Nel quadro delle imprese italiane, negli ultimi 10 anni, il numero degli artigiani è sceso in modo significativo: quasi 400 mila unità, pari al 22%. Se nel 2014 se ne contavano 1,77 milioni, nel 2024 la platea è scesa a 1,37 milioni. Lo ha reso noto l’Ufficio studi della Cgia, che ha elaborato i dati dell’Inps e di Infocamere/Movimprese.
“Possiamo affermare con grande preoccupazione che in due lustri quasi un artigiano su quattro ha gettato la spugna”, ha scritto nel suo rapporto l’associazione. Anche nell’ultimo anno la contrazione è stata importante: tra il 2023 e il 2024 il numero è sceso di 72 mila unità, un numero che equivale al 5%.
L’assenza di tante figure professionali di natura tecnica sono attribuibili a tante criticità, ha spiegato la Cgia, fra le principali ci sono lo scarso interesse che molti giovani hanno nei confronti del lavoro manuale; la mancata programmazione formativa in tante regioni del nostro Paese e l’incapacità di migliorare ed elevare la qualità dell’orientamento scolastico che è rimasto ancorato a vecchie logiche ormai anacronistiche.
Le aree più colpite dal fenomeno
Le imprese hanno perso un numero considerevole di artigiani in tutta Italia, nessuna regone esclusa. Tuttavia le Marche hanno perso poco più del 28%, l’Umbria e l’Abruzzo quasi il 27%, il Piemonte 26 punti percentuali. Il Mezzogiorno, invece, che tiene di più alla salvaguardia degli antichi mestieri, è stata l’area geografica che ha subìto le “perdite” più contenute. È successo soprattutto per via degli investimenti nelle opere pubbliche legati al Pnrr e agli effetti positivi derivanti dal Superbonus 110 per cento. Il comparto casa, infatti, ha “frenato” il crollo del numero complessivo degli artigiani.
Tra il 2023 e il 2024, a livello provinciale, la contrazione più importante del numero di artigiani è stata ad Ancona con il -9,4%, in valore assoluto pari a -1.254 persone. A seguire ci sono Ravenna e Ascoli Piceno entrambe con un -7,9%. Al quarto posto si trova Rimini con quasi sette punti percentuali e al quinto, a pari merito, Terni e Reggio Emilia con il -6,8%.
Le diminuzioni più contenute, invece, hanno interessato quasi esclusivamente le province del Mezzogiorno. Le meno colpite sono state Crotone e Ragusa, entrambe con una contrazione pari a solo un -2,7%.
Questa riduzione in parte è anche riconducibile al processo di aggregazione e/o acquisizione che ha interessato alcuni settori dopo le grandi crisi 2008/2009, 2012/2013 e 2020/2021. La tendenza verso l’unione aziendale ha compresso la platea degli artigiani, ma ha contribuito positivamente ad aumentare la dimensione media delle imprese, facendo crescere anche la produttività di molti comparti. In particolare del trasporto merci, del metalmeccanico, degli installatori impianti e della moda.
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