Francesco Sgherza: “Le banche ignorano le PMI pugliesi, questo preoccupa più dei dazi”
Non sono i dazi statunitensi, ma la stretta sul credito bancario a rappresentare la minaccia più concreta per l’economia pugliese. A lanciare l’allarme è Confartigianato Imprese Puglia, che, sulla base di un’elaborazione del proprio Centro Studi su dati Bankitalia, denuncia un calo rilevante dei finanziamenti concessi alle micro e piccole imprese della regione.
Tra il marzo 2019 e il marzo 2025, le imprese con meno di 20 addetti hanno visto ridursi il volume dei prestiti da 6,2 miliardi a 5,2 miliardi di euro, un dato che conferma un trend negativo a livello nazionale. Negli ultimi quindici anni, il sistema bancario italiano ha ridimensionato drasticamente le erogazioni verso il mondo produttivo, con impatti particolarmente gravi per le imprese di dimensioni più contenute.
A complicare il quadro, secondo Confartigianato, vi è anche la persistente difficoltà del mercato italiano nel sviluppare canali di finanziamento alternativi come crowdfunding, private equity e venture capital, che altrove hanno già assunto un ruolo significativo.
“Questi numeri non possono lasciarci indifferenti, soprattutto alla luce dell’instabilità economica globale – commenta Francesco Sgherza, presidente di Confartigianato Imprese Puglia -. Il calo dei prestiti rappresenta un ostacolo serio alla capacità delle imprese di investire, innovare e generare lavoro”.
Nonostante gli Stati Uniti siano il secondo mercato di sbocco per l’export pugliese, con una quota del 9%, gli effetti dei dazi varati dall’amministrazione Trump non destano al momento preoccupazioni dirette. A preoccupare sono però gli effetti indiretti, soprattutto per le piccole realtà che operano come subfornitrici di grandi imprese coinvolte in complesse catene globali.
In questo contesto, secondo Sgherza è necessario rafforzare gli strumenti di credito di prossimità, sostenere i Confidi e incentivare forme di investimento su misura. La Regione Puglia, ricorda, ha già introdotto misure innovative come il MiniPIA e avviato lo sviluppo di un ecosistema locale per equity e venture capital, ma oggi serve di più.
“Serve una misura generalista, semplice ed efficace, ispirata al modello del Titolo II. Un segnale concreto e tempestivo per rimettere in moto un sistema che rischia di bloccarsi, penalizzando proprio quelle imprese che costituiscono l’ossatura dell’economia regionale”, conclude Sgherza.
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