La notizia è di quelle che segnano un cambio di paradigma: l’amministrazione Trump sta valutando l’acquisizione di una partecipazione diretta in Intel, il gigante americano dei semiconduttori. Secondo fonti citate da Bloomberg e Investing.com, il governo potrebbe utilizzare i fondi del Chips Act per convertire parte delle sovvenzioni già stanziate in capitale azionario. L’obiettivo è chiaro: rafforzare la produzione nazionale di chip, accelerare il progetto del mega-campus in Ohio e consolidare la leadership tecnologica americana in un settore strategico.
La mossa, ancora in fase di negoziazione, rappresenta una svolta rispetto alle tradizionali politiche industriali statunitensi. Non più solo incentivi e sussidi, ma interventi diretti nel capitale delle aziende ritenute essenziali per la sicurezza nazionale. Intel, già destinataria di oltre 8 miliardi di dollari in fondi pubblici, potrebbe diventare il primo caso emblematico di questa nuova strategia.
Il Chips Act come leva finanziaria e geopolitica
Il Chips Act, approvato nel 2022, ha stanziato 52 miliardi di dollari per rilanciare l’industria dei semiconduttori negli Stati Uniti. Intel è il principale beneficiario, con 7,9 miliardi destinati alla produzione commerciale e altri 3 miliardi per il programma Secure Enclave del Pentagono. A questi si aggiungono fino a 11 miliardi di dollari in prestiti agevolati.
La possibilità di convertire parte di questi fondi in una partecipazione azionaria segna un’evoluzione del Chips Act da strumento di incentivo a leva di controllo strategico. Il governo non si limita più a sostenere, ma entra direttamente nella governance delle aziende chiave, con l’intento di orientarne le scelte industriali e tecnologiche.
Ohio, il cuore del rilancio produttivo
Il progetto più simbolico è quello del mega-campus Intel in Ohio, inizialmente previsto come “Silicon Heartland” da 100 miliardi di dollari. Dopo ritardi e tagli, il sito è diventato il banco di prova della nuova politica industriale. L’investimento governativo potrebbe accelerare la costruzione e attrarre capitali privati, dando nuova linfa a un’iniziativa che ha finora faticato a decollare.
Intel ha già rallentato il ritmo dei lavori e annullato altri progetti internazionali, tra cui quelli in Germania e Polonia. Il nuovo ceo Lip-Bu Tan ha dichiarato che l’azienda procederà con l’espansione solo in presenza di domanda concreta, adottando un approccio pragmatico e selettivo.
Lip-Bu Tan, tra geopolitica e fiducia ritrovata
La figura del ceo Lip-Bu Tan è centrale nella vicenda. Dopo le iniziali richieste di dimissioni da parte del presidente Trump, legate ai suoi precedenti investimenti in aziende cinesi, un incontro chiarificatore ha riaperto il dialogo. Tan ha ribadito il “profondo impegno dell’azienda nel sostenere gli sforzi del presidente Trump per rafforzare la tecnologia statunitense”.
Le tensioni geopolitiche restano però sullo sfondo. Tan, imprenditore malese naturalizzato americano, ha investito in oltre 600 aziende cinesi, alcune delle quali sanzionate per legami con l’esercito. Il suo passato alla guida di Cadence Design Systems, coinvolta nella vendita di software a società cinesi, ha sollevato dubbi sulla sua capacità di garantire la sicurezza nazionale.
Intel e il mercato: attese, speculazioni e ristrutturazioni
La Borsa ha reagito con entusiasmo alla notizia, con un rialzo del titolo del 7% in poche ore. Ma gli analisti restano cauti. Il titolo Intel è inserito in un trend ribassista di lungo periodo, con oscillazioni tra i 18 e i 27 dollari. Il mercato attende segnali concreti di rilancio, dopo le false partenze del precedente ceo Pat Gelsinger.
La nuova strategia di Tan punta su razionalizzazione e focalizzazione. Intel ha congelato progetti non redditizi, consolidato attività in Malesia e Vietnam, e rilanciato l’architettura x86 per competere con Arm. Il progetto Intel 18A, che prevede chip da 1,8 nanometri, è il cuore tecnologico della ripartenza. Ma il gruppo procederà con la miniaturizzazione solo se ci saranno impegni concreti da parte dei clienti.
Banda ultralarga e sovranità digitale
Il rilancio di Intel ha implicazioni dirette anche per la banda ultralarga, infrastruttura abilitante per tutte le applicazioni digitali avanzate. La produzione nazionale di chip è fondamentale per garantire autonomia tecnologica e sostenere lo sviluppo di reti ad alta capacità. In questo contesto, l’investimento governativo in Intel si inserisce in una strategia più ampia di sovranità digitale e resilienza industriale.
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