Da Trump 6-0, 6-0 all’Ue su difesa e dazi. E ora, pace possibile


Scrive un autorevolissimo editorialista del più importante quotidiano italiano che “la disponibilità americana a partecipare in qualche modo alle future garanzie di sicurezza per l’Ucraina (…) si deve a due eventi fondamentali degli ultimi mesi, l’accordo Nato sull’aumento delle spese per la difesa, e l’intesa sui dazi”.

L’onestà intellettuale di Federico Rampini, la firma citata, non delude mai. Ha annotato le varianti effettive, reali, efficienti, che hanno modificato l’originario – almeno enunciato, se non convinto – atteggiamento di distanza e polemica degli Usa trumpiani dallo scenario ucraino.

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Per ulteriore chiarezza, però, e per argomentare ulteriormente sui futuri rapporti internazionali tra Usa, Unione Europea e Russia, forse è utile sottolineare che questi due eventi sopravvenuti negli ultimi mesi sono stati imposti brutalmente da Trump all’Unione Europea. Brutalmente ossia – com’è ormai costume del Troglodita Biondo – senza la minima etichetta diplomatica e addirittura senza un minimo di fair play.

Dapprima il diktat sulle spese militari dei partner Nato: “Alzate al 5% gli stanziamenti per il riarmo nei vostri bilanci pubblici”: la media sarà più bassa, tra il 3 e il 3,5% (salvo la Germania, che non chiedeva di meglio dalla storia che potersi riarmare, e Dio scampi…) ma Trump ha ottenuto quel che chiedeva, con un surplus di vantaggio, ossia che la gran parte dei nuovi investimenti in armi e mezzi militari dei partner Nato andranno a premiare le industrie belliche americane, quindi spese nostre e fatturati americani; e poi l’intesa sui dazi.

Anche qui “casca l’asino”: tecnicamente possiamo chiamarla intesa, ma possiamo anche decidere di darle un nome più leggiadro, Gelsomina o Eulalia: comunque la si chiami, nel concreto è stato un altro diktat brutale, che secondo la Confindustria – e sempre che la media del prelievo impostoci dagli Usa resti al 15% – farà perdere all’Italia 20 miliardi di export in valore.

Chiaro? Dunque Trump per ora, rompendo ogni protocollo, ha semplicemente detto ai partner europei: “Adesso voi fate come dico io, se volete che vi dia una mano con la Russia. Altrimenti, vi fottete”. E i vari Macron, Merz e Stammer – e compagnia belante, si sono “costernati, indignati, impegnati, e poi hanno gettato la spugna”, senza neanche la “gran dignità” della canzone di De Andrà da cui questi versi sono stati parafrasati. Hanno sorriso timidi e detto: “Sì, padrone!”.

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Ma che c’è di strano? L’Europa è una colonia degli Stati Uniti: rileggiamoci un Bignami di storia, per ricordarci come mai. Lo siamo economicamente, ossia per quanto attiene all’economia reale; e ancor più lo siamo sul versante della finanza internazionale (o la finanza è americana, o è un giocattolino), della digitalizzazione (o è americana, o è cinese, ma “sulla Cina non si può”, è la nuova De Rica e noi europei siamo Gatto Silvestro) e ovviamente lo siamo – lo stra-siamo – sul piano dell’industria bellica.

Quindi i cosiddetti leader europei – veri nani da giardino, veri conigli mannari – si sono atteggiati a gradassi finchè alla Casa Bianca c’era il povero rimbaBiden, come lo ha definitivamente ribattezzato Travaglio; che gli dava corda e li prendeva inutilmente sul serio. Adesso basta, la ricreazione è finita. E l’oggettivo svettare della Meloni in questo contesto nasce unicamente dal fatto che neanche con Biden la nostra premier si atteggiava ad attore in proprio, e anzi ne incassava estasiata la carrezzina in testa, così come oggi sorride comprensibilmente ai complimenti dell’amico di Epstein. E sapete cosa c’è da dire? Che fa bene: ha senso. Non è Craxi, che per Sigonella ha rimesso potere, salute e libertà; né è Andreotti, che per l’equivicinanza all’Olp si è beccato un’infame infondato processo per mafia; e non è nemmeno Berlusconi, che nel suo infinito ridicolo puttaniare, comunque aveva il vizio di parlare a braccetto – guarda un po’ – proprio con Putin, indovinate di quali argomenti preferenziali.

E torniamo ad oggi: la palla è proprio sul piede di Putin. E ce l’ha messa Trump. Prima o poi, era ovvio che qualcuno lo facesse, per fermare la mattanza senza accendere una bomba atomica.

I “volenterosi” europei supportati, a queste dure condizioni servili, da Trump, non vogliono ancora togliere di mezzo Zelensky. E in questo Trump li segue, anche per un’ovvia, evidentissima ragione, tanto evidente che non è stata ancora annotata da molti osservatori: se la pace non quaglia perché Zelensky aggiunge solo una sillaba a quanto pattuito per lui con Putin dal padrone Trump, sarà questione di poco e vedremo rigirarsi contro il presidente-soldato addirittura gli stessi Volenterosi, e probabilmente anche gli ucraini, che ormai lui governa in puro stile autocratico putiniano.

Quindi se lo Zar ha davvero visto un passo utile per sè stesso e per la Russia negli accordi segreti intercorsi con Trump – figuriamoci se il contenuto del vertice di Anchorage ci è stato raccontato nei dettagli: ma per piacere … – accetterà questa purga di sedersi alla pari con l’ucraino, nonostante l’uomo in grigioverde sia stato dal primo giorno una sorta di controfigura degli Stati Uniti e della Nato. E speriamo che i due (ossia i veri Due più uno) si accordino, affinché finiscano le atrocità avviate da quel macellaio di Putin e aggravate dal velleitarismo dello stesso Zelensy e soprattutto di Biden e dell’Europa; e affinché l’economia mondale possa ripartire al meglio; e affinché l’Europa possa contare su un po’ di stabilità in più, ancora sotto quell’ombrello protettivo americano di cui non possiamo fare a meno, da quel condominio di omuncoli rissosi che siamo.

Ma – nonostate il condominio Ue – sulla pace si può essere, oggi, un po’ più fiduciosi di un mese fa.



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