Boom di lavoro in Sardegna? Solo se accetti di essere precario


La Sardegna celebra il suo record: il tasso di disoccupazione è sceso all’8,3 per cento, il più basso degli ultimi cinquant’anni. Un risultato che, sulla carta, segnerebbe una svolta positiva. Ma basta scavare appena sotto la superficie per scoprire una realtà ben diversa: oltre la metà dei contratti è stagionale, a termine, part time involontario. E i settori trainanti restano quelli a basso valore aggiunto, ancorati a un’economia vecchia, fragile e incapace di trattenere i giovani.

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Dietro l’incremento occupazionale, un mercato instabile

Secondo il report “Sardegna al lavoro” della Cna, presentato a Cagliari, gli occupati sono aumentati di 30mila unità tra il 2021 e il 2024. Ma l’impennata riguarda quasi esclusivamente lavori legati alla stagione turistica e ai servizi più esposti alla precarietà. Il 58 per cento della domanda di lavoro in Sardegna è stagionale, contro una media nazionale del 15,4 per cento. Una dipendenza che si traduce in contratti brevi, poca sicurezza e prospettive limitate. A pagarne il prezzo sono, come sempre, i più vulnerabili: donne, giovani e chi cerca stabilità.

Un esodo silenzioso che svuota l’Isola

Nel frattempo, la Sardegna continua a perdere forza lavoro. Negli ultimi dieci anni, la popolazione tra i 20 e i 64 anni è diminuita di 118mila unità. Nella fascia 20-34 anni, il crollo è del 22,3, oltre tre volte la media nazionale. E se il trend non si invertirà, il prossimo decennio porterà via altri 122mila lavoratori. Senza un cambiamento strutturale, si stima un calo del reddito pro capite del 6,5 per cento.

Una via d’uscita c’è, ma richiede coraggio e investimenti

La Cna lo dice chiaramente: il sistema produttivo sardo può crescere, ma deve cambiare rotta. Secondo lo studio, si potrebbe generare un aumento di 9 miliardi di euro di Pil solo migliorando efficienza, competenze e tecnologie. Serve formare il capitale umano, innovare i processi, investire nell’intelligenza artificiale, ripensare la gestione delle imprese. 

“Non basta raccontare la crisi, dobbiamo costruire un orizzonte”

Durante il convegno, la presidente della Regione Sardegna ha lanciato un messaggio netto: la politica deve smettere di limitarsi a registrare i problemi e iniziare a immaginare soluzioni. Al centro della sua visione, la connessione tra scuola e lavoro, il ritorno dei giovani emigrati, il sostegno all’imprenditorialità giovanile e la trasformazione digitale della pubblica amministrazione. Secondo Todde, le partecipate regionali devono diventare “campioni di filiera”, attrarre competenze, generare massa critica.

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