Irpef più leggera e pace fiscale, corsa di Palazzo Chigi alle coperture


La pausa estiva è archiviata e, con l’autunno alle porte, l’agenda economica di Palazzo Chigi si riempie di dossier destinati a scaldare il dibattito: dal nuovo capitolo di pace fiscale alla revisione dell’Irpef, passando per incentivi alle imprese e il delicato capitolo sulle coperture. La sfida è bilanciare rigore e sostegno alla crescita.

Una coperta sempre corta

All’interno delle stanze del Ministero dell’Economia il tema che arde più di ogni altro riguarda la dimensione reale delle coperture. Un primo bilancio sarà possibile soltanto dopo il 30 settembre, quando scadrà la proroga per aderire al concordato preventivo biennale, finora valutato in circa 1,6 miliardi di gettito. L’estensione dell’adesione e il ravvedimento bis potrebbero avvicinare l’incasso ai 3 miliardi, ma nessuno, al momento, si sbilancia. Solo allora si capirà se – e in che misura – sarà possibile sostenere l’intero pacchetto di misure senza incrinare quel rigore contabile che ha fruttato la recente promozione delle agenzie di rating.

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Al quadro delle entrate si sovrappone la polemica sul contributo straordinario dei grandi gruppi bancari, rilanciato dal leader della Lega, Matteo Salvini, per finanziare la rottamazione delle cartelle. La replica di Antonio Tajani non si è fatta attendere: «Accanirsi contro le banche non ha alcun significato». Forza Italia teme un possibile danno reputazionale al sistema del credito e insiste per trovare risorse altrove, magari attraverso spostamenti di poste inutilizzate o grazie a un eventuale miglioramento del Pil determinato dai progetti del Pnrr. Il braccio di ferro evidenzia quanto la coperta, anche stavolta, resti corta.

Ceto medio e imprese in attesa di sgravi

Il taglio dell’Irpef destinato al ceto medio, cavallo di battaglia del viceministro Maurizio Leo, prevede l’abbassamento dell’aliquota intermedia dal 35% al 33% e l’ampliamento dello scaglione fino a 60mila euro di reddito. In tale configurazione, il costo si avvicinerebbe ai 4 miliardi. Qualora l’asticella venisse fermata a 50mila euro, la spesa diminuirebbe, pur restando consistente. Fratelli d’Italia e Forza Italia sostengono l’intervento, ritenendolo fondamentale per rafforzare il potere d’acquisto di lavoratori e famiglie gravato dall’inflazione e dal fenomeno del fiscal drag.

Accanto all’Irpef, l’esecutivo intende rendere permanente l’Ires premiale al 20% per le aziende che investono in beni strumentali 4.0 e 5.0 e incrementano l’occupazione. L’incentivo, introdotto con l’ultima legge di bilancio, ha l’obiettivo di rafforzare la competitività industriale e di favorire l’adozione di tecnologie evolute. Stabilizzare la misura, secondo la maggioranza, significa offrire alle imprese un orizzonte certo e coerente con la più ampia riforma fiscale, assicurando un collegamento diretto tra riduzione dell’imposta e concrete ricadute sull’economia reale, in particolare sul fronte dell’assunzione di personale qualificato.

Pace fiscale: dove si gioca la partita politica

La nuova rottamazione quinques domina il confronto interno alla maggioranza. La Lega propone un piano da 120 rate spalmate su dieci anni, con una prima tranche più corposa e scadenze successive di importo ridotto. L’intento dichiarato è alleggerire famiglie e imprese da cartelle divenute insostenibili, garantendo al fisco un flusso di entrate più stabile. Tuttavia, gli alleati paventano il rischio di un messaggio distorsivo: più la platea sarà ampia, maggiore potrebbe essere la percezione che convenisse ritardare i pagamenti in attesa di nuove sanatorie, oltre al possibile impatto sui saldi di cassa dei primi esercizi.

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In Senato il disegno di legge firmato Gusmeroli-Romeo è all’esame della commissione Finanze: il termine per gli emendamenti scade il 12 settembre e l’obiettivo è licenziare il testo entro la fine del mese, per poi avviare la navigazione alla Camera. Fra le modifiche in discussione spicca l’idea di concentrare il beneficio sui carichi superiori a 50mila euro, evitando un intervento generalizzato. La rimodulazione di importi e tempistiche viene letta come punto di equilibrio fra l’esigenza di cassa dello Stato e la volontà di dare respiro ai contribuenti più esposti, ma molto dipenderà dalle risorse effettivamente trovate.

Stipendi, fiscal drag e produttività

Il mercato del lavoro offre una fotografia in chiaroscuro. A maggio l’Istat ha registrato 24,3 milioni di occupati, il massimo dal 2004, ma l’Ocse segnala una caduta del 7,5% dei salari reali rispetto al 2021. L’inflazione e gli adeguamenti contrattuali spingono le retribuzioni nominali verso scaglioni più elevati, innescando il fiscal drag. Di qui l’urgenza, sottolineata dal governo, di alleggerire la pressione fiscale sul reddito da lavoro per evitare che l’incremento degli stipendi resti solo sulla carta, privandole di ricadute concrete sulla spesa quotidiana delle famiglie.

Una soluzione immediata riguarda la proroga della tassazione ridotta al 5% sui premi di produttività, misura che ha generato oltre 3,7 milioni di contratti e un bonus medio di 1.596,5 euro per i dipendenti che raggiungono gli obiettivi stabiliti. L’esecutivo valuta persino un rafforzamento del meccanismo, considerandolo un modo efficace per sostenere il potere d’acquisto senza gravare eccessivamente sul bilancio pubblico. L’intervento rimane, inoltre, complementare alla riforma dell’Irpef, offrendo un incentivo diretto a una contrattazione aziendale orientata alla performance e alla condivisione dei frutti della crescita.

Prossime tappe e variabili internazionali

Tutte queste carte verranno messe sul tavolo della legge di bilancio che il governo presenterà in ottobre. Nell’attesa, l’esecutivo monitora l’andamento dei dazi statunitensi, la cui introduzione – o anche soltanto la minaccia – può riflettersi sull’export e sulle stime di crescita. Se il Pil beneficerà dei progetti previsti dal Pnrr, le entrate aggiuntive potrebbero sostenere almeno in parte le nuove misure; in caso contrario, prendere corpo potranno essere ipotesi di rinvio o ridimensionamento di alcuni capitoli di spesa statale.

Intanto il governo rivendica di aver riconquistato credibilità sui mercati, come testimoniano gli upgrade attribuiti da diverse agenzie di rating nei mesi scorsi. La sfida ora è mantenere quella fiducia mentre si definisce un quadro d’interventi complesso, che spazia dall’Irpef alla rottamazione quinques. Tra la chiusura del concordato e l’appuntamento con la manovra, Palazzo Chigi dovrà incrociare previsioni macroeconomiche, flussi di gettito e obiettivi politici, componendo un mosaico capace di coniugare prudenza contabile e risposta alle aspettative di famiglie, lavoratori e imprese.



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