Quante imprese italiane usano l’intelligenza artificiale


L’intelligenza artificiale rappresenta un punto di svolta per le imprese italiane e assume sempre di più un’importanza strategica decisiva. Il 18,6% delle aziende (quasi 2 su 10) sta usando l’AI con software, applicazioni e soluzioni strutturate, soprattutto nei servizi e nel Nord-Ovest. Il 43% delle imprese che l’ha implementata fa registrare una maggiore efficienza nei processi produttivi, con un trend che aumenta al crescere delle dimensioni aziendali ed è più marcato tra le imprese di servizi e manifattura.

Le stime parlano di una crescita potenziale dei fatturati fino al 29% e di una riduzione dei costi del 17% entro tre anni. In questo arco di tempo, il 16,3% delle imprese italiane prevede di ricorrere all’intelligenza artificiale a fronte di un 10,5% che si trova già in fase di sperimentazione. A rivelarlo è la seconda edizione di The Augmented AI-Human Job – Nuovi scenari delle professioni nell’era dell’IA, il rapporto dell’Osservatorio Look4Ward sull’evoluzione delle competenze promosso da Intesa Sanpaolo e Università Luiss Guido Carli, con il supporto di Accenture e Digit’Ed.

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In questo articolo: 

 

  • Quante imprese italiane usano l’intelligenza artificiale
  • L’importanza di competenze e formazione

 

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Quante imprese italiane usano l’intelligenza artificiale

Dal report emerge che le principali leve che favoriscono l’adozione di soluzioni di intelligenza artificiale sono il livello di fatturato, la dimensione aziendale e la collocazione geografica. Le imprese di piccole dimensioni, in particolare quelle del Sud e delle isole, mostrano infatti una minore propensione a investire nell’AI, a differenza di quelle grandi e del Nord. L’indagine ha coinvolto un campione di 600 aziende italiane con l’aggiunta di interviste qualitative a 800 top manager (amministratori delegati e presidenti di organizzazioni nazionali e internazionali appartenenti ai settori IT & engineering, consultancy, fashion, finance, shipbuilding, space & aviation, steel e fashion) che hanno evidenziato aspettative, visioni strategiche e barriere culturali sulle trasformazioni tecnologiche in corso.

Le aziende con fatturato superiore ai 10 milioni di euro hanno oltre cinque volte più probabilità di adottare applicazioni AI-based rispetto a quelle con un fatturato inferiore ai 500.000 euro. I settori in cui queste soluzioni vengono impiegate sono i servizi, il commercio, la manifattura e le costruzioni. Nello specifico, le quattro aree strategiche in cui l’AI risulta più utilizzata sono servizio clienti (35%), ricerca e sviluppo (24%), assistenza tecnica (23%) e business intelligence (21%). L’8,2% delle imprese ha adottato almeno una tecnologia basata sull’IA nel corso del 2024, rispetto a una media che nell’Unione europea ha raggiunto il 13,5%. Ma al tempo stesso, oltre l’80% delle aziende (8 su 10) prevede investimenti in percorsi dedicati all’AI entro i prossimi tre anni: il 42% lo farà con le università e i centri di ricerca.

Il 60% di chi utilizza l’intelligenza artificiale ne riconosce il valore per la competitività aziendale. Viceversa, le tre principali motivazioni per la mancata adozione dell’AI in azienda sono la convinzione che sia una tecnologia non ancora matura o adatta (31,4%), la mancanza di competenze interne (23,1%) e la priorità di altri investimenti aziendali (22,6%). In questo clima di trasformazione e cambiamento, un dato è certo: la crescita dei ricavi e l’aumento del fatturato, la riduzioni dei costi operativi e il miglioramento dell’efficienza sono strettamente legati a figure professionali con competenze trasversali e una solida formazione specifica.

 

L’importanza di competenze e formazione

L’AI è un investimento strategico che stimola nuove forme di apprendimento individuale e organizzativo. Il 60% delle imprese che hanno adottato l’AI consultate dall’Osservatorio Look4Ward considera essenziale il ruolo della formazione nel sostenere i processi di innovazione e il 46,7% dei dipendenti ha confermato di aver seguito un percorso formativo specifico sull’intelligenza artificiale nell’ultimo anno. Oltre il 40% del campione ha investito nella formazione continua. Non solo: nei prossimi tre anni, l’82,5% delle aziende prevede nuovi investimenti in questo ambito, con il 53% che destinerà risorse fino a 10.000 euro, il 24% tra 10.000 e 50.000 euro e il 6% oltre i 50.000 euro.

Queste soglie testimoniano il dislivello tra piccole imprese e quelle più strutturate. Le Pmi in primis risultano meno attrezzate per sostenere la trasformazione digitale attraverso la formazione tecnologica. Dal punto di vista dell’aggiornamento e della preparazione, le competenze più richieste sono digitali (62,2%), di creatività e innovazione (32%) e per una comunicazione chiara ed efficace (27%). Sul piano tecnico, sono particolarmente cercate la conoscenza dei principali modelli di AI (35,1%), la capacità di sviluppare soluzioni scalabili in ambienti di produzione (33,7%) e la conoscenza di analisi statistica e metodi quantitativi (30%).

Il fulcro del rapporto è un modello che Look4Ward, Intesa Sanpaolo e Luiss definiscono GenIAleGenerative Intelligence for Augmented Labor and Empowerment: una visione integrata in cui l’AI e l’intelligenza umana collaborano, assimilando la macchina e le competenze per potenziare la creatività e la produttività. L’approccio deve essere human in the loop: la tecnologia visibile e comprensibile, l’essere umano al centro dell’algoritmo. “Il messaggio è chiaro: l’intelligenza artificiale rappresenta un’opportunità strategica per il sistema produttivo italiano, ma la sua efficacia dipende dalla capacità di ripensare processi, ruoli e competenze – si legge nel rapporto –. Investire nelle persone è la condizione essenziale per trasformare la tecnologia in un reale vantaggio competitivo e inclusivo. Il futuro non sarà solo tecnologico: sarà genIAle, se sarà anche umano”.

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