Trump impone dazi sui lingotti d’oro: la Svizzera nel mirino




Redazione Esteri
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Gli Stati Uniti hanno deciso di colpire le importazioni di lingotti d’oro da un chilo, applicando dazi che rischiano di destabilizzare non solo il mercato globale del metallo prezioso, ma anche l’economia svizzera, da sempre protagonista nel settore della raffinazione. La misura, confermata dall’agenzia Customs and Border Protection, classifica questi lingotti – insieme a quelli da 100 once – sotto un codice doganale soggetto a nuove tariffe, come riportato in una lettera ufficiale del 31 luglio consultata dal Financial Times.

La decisione, che segue l’annuncio preliminare dello scorso aprile, quando Trump aveva minacciato dazi del 31%, è stata resa definitiva dopo un confronto teso con Berna. Nonostante i tentativi del Consiglio federale di sfruttare i tradizionali rapporti diplomatici per mitigare l’impatto, la svolta è arrivata inaspettata a fine luglio, in coincidenza con la festa nazionale svizzera. Una telefonata burrascosa tra il presidente americano e Karin Keller-Sutter, a capo della Confederazione, ha preceduto l’ufficializzazione delle tariffe, salite al 39% ed entrate in vigore oggi all’alba.

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La Svizzera, che domina il mercato della raffinazione con circa il 70% dell’oro globale lavorato nelle sue fabbriche, si trova ora di fronte a una sfida senza precedenti. Se da un lato i dazi potrebbero spingere alcuni operatori a cercare rotte alternative, dall’altro rischiano di frammentare ulteriormente un settore già sensibile alle fluttuazioni geopolitiche. Le raffinerie elvetiche, molte delle quali riforniscono direttamente Wall Street e le banche centrali, dovranno valutare se assorbire i costi o trasferirli ai clienti, con possibili ripercussioni sui prezzi.

L’iniziativa americana, che rientra in una strategia commerciale più ampia, riflette la volontà di Trump di ridisegnare gli equilibri economici a vantaggio degli Stati Uniti. Tuttavia, mentre Washington giustifica la mossa come necessaria per proteggere l’industria nazionale, gli analisti temono un effetto domino. Già nei mesi scorsi, l’incertezza normativa aveva spinto alcuni trader a dirottare partite verso hub come Londra o Singapore, ma con l’applicazione definitiva dei dazi, gli aggiustamenti potrebbero diventare strutturali.





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