Tortorelli (Uil): “Inaccettabile che siano gli algoritmi a decidere risorse e priorità. Ogni vita conta, la sicurezza è un dovere etico collettivo”
Il dossier del Senato della Repubblica sulle morti sul lavoro (luglio 2025) mette in evidenza un paradosso che riguarda da vicino Puglia e Basilicata.
Tra il 2017 e il 2023 in Italia si sono registrati 9.263 decessi legati all’attività lavorativa, con un tasso medio nazionale che colloca il nostro Paese all’ottavo posto in Europa per mortalità. Le due regioni del Mezzogiorno non sfuggono a questa emergenza, ma la distribuzione delle risorse per la prevenzione non sembra premiare i territori più esposti.
Secondo le analisi basate su algoritmi di machine learning, la Basilicata presenta un indicatore di rischio di 1,9 decessi ogni 100.000 abitanti, la Puglia di 1,48. Entrambe le regioni hanno però visto ridursi l’allocazione finale dei fondi INAIL rispetto alla dotazione iniziale: in Basilicata le imprese hanno ricevuto 9,8 euro per abitante contro i 10,6 previsti; in Puglia si è scesi da 4,2 a 2,9 euro per abitante.
Una situazione che suscita la forte reazione del segretario regionale della Uil Basilicata, Vincenzo Tortorelli:
“Non possono essere gli algoritmi a stabilire il rischio di incidenti sul lavoro e tanto meno a determinare le risorse da stanziare da parte dell’Inail alle singole regioni per la sempre più necessaria attività di prevenzione. Leggiamo da uno studio pubblicato oggi da Il Sole 24 Ore che per la Basilicata la ripartizione dei fondi per la prevenzione è diminuita da 10,6 euro a 9,8 euro per abitante. È inaccettabile, come sono inaccettabili gli indicatori statistici introdotti che determinano il cosiddetto indicatore di rischio previsto”.
Il sindacato ricorda inoltre che in Basilicata dall’inizio dell’anno si contano già 8 morti sul lavoro, un dato che colloca la regione in “zona rossa”.
“Questa situazione – prosegue Tortorelli – richiede risorse finanziarie, strumenti, progetti rafforzati. Ogni infortunio mortale è una tragedia evitabile, una vita sacrificata in nome del profitto o della produttività. Dietro ogni numero c’è una persona, sempre. È tempo di agire. La prevenzione è un dovere etico collettivo. Ogni vita conta”.
Il leader della Uil sottolinea che lo slogan “Zero morti sul lavoro” non può restare tale, ma deve diventare obiettivo concreto. Servono più investimenti in sicurezza, una cultura della prevenzione radicata in ogni luogo di lavoro e misure di sostegno alle famiglie delle vittime, spesso lasciate ad affrontare un dramma economico oltre che umano.
“Non saranno gli algoritmi a fermarci – conclude – ma la volontà politica e sociale di mettere la vita prima del profitto”.
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