Cosa impedisce a molti risparmiatori di diventare investitori? « LMF Lamiafinanza


L’Indagine sul risparmio delle famiglie italiane, curata da Intesa Sanpaolo e dal Centro Einaudi, conferma che “gli italiani sono sempre più attenti al risparmio per affrontare gli imprevisti futuri, preoccupati per la terza età ma pronti ad aiutare economicamente le nuove generazioni, disponibili ad investire nel mattone e molto meno negli strumenti finanziari”.

Anche quest’anno l’Indagine presenta luci e ombre: il 58% degli italiani risparmia, è il dato più alto degli ultimi vent’anni, cresce il numero di risparmiatori che diventano investitori, ovvero che finalizzano il risparmio a obiettivi precisi e si dotano di strumenti adeguati al loro conseguimento. Nei portafogli delle famiglie cresce anche la componente di risparmio gestito ma a queste tendenze incoraggianti fanno da contrappunto la scarsa alfabetizzazione finanziaria, la diversificazione media dei portafogli ancora non ottimale. Soprattutto, emerge che l’avversione al rischio è ancora pronunciata, le obbligazioni restano lo strumento finanziario più amato dalle famiglie italiane. Il risparmio a fini precauzionali è preponderante nelle persone più anziane che, comprensibilmente, mettono al primo posto le necessità di assistenza e di cura; ma questo stesso atteggiamento è presente anche in molti risparmiatori più giovani, considerano il risparmio come prevenzione verso l’incertezza, danno rilevanza alla sicurezza e alla conservazione del capitale.

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In sintesi, la regola di molti risparmiatori è la regola coniata dal grande Bearzot nel 1992, “primo non prenderle”, si tengono alla larga dai mercati finanziari, hanno paura del rischio, temono i possibili crolli dei listini e le perdite di valore del capitale.

Beninteso, a nessuno piace vedere diminuire il valore del proprio denaro, ma l’investitore sa che i crolli del mercato, per quanto dolorosi e sgradevoli, sono eventi che capitano e che nel tempo vengono superati. L’investitore assume un orizzonte temporale lungo, paga le attese di rendimento con la rinuncia alla disponibilità sostanziale di parte del suo risparmio. L’investitore considera il crollo come un evento possibile ma non esiziale, il risparmiatore sta lontano dai mercati finanziari perché dei crolli ha paura.

È la paura ad impedire a molti risparmiatori di diventare investitori, ovvero risparmiatori consapevoli che il rischio è la moneta che compra il rendimento, che il premio al rischio è la compensazione della paura, che il tempo è un formidabile alleato. Quando i risparmiatori avranno imparato a prendere decisioni non sulla base delle loro paure ma in base agli obiettivi e alla pianificazione di lungo termine, saranno veri investitori, magari aiutati dai consigli di un professionista di fiducia.

E a proposito di paure, non è scontato che agosto riservi ai mercati finanziari la stessa tranquillità goduta dalle famiglie in vacanza. Il mix di valutazioni prossime ai valori record, compiacenza, rischi di inflazione e tassi mantenuti alti potrebbero tradursi in movimenti di ribasso.

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L’indicatore Barclays che misura l’“euforia azionaria”, un indice composito che tiene conto dei flussi dei derivati, della volatilità e del sentiment, è salito a livelli di guardia. L’indice mostra la condizione di euforia del mercato, sostenuta in buona misura anche dall’attività di investitori privati attivissimi sulle piattaforme di trading: dalla flessione di aprile si è verificata una corsa agli asset rischiosi come meme stock, crypto asset e azioni di piccole società ancora prive di profitti.

Chi dorme d’agosto dorme a suo costo recita un vecchio proverbio toscano: nelle prossime settimane seguiremo i dati di inflazione e i rapporti sull’occupazione negli Stati Uniti. Terremo d’occhio soprattutto le banche centrali: al tradizionale simposio a Jackson Hole di fine mese sarà importante scrutare nelle dichiarazioni dei banchieri qualsiasi indicazione su tagli dei tassi o cambi nelle politiche, sarà importante seguire le parole di Powell, la sua posizione di presidente della Fed vacilla sotto i colpi di maglio di Trump, in gioco c’è l’indipendenza della banca centrale. Un nuovo presidente più sensibile alle pressioni di Trump taglierebbe i tassi, magari non nella misura indicata dal Caro Leader, ma dall’altra parte avremmo la reazione dei Treasury e del dollaro.



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