La zona economica speciale nasce come uno strumento rivolto a favorire gli investimenti nel Mezzogiorno attraverso una serie di sgravi fiscali sugli investimenti e sui contributi previdenziali pagati dalle imprese. I risultati, secondo i dati della società di consulenza Ambrosetti citati di recente da Confindustria, sono positivi: a fronte di 4 miliardi e 800 milioni di risorse pubbliche stanziate in due anni, sono stati attivati 28 miliardi di investimenti privati e creati 35mila posti di lavoro.
Il Governo punta adesso punta ad ampliare il raggio di azione della Zes anche alle Marche e all’Umbria, le due regioni del centro Italia che nel 2018 sono inserite dall’Unione europea fra le regioni in transizione, vale a dire quelle il cui prodotto interno lordo pro capite è inferiore alla media europea e che quindi sono destinatarie di aiuti maggiori.
Lo strumento deciso dal Consiglio dei ministri nelle ultime ore è quello del disegno di legge che ha tempi più lunghi di approvazione rispetto al decreto legge perché deve affrontare tutto l’iter parlamentare. Inoltre non ci sono risorse immediatamente disponibili. Anzi il testo uscito dalla riunione di Governo precisa che dalla legge non devono derivare “nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”. Marche e Umbria, insomma – quando la legge sarà approvata – avranno a disposizione le stesse risorse già previste e messe a bilancio per la Zes del Sud. A meno di interventi con la manovra di quest’autunno.
Proprio per questo la valutazione che ne fanno i partiti è contrapposta pur essendo tutti favorevoli in linea di principio alla Zes. “Una presa in giro” per il Partito democratico secondo cui non si sa se e quando il provvedimento vedrà la luce. “Una mancia elettorale”, la definisce il Movimento 5 Stelle. Plaude, invece, Forza Italia che rivendica di aver chiesto la Zes per le Marche fin dal 2021. E Fratelli d’Italia parla di svolta storica per le Marche.
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