In Sardegna cresce il fenomeno dell’abusivismo nei settori dell’estetica e dell’acconciatura, soprattutto in estate, complice la chiusura per ferie di molti saloni.
Le prestazioni a domicilio, pubblicizzate tramite passaparola e piattaforme online, alimentano un mercato parallelo privo di controlli.
Secondo un’analisi dell’Ufficio Studi di Confartigianato Imprese Sardegna, basata su dati Istat e Infocamere, il tasso di irregolarità artigiana nel comparto dei servizi alla persona raggiunge il 27,6%, il più alto tra i vari settori e quasi il doppio della media nazionale (14,4%).
Nell’Isola si stimano almeno 1.200 lavoratori completamente in nero o in posizione «border line» rispetto alle norme, con un impatto rilevante sulla salute dei clienti e sull’economia locale.
Per ogni tre imprese regolari esisterebbe almeno un’attività «fantasma».
Il comparto del benessere in Sardegna conta 4.046 imprese, di cui 3.392 artigiane (83,8%), con circa 8.000 addetti. Le famiglie sarde spendono in media 29,5 euro al mese, pari a 355 milioni di euro l’anno, per servizi di parrucchiere ed estetica.
Dal 1° settembre prossimo entrerà in vigore un Regolamento Ue che vieta l’uso di alcune sostanze presenti in prodotti cosmetici, imponendo lo smaltimento o il ritiro dal mercato dei prodotti non conformi.
Il settore deve inoltre far fronte a un aumento dei costi energetici compreso tra il 20% e il 27%, pari a un aggravio annuale di 2.000-5.000 euro per un salone medio.
Gli operatori regolari sostengono costi per formazione, sicurezza, prodotti certificati e igiene, mentre chi lavora nell’illegalità non è soggetto agli stessi obblighi e non offre garanzie ai clienti.
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