Il finanziamento soci: disciplina civilistica fiscale e contabile


La I Sezione civile della Suprema Corte di Cassazione, con sentenza n. 16122/2024, è tornata sul tema della natura del finanziamento soci, stabilendo che il pagamento dei debiti societari da parte dei soci della stessa deve essere qualificato come finanziamento soci «senza alcuna rilevanza della fonte di approvvigionamento del denaro utilizzato dal socio». In particolare, ritengono i giudici che «la prescrizione abbreviata di cui all’art. 2494 comma 1 C.c. non si applica all’azione di regresso spettante al socio che, avendo assunto un debito per finanziare la società, si sia rivolto a un altro socio per il recupero della quota a lui facente carico, posto che il rapporto non trova la sua fonte in un obbligo derivante dal contratto sociale o da una deliberazione della società, ma da un rapporto riguardante il solo finanziamento».

Dal punto di vista contabile, il finanziamento del socio è un credito che questo vanta verso la società, mentre per quest’ultima esso rappresenta un debito da iscriversi in bilancio nella voce D3.

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Dal punto di vista codicistico, il finanziamento soci è un contratto di mutuo con il quale il socio finanziatore versa una somma di denaro alla azienda, che, a sua volta, si obbliga a restituirla nei modi e nei tempi convenuti tra le parti in un vero e proprio contratto di finanziamento. Le parti possono decidere che il finanziamento, e quindi il credito, siano o meno fruttiferi di interessi, in caso di finanziamento infruttifero l’impegno della società finanziata è solo quello di restituire il capitale avuto in prestito.

In particolare, se le parti nulla stabiliscono nel contratto di mutuo in merito alla restituzione delle somme si applica il principio generale, di cui all’art. 1183, c.c.; questo prevede che il creditore può richiedere il pagamento immediato del suo credito per il quale non sia convenuto un termine di rimborso a favore del debitore.

È bene ricordare che, anche per il finanziamento soci, i prestiti erogati non necessariamente devono essere proporzionali alle quote detenute e che non è necessaria alcuna delibera assembleare. In tema di interessi sul finanziamento, invece, esiste una presunzione contenuta nell’art. 45, comma 2, TUIR che stabilisce che: «Per i capitali dati a mutuo gli interessi, salvo prova contraria, si presumono percepiti alle scadenze e nella misura pattuite per iscritto.  Se le scadenze non sono stabilite per iscritto gli interessi si presumono percepiti nell’ammontare maturato nel periodo di imposta. Se la misura non è determinata per iscritto gli interessi si computano al saggio legale».

Per vincere la presunzione di fruttuosità si consiglia, quindi, di procedere alla redazione di un atto pubblico, una scrittura privata autenticata o registrata, ovvero allo scambio di corrispondenza con plico senza busta.

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Prima di affrontare l’altro importante aspetto del finanziamento soci dal quale siamo partiti, la postergazione, occupiamoci delle scritture contabili per la rilevazione del finanziamento e dell’eventuale rilevazione degli interessi dovuti.

All’atto del versamento delle somme dal socio a favore dell’azienda verrà rilevata l’entrata bancaria unitamente al debito:

Banca c/c (sp)                                 a                     Socio A c/finanziamento fruttifero (o  infruttifero) (sp)

In maniera speculare all’atto della restituzione delle somme, la scrittura contabile sarà inversa:

Socio A c/finanziamenti fruttifero (o infruttifero) (sp) a                                 Banca c/c (sp)

In caso di finanziamento fruttifero oltre a rilevare la nascita del debito occorre rilevare anche il pagamento degli interessi:

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                                                           a                      Banca c/c

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L’art. 2467, c.c., prevede che il finanziamento del socio alla S.r.l., eseguito in condizioni di eccessivo indebitamento rispetto al capitale proprio, ovvero effettuato qualora sarebbe stato preferibile incrementare il patrimonio netto, sia postergato rispetto agli altri creditori se esso è avvenuto nell’anno precedente il fallimento ed in tale caso esso debba essere restituito.

Parte della dottrina, per ultimo il Tribunale di Milano con sentenza n. 3621/2014 ha chiarito che la postergazione si applica anche alle S.p.A.

Anche a fronte della problematicità di restituzione dei finanziamenti in caso di difficoltà dell’azienda, non è infrequente che il socio rinunci al finanziamento a favore della società stessa.

In questo caso contabilmente la posta rappresentata dal debito dovrà essere girata ad apposita posta di capitale:

Socio A c/finanziamento fruttifero (o infruttifero) (sp) a  Altre riserve di capitale (sp)

Per il socio si verifica invece l’aumento del costo della partecipazione.

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Sull’argomento si è espresso qualche anno fa anche il già citato Tribunale di Milano con una sentenza, la n. 1112/2013, che ha destato non poche perplessità avendosi con essa espresso il convincimento secondo cui è invalido per contrarietà a norme imperative dettate ai fini del funzionamento delle società di capitali, l’accordo tra cedente e cessionario che stabilisca che, in caso di cessione di partecipazione, parte del prezzo convenuto sia rappresentato dalla restituzione di un finanziamento del socio (cedente) a suo tempo rinunciato e rilevato come posta di capitale tra le riserve del patrimonio netto della società oggetto di cessione.



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