Payback dispositivi medici: verso la riduzione al 25%. Ma le aziende non ci stanno


Come ipotizzato in fase di approvazione da parte del Consiglio dei ministri, lo scorso giugno, il decreto Economia, in materia di payback dei dispositivi medici, prevederà che le aziende fornitrici, per chiudere il contenzioso con le Regioni, potranno estinguere i loro debiti pagando solo il 25% degli importi inizialmente richiesti (per il periodo 2015-2018).

È la novità più rilevante – tra quelle dedicate alla sanità – contenuta nel testo del decreto che è stato approvato giovedì 31 luglio dal Senato con 97 voti favorevoli e 66 contrari, e che ora passa all’esame della Camera.

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Una decisione, quella dell’Esecutivo, che non ha soddisfatto le associazioni a tutela delle aziende di dispositivi medici. Rivolgendosi al Governo, in audizione in Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, Aforp–Associazione fornitori ospedalieri, Confimi industria sanità, Confindustria dispositivi medici e il Coordinamento Filiera avevano chiesto di inserire nel percorso di conversione del decreto misure come la mitigazione dell’impatto del payback per le piccole e piccolissime imprese; la sospensione delle azioni esecutive in corso; la dilazione dei pagamenti, oltre all’accesso al Fondo di garanzia.

A rischio la tenuta di migliaia di piccole e medie imprese

“Siamo consapevoli della necessità di controllare la spesa pubblica per i dispositivi medici – avevano dichiarato le associazioni, che rappresentano oltre il 90% delle imprese soggette a payback – ma ciò non può avvenire a discapito della tenuta di migliaia di piccole aziende che assicurano ogni giorno forniture e servizi essenziali al Servizio sanitario nazionale. Perché il Decreto-legge 95/2025 rappresenti per tutte le aziende del settore un primo passo positivo, è necessario prevedere in fase di conversione misure immediate a tutela delle piccole e medie imprese, le più esposte all’impatto del payback, per evitare un danno sistemico alla filiera. Il confronto con Governo, Parlamento e Regioni deve continuare in modo costruttivo, con l’obiettivo di definire un modello di governance più equo, sostenibile e orientato al lungo periodo”.

Fari accesi sul payback 2019-2024

Inoltre, le Associazioni hanno richiamato l’attenzione anche sul tema del payback 2019-2024, sollecitando la riconvocazione del tavolo istituzionale già a settembre per avviare un percorso di progressiva sterilizzazione della norma attraverso rifinanziamenti statali e un incremento dei tetti di spesa, che ne portino all’eliminazione definitiva in Legge di Bilancio 2026.

Il problema non è ancora risolto

“Il mancato accoglimento degli emendamenti sulla franchigia di 5 milioni e sul dilazionamento di pagamento disattendono l’impegno manifestato al tavolo tecnico dal Mef sulla volontà di tutelare le pmi – ha dichiarato Sveva Belviso, presidente Fifo Confcommercio – L’accesso al Fondo di Garanzia Pmi e la sospensione delle azioni esecutive fino al 31 dicembre 2025, seppur elementi sicuramente positivi, non risolvono strutturalmente il problema della sostenibilità finanziaria immediata per le piccole realtà che costituiscono il 95% di questo settore”.

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“In questo modo – prosegue Belviso – l’Esecutivo ha perso un’occasione fondamentale per correggere una stortura normativa ereditata dal passato e salvaguardare il tessuto imprenditoriale italiano. Auspichiamo che il Governo sia consapevole della responsabilità che si sta assumendo sul futuro delle imprese del settore”.

Destinazione errata dei fondi?

“Sul payback dispositivi medici il governo continua a raccontare una verità parziale. I fondi sono stati stanziati, ma la loro destinazione è profondamente errata. Anziché tutelare le Pmi italiane, si distribuiscono infatti sconti a pioggia, ignorando la proposta più logica e sostenibile: l’introduzione di una franchigia da 5 milioni, a costo zero per lo Stato, già adottata nel comparto farmaceutico senza alcuna obiezione costituzionale”.

È il pensiero di Gennaro Broya de Lucia, presidente di Conflavoro Pmi Sanità, l’associazione che riunisce le principali aziende del medtech Italiano, secondo il quale “se davvero si vuole salvare il comparto, non si può ignorare una misura equa, già sperimentata e senza costi aggiuntivi”.

Responsabilità politica

Per Broya de Lucia: “la responsabilità è politica, diretta e grave. Il danno per l’occupazione, la filiera e la credibilità del sistema rischia di essere irreparabile con le piccole e medie imprese italiane (che pure rappresentano il tessuto produttivo del Paese) lasciate morire nel mentre si restituiscono milioni a grandi multinazionali che hanno già pagato”. “Il governo ha scelto scientemente di non replicare il modello farmaceutico e ora dovrà risponderne agli imprenditori traditi”, ha concluso il presidente di Conflavoro Pmi Sanità.

Ripristinare la franchigia si può?

Gli fa eco Michele Colaci, presidente di Confapi Sanità: “Abbiamo fornito soluzioni concrete. L’eliminazione della franchigia è una scelta politica che colpisce le Pmi, in particolare nei territori che andranno al voto nei prossimi mesi: Veneto, Campania, Toscana, Marche, Puglia e Valle d’Aosta. Ci auguriamo che i cittadini sappiano distinguere chi difende davvero l’impresa italiana da chi preferisce abbandonarla”. “Chiediamo con urgenza il ripristino della franchigia a 5 milioni, misura semplice, già attuata in altri settori, che salverebbe centinaia di aziende e darebbe finalmente credibilità all’azione del governo”, hanno concluso Colaci e Broya De Lucia.



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