha spiegato quali obiettivi vuole portare avanti, l’unica cosa che a questo punto sappiamo è che le risorse si vorrebbero utilizzare per altri scopi. Sarebbe invece importante discuterne, per capire quali sono più efficaci e in che modo si possono costruire collaborazioni virtuose con i Comuni per aiutare interventi che non è stato possibile realizzare o finanziare con il Pnrr.

La reazione di Confindustria

E ora occupiamoci del famigerato sistema Ets. La scorsa settimana si è chiuso l’iter parlamentare del decreto che il governo ha presentato per ridurre le bollette dopo i rialzi legati agli aumenti del costo del gas. Il provvedimento prevede che 600 milioni di Euro provengano dall’Emission Trading Scheme, ossia dal meccanismo, in vigore da diversi anni, che ha introdotto un prezzo per la CO2 e il costo pagato dalle imprese per emettere va a costituire la base di finanziamento delle politiche di riduzione dei consumi di combustibili fossili.

Qui è interessante analizzare la reazione di Confindustria, che ha espresso durissime critiche nei confronti di un provvedimento giudicato del tutto inadeguato e di cui ha apprezzato unicamente proprio la parte che riguarda l’Ets. Il problema è che l’associazione di rappresentanza delle imprese manifatturiere dovrebbe tutelarne davvero gli interessi. Quello che in Italia non funziona dell’applicazione di quel sistema è che le risorse generate per gli investimenti non sono mai arrivate alle imprese. Come raccontato benissimo in uno studio presentato a marzo da Ecco, le aste hanno generato proventi per 15,6 miliardi di euro, ma l’Italia ha speso solo il 9 per cento di questi soldi per interventi legati alla lotta ai cambiamenti climatici.

Nei prossimi anni queste risorse aumenteranno ancora, visto che il meccanismo si allargherà a trasporti e riscaldamento delle abitazioni, e bisognerebbe chiedere al governo che vengano destinate per gli investimenti in innovazione, sviluppo green e riduzione della povertà energetica a cui in teoria sarebbero destinati. Ad esempio, si potrebbe finanziare finalmente il fondo nazionale trasporti, per riuscire a far circolare più autobus, tram e treni metropolitani nelle città italiane.

In Italia il 9 per cento delle famiglie non riesce a pagare le bollette ed è costretta a rinunciare al riscaldamento dell’abitazione e spesso anche all’utilizzo degli elettrodomestici primari. E il numero è in crescita, come quello della mortalità degli anziani che vivono soli senza aria condizionata come conseguenza delle ondate di calore estive.

Se questa situazione nei prossimi anni andrà peggiorando dipende solo da noi, perché le risorse per affrontarla, investendo proprio nella transizione energetica, il nostro Paese le possiede, grazie all’Europa.

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