L’impatto dell’accordo commerciale tra Stati Uniti ed Europa si fa già sentire. Con l’introduzione di dazi unilaterali al 15% e un euro in caduta libera sul dollaro, le imprese italiane si trovano di fronte a una sfida che potrebbe costare 22,6 miliardi di euro di esportazioni in meno. A lanciare l’allarme è Emanuele Orsini, presidente di Confindustria.
Secondo Orsini, intervistato dal quotidiano la Repubblica, la combinazione tra i dazi voluti dall’amministrazione americana e la svalutazione del dollaro “è un colpo difficile da assorbire”. I settori più colpiti, avverte, saranno macchinari, farmaceutica e alimentare, con effetti a cascata su tutto il tessuto produttivo. “Non è uno scenario da recessione – precisa – ma senza una reazione significherebbe restare fermi a una crescita da zero virgola”.
L’Europa deve reagire
Per il presidente di Confindustria, questa crisi è un campanello d’allarme che richiede una risposta politica forte: “Ora l’Europa deve mostrare di saper reagire, compensando le imprese colpite, aprendo nuovi mercati e mettendo davvero l’industria al centro con un piano straordinario”.
Orsini individua tre direttrici principali: abbattere la burocrazia, accelerare la firma di accordi come quello con il Mercosur (Mercado Común del Sur, mercato comune dell’America meridionale), che potrebbe valere fino a 7 miliardi per l’Italia, e attivare compensazioni europee per i settori più colpiti.
Pnrr e investimenti
Il governo ha ipotizzato di utilizzare parte delle risorse non spese del Pnrr per sostenere le imprese, ma la posizione di Confindustria è netta: “No, i soldi del Pnrr vanno utilizzati per gli investimenti in industria e produttività. Le compensazioni per i dazi devono venire dall’Europa”.
L’esempio citato da Orsini è quello della Zes unica per il Mezzogiorno, dove 4,8 miliardi di risorse pubbliche hanno generato 28 miliardi di investimenti privati e 35 mila posti di lavoro. “Questa è la strada che ci aspettiamo dall’Italia”, spiega.
La sfida per l’Italia
Di fronte a un contesto internazionale dominato da un presidente americano che “cambia l’economia con i tweet” e da una Cina guidata da un leader forte, l’Italia e l’Europa devono muoversi in fretta. La priorità, secondo Orsini, è ridurre la dipendenza da scelte esterne e rafforzare la capacità produttiva interna.
La chiave, conclude, è una risposta collettiva che metta al centro le imprese, perché “se ho un interlocutore volatile, che cambia le regole del gioco a piacimento, la chiave è averne meno bisogno possibile”.
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