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Negli ultimi anni il private equity negli Stati Uniti ha registrato una forte crescita, sostenuta da liquidità elevata, tassi d’interesse bassi e ricerca di rendimenti superiori a quelli tradizionali. I fondi hanno ampliato portafogli e settori d’investimento, puntando a valorizzare le aziende e stimolare innovazione, ma attirando anche maggiore attenzione regolatoria e necessità di adattamento alle nuove sfide.

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Il mercato, un tempo riservato a grandi investitori istituzionali, si è aperto grazie a piattaforme online, fondi dedicati, mini-fondi e crowdfunding, permettendo l’accesso anche a investitori con capitali più ridotti. Questa democratizzazione ha favorito l’interesse verso start-up tecnologiche, imprese sostenibili e progetti innovativi, compresi segmenti ad alto rischio ma con potenziale di rendimenti elevati. La diversificazione delle strategie sta creando un ambiente più competitivo e innovativo.

Che cosa sta succedendo in Italia

Un mercato in fermento che sfida l’incertezza globale: un’espansione senza precedenti

Il settore del private equity italiano sta vivendo un 2025 da primato. Nei primi cinque mesi dell’anno, infatti, sono state concluse 189 operazioni, un dato record che supera le 158 dello stesso periodo 2024.
Il solo mese di maggio ha fatto registrare 48 deal, rispetto ai 30 di maggio 2024 (e ai 42 di maggio 2023). Nel complesso, considerando sia investimenti che disinvestimenti, si stimano oltre 230 operazioni nei primi sei mesi del 2025.

Secondo  Deloitte Italia il primo semestre si è chiuso con 249 deal finalizzati, il miglior risultato di sempre in questo periodo dell’anno
È un’onda di fiducia: l’86% degli operatori prevede stabilità o un miglioramento dell’economia italiana , mentre la Private Equity Confidence Survey di Deloitte rileva che oltre l’83% degli investitori crede in un andamento stabile o in crescita, e più del 60% guarda a deal superiori ai 30 milioni di euro.

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Trend settoriali forti e strategie diversificate

I comparti più attrattivi per gli investitori nel primo semestre 2025 sono manufacturing (23,8 %), Food & Beverage (14 %) e Life Sciences & Healthcare (12,8 %), con una crescente propensione verso il terziario avanzato
Sul fronte strategico, l’ESG sta diventando un pilastro: il 23,1 % degli operatori lo integra già nella due diligence, mentre il 17,7 % lo considera leva di valore . Anche l’AI è centrale: l’84 % degli operatori lo considera un elemento di analisi, e per il 21,4 % è un driver chiave. Inoltre, il 75 % degli intervistati apprezza l’impatto positivo delle politiche monetarie espansive, che favoriscono il finanziamento tramite banche commerciali, lo strumento preferito.

Infrastrutture, private debt e crediti alternativi in ascesa

Il private debt è un segmento in forte crescita: negli ultimi quattro anni ha registrato una crescita media annua del +41 %, arrivando a €4,9 miliardi investiti: fondi come Eurazeo hanno rinforzato la loro presenza a Milano per presidiare strategie di buyout, venture, real estate e infrastrutture.
Anche Ares Management si è posta in primo piano: tra il 2018 e il 2022, i deal nel mid-market italiano sono cresciuti da 151 a 224 unità, mentre negli ultimi mesi ha chiuso transazioni tra i 50 e i 150 milioni di euro.

Milano: il nuovo epicentro del private equity

Milano si conferma come la terra promessa per private equity e servizi legali: nel 2024 sono stati raccolti €56,4 miliardi attraverso 496 operazioni, più del doppio rispetto al 2023. Global players e law firms come Ares, Perwyn, Sienna, Point72 e Capstone si sono insediati o stanno aprendo uffici in città, attirati dal regime flat tax per i residenti (passato a 200 000 euro annui nell’aprile 2025) e da una base di PMI italiane attrattiva per fusioni e acquisizioni. Secondo Macrae+, un servizio avanzato di analisi che ha pubblicato in febbraio “Private Equity: Italy – 2024 in Review”, il mercato italiano ha visto nel 2024 circa 240 acquisizioni (+14 %), e il trend positivo sembra destinato a proseguire.

Sfide normative e interventi urgenti

Nonostante il boom, il mercato italiano soffre di eccesso di regolamentazione, in particolare per il golden power e il goldplating, che rischiano di rallentare le operazioni. Il presidente di AIFI, Innocenzo Cipolletta, lancia un monito chiaro: il settore del private capital ha bisogno di flessibilità normativa per sostenere efficacemente l’economia reale .

Confronto con il mercato globale

Sul piano internazionale, secondo KPMG, i flussi globali di private equity calano: nel Q1 2025 gli investimenti nell’area EMA (Europa, Medio Oriente, Africa) sono stati pari a 109,1 miliardi di dollari, in calo rispetto al trimestre precedente e all’anno prima. Tuttavia, nella stessa regione, il settore italiano resiste: mentre altrove sul continente si celebra incertezza e cautela, l’Italia accelera, grazie a deal resilienti e operatori fiduciosi.

Verso un private equity strutturale e sostenibile

Il 2025 italiano sembra segnare un turning point: con numeri record, fiducia stabile e attenzione crescente a ESG, AI e biotech, il momento è cruciale perché questo slancio diventi strutturale.
Ma la chiave del successo futuro risiede nella semplificazione normativa, nella maggiore trasparenza e in un quadro regolatorio che riconosca la peculiarità del private capital italiano. Solo così il Paese potrà consolidare leadership e attrattività, resilienti anche in un contesto europeo incerto.



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