Transizione energetica e lavoro, quali figure mancano?


A fronte della prevista accelerazione sulla strada della transizione energetica, tra obiettivi europei e fondi del PNRR, un ostacolo rischia di frenare la corsa: la mancanza di personale qualificato. Il paradosso è evidente: secondo le stime di Confindustria Energia, il settore potrebbe generare oltre 250.000 nuovi posti di lavoro entro il 2030, ma le aziende faticano a trovare i profili adatti a riempirli. Non si tratta di una carenza generica, ma di una fame di competenze tecniche altamente specializzate, quelle necessarie per installare, gestire e manutenere gli impianti del futuro.

L’allarme emerge da una recente analisi di Gi Group, che mette in luce come la carenza di professionisti possa diventare un vero e proprio collo di bottiglia per lo sviluppo sostenibile del Paese. Il problema non è solo quantitativo, ma qualitativo. I dati del Sistema Informativo Excelsior di Unioncamere confermano che oltre il 63% delle assunzioni programmate oggi richiede competenze green, spesso legate a un alto contenuto tecnologico.

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Le figure più ricercate

Le imprese cercano, con grossi sforzi, figure come manutentori elettrici, meccanici ed elettromeccanici, operatori di sala controllo, palisti di impianto e tecnici termoidraulici. Ruoli operativi e strategici che rappresentano la spina dorsale della filiera energetica, dalla generazione alla distribuzione. A complicare il quadro, secondo l’analisi di Gi Group, concorrono diversi fattori: una forte competizione internazionale che attira i talenti migliori all’estero, uno scollamento tra le competenze offerte dal sistema formativo e quelle richieste dal mercato (skill mismatch) e, infine, una scarsa conoscenza delle opportunità di carriera nel settore da parte dei giovani.

In questo scenario, gli Istituti Tecnologici Superiori (ITS Academy) emergono una risposta concreta e strategica. Questi percorsi biennali post-diploma sono progettati per formare i “super-tecnici” di cui il mercato ha bisogno, ma restano ancora poco conosciuti e valorizzati, sottolinea Gi Group. Una delle figure professionali nazionali di riferimento create dalla riforma del sistema ITS è proprio il Tecnico superiore per l’energia sostenibile.

Questo professionista, con un titolo di studio di livello 5 nel quadro europeo delle qualifiche (Eqf), opera direttamente nel cuore della produzione di energia. Le sue mansioni, come definite dalla normativa, includono la gestione delle fasi di generazione, dall’approvvigionamento delle materie prime – sia tradizionali che rinnovabili – fino alla distribuzione in rete. Collabora alla costruzione di nuovi impianti, analizza dati energetici e ambientali (attività di metering) e monitora l’efficienza attraverso indicatori di performance (KPI), proponendo interventi di miglioramento in ottica di sostenibilità. Le corrispondenze con i codici professionali Istat (CP2021) parlano chiaro: si tratta di profili come i Tecnici del risparmio energetico e delle energie rinnovabili (3.1.3.6.0), i Tecnici della produzione di energia termica ed elettrica (3.1.4.2.1) e i Tecnici dell’esercizio di reti di distribuzione di energia elettrica (3.1.4.2.3), tutti ruoli centrali per la transizione.

La formazione offerta dagli ITS è dunque cruciale, ma non basta. Come sottolinea l’analisi, serve un investimento più ampio in orientamento, upskilling e reskilling continuo del personale già impiegato. “Oggi parlare di transizione energetica senza affrontare il tema del lavoro significa ignorare uno dei pilastri fondamentali del cambiamento”, afferma Paola Denegri, division manager energy di Gi Group. “Le imprese del settore stanno evolvendo rapidamente, spinte da innovazione tecnologica, apertura a nuovi mercati – come l’eolico offshore, il nucleare, l’idrogeno – e da una crescente competizione internazionale. In questo scenario, lo sviluppo di competenze tecniche specialistiche rappresenta una condizione imprescindibile per sostenere la trasformazione in atto”.

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La sfida, quindi, si gioca tanto sulla tecnologia quanto sulle persone. Senza un adeguato investimento nella formazione tecnica superiore, e in particolare nel sistema degli ITS, il rischio è che i grandi obiettivi energetici del Paese rimangano sulla carta, per la semplice e critica assenza delle mani e delle menti in grado di realizzarli.



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