«In balìa della situazione internazionale». Se si sondano un po’ gli umori dei distretti produttivi italiani, le risposte sono molto simili da Nord a Sud. Agosto è un mese di attesa per capire una volta per tutte che dazi saranno applicati alle merci in partenza dall’Europa verso gli Stati Uniti. Dai farmaci al vino, dal tessile all’arredamento, gli imprenditori attendono settembre per avere risposte certe sulle aliquote applicate ai prodotti e le eventuali esenzioni.
«Le nostre merci continuano a partire verso gli Stati Uniti, ma non so mai alla fine quale dazio sarà applicato sui nostri prodotti», aveva raccontato a fine luglio Francesco Mutti, amministratore delegato dell’azienda di conserve. A quasi un mese dall’incontro in Scozia tra Donald Trump e Ursula von der Leyen, la situazione non è cambiata. L’accordo definitivo ancora non c’è, non esiste alcuna dichiarazione congiunta che chiarisca i dettagli del nuovo regime dei dazi al 15 percento, né si sa quando sarà pronta.
Da una sponda all’altra dell’Atlantico, le versioni sul deal annunciato il 27 luglio non sono ancora concordi. I negoziati vanno avanti con grande prudenza, soprattutto dopo che i leader europei hanno fatto visita alla Casa Bianca accanto a Volodymyr Zelensky per discutere del destino dell’Ucraina. Ma se Bruxelles si muove con passo felpato, a Washington Trump non fa lo stesso.
Lunedì 18 agosto il Dipartimento del commercio americano ha pubblicato un elenco di 407 prodotti di uso quotidiano – dai condizionatori alle stoviglie – contenenti acciaio o alluminio e che quindi saranno soggetti ai dazi al 50 per cento. Lo stesso giorno, la Commissione europea ha fatto sapere di aver rispedito alla Casa Bianca una bozza modificata della dichiarazione congiunta, nel tentativo di far sì che il dazio del 15 per cento sulle merci europee si applicherà anche ai prodotti che gli Stati Uniti devono ancora tassare, senza aggiungere aliquote maggiori. In primis sui farmaci, che sono la prima voce dell’export europeo verso Washington e la seconda per l’Italia. Ma anche sui semiconduttori.
Bruxelles sta puntando anche ad allargare l’elenco dei prodotti esentati. Tra le merci a tariffa zero, l’Ue vorrebbe includere anche vini e liquori. Ma già si sa che i negoziatori europei non sarebbero riusciti ancora a convincere la controparte americana. Nonostante i dazi del 15 per cento sarebbero ben lontani dalle tariffe del 200 per cento minacciate da Trump agli esportatori europei di alcolici, rappresenterebbero comunque una rottura rispetto a quasi trent’anni in cui il settore non ha mai subito alcun dazio. Inoltre, arriverebbero dopo settimane in cui le associazioni di categoria avevano invece dichiarato di essere ottimiste sulla possibilità di ottenere una qualche forma di esenzione per vino e liquori.
Ma con Trump l’incertezza regna sovrana. «Gli Stati Uniti hanno preso impegni molto chiari; non sappiamo quando entreranno in vigore, ma sappiamo che lo faranno», ha dichiarato Olof Gill, portavoce della Commissione europea responsabile per il commercio. Per quanto riguarda Bruxelles, resta solo da finalizzare l’elenco delle esenzioni dai dazi del 15 per cento. L’Europa attende pazientemente le mosse americane.
Il documento finale, in ogni caso, non avrà valore legale. Eppure servirà a risolvere gli enigmi che oggi affliggono alcuni settori chiave dell’industria europea. Resta da risolvere anzitutto il rebus delle auto. Trump si era impegnato a ridurre dall’attuale 25 al 15 per cento il dazio su automobili e componenti. Ma servirebbe un ordine esecutivo del presidente degli Stati Uniti, che ancora non si è visto. E poi c’è la questione del 50 per cento su acciaio e alluminio. Si era parlato di un sistema a quote, ma il dazio ora è stato esteso anche alle merci che contengono questi metalli, moltiplicando la confusione per aziende e clienti.
Non è ancora chiaro se le nuove tariffe verranno applicate anche ai prodotti che erano già in viaggio verso gli Stati Uniti prima dell’entrata in vigore delle nuove regole. Ma, in ogni caso, applicarle sarà un rompicapo, perché prima in teoria bisognerebbe stabilire quanto acciaio o alluminio è contenuto in ogni prodotto. Gli importatori e le imprese di logistica avvertono che il sistema di applicazione dei dazi sta diventando così complesso da essere ingestibile anche per i per i doganieri. Mentre l’indice di Trade Policy Uncertainty (Tpu), che misura il livello di incertezza percepito nelle politiche commerciali, continua a crescere costantemente, raggiungendo i livelli più elevati dalla sua rilevazione avviata nel 1960.
In campagna elettorale, Donald Trump aveva promesso di utilizzare i dazi per rilanciare l’industria americana, riportare i posti di lavoro in patria e contribuire a rendere di nuovo grande l’America. Ma a più di sei mesi dall’inizio della sua amministrazione, secondo gli esperti la guerra commerciale viene sempre più usata come un’arma politica, al posto delle forme più tradizionali di diplomazia. Senza sapere di preciso quali saranno gli effetti economici. Il segretario al Tesoro americano Scott Bessent ha detto che quest’anno gli incassi dai dazi supereranno «in modo significativo» i 300 miliardi di dollari stimati in precedenza, senza però fornire una cifra precisa.
Nel frattempo, Trump pensa ad «attrezzare» la Federal Reserve per sostenere l’economia americana alla prova dei dazi e della probabile inflazione che genereranno. Dopo aver rinunciato all’ipotesi di licenziare l’attuale presidente Jerome Powell, il presidente americano comincerà a breve la selezione dei candidati alla sua successione. Bessent ha parlato di undici candidati «davvero forti» che incontrerà subito dopo il Labor Day dell’1 settembre. Avendo già affrontato invasione dell’Ucraina e caro energia, ovvero gli shock sul lato dell’offerta, Powell sarebbe il candidato ottimale per affrontare l’ulteriore shock sul lato dell’offerta dei dazi. Ma i rapporti con Trump sono ormai irrecuperabili.
Sull’altra sponda, intanto, la Banca centrale europea, dopo la pausa di luglio, si prepara a regolare le prossime mosse sui tassi in base all’accordo definitivo che verrà fuori tra Bruxelles e Washington. La presidente della Bce Christine Lagarde ha già detto che la crescita europea «dovrebbe rallentare nel terzo trimestre con l’esaurirsi del frontloading», ovvero della corsa agli acquisti per battere sul tempo l’aumento dei dazi. I settori con una maggiore esposizione all’export verso gli Stati Uniti, come quello farmaceutico, hanno registrato una forte crescita della produzione nell’ultimo periodo. A luglio il porto di Los Angeles ha registrato i volumi più alti di sempre. Ma con l’entrata in vigore dei dazi, questo effetto ora si sta ora invertendo. Le scorte sono state fatte, ora si resta in attesa dell’ennesimo colpo di scena di Trump.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link