La natura del cosiddetto “Decreto Omnibus” è già evidente nel nome: un contenitore ampio, disomogeneo, in cui trovano spazio misure che difficilmente avrebbero potuto camminare da sole. Il provvedimento approvato a fine giugno 2025 dal governo – tecnicamente Decreto Legge n. 95 – rappresenta una sintesi operativa di esigenze provenienti da settori diversi, ma che, per ragioni economiche o politiche, sono state considerate prioritarie.
Tra gli ambiti toccati, figurano il sostegno alla natalità, con un bonus una tantum di 480 euro per le madri lavoratrici, l’estensione del Superbonus per la ricostruzione in area sismica e un’IVA ridotta al 5% per la compravendita diretta di opere d’arte. Si interviene anche sulle criptovalute, recependo gradualmente la normativa europea MiCAR, e sulle infrastrutture pubbliche. Misure scollegate tra loro, ma accomunate dalla stessa urgenza percepita. È così che si costruisce un decreto omnibus: accostando esigenze concrete, a volte persino contraddittorie, per dare loro una copertura normativa immediata.
Una tassa che slitta ancora
All’interno di questo stesso contenitore, è stato inserito anche un provvedimento meno celebrato e più controverso: l’ulteriore rinvio dell’imposta sulle bevande zuccherate, la cosiddetta “sugar tax”. Prevista originariamente dalla Legge di Bilancio 2020, la sua applicazione è stata rimandata più volte. L’ultima data utile era il 1° luglio 2025. Ora si va al 1° gennaio 2026.
A giustificare lo slittamento, la necessità – così è stato detto – di offrire più tempo agli operatori per adeguarsi. Ma non si tratta solo di questioni tecniche. La misura è stata al centro di un confronto serrato tra governo e rappresentanze di settore. Le associazioni dell’industria alimentare, in particolare Assobibe, hanno fatto pressione sul rischio di contrazione del mercato e perdita di competitività per le imprese italiane. Argomentazioni che trovano spazio nella relazione tecnica allegata al decreto: si stima una mancata entrata di 142 milioni per il 2025, cifra che si riduce drasticamente negli anni successivi.
Il testo ufficiale non fa riferimento a scelte politiche, ma i numeri del gettito e le proteste dei produttori parlano da soli. È una questione di equilibrio tra salute pubblica e tutela economica, tra riforme strutturali e gestione del consenso. Il principio su cui si fondava l’imposta – disincentivare il consumo di zuccheri e finanziare interventi sanitari – sembra progressivamente diluito.
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