Salute mentale, un Piano per tamponare l’emergenza post Covid e il disagio dei giovani


Risorse “zero”

Il Piano 2025-2030 traccia un’ampia analisi di scenario e si declina su sei macro-temi: percorsi di promozione, prevenzione e cura della salute mentale; infanzia e adolescenza con focus su transizione ai servizi per l’età adulta, accesso e continuità di cura; salute mentale nelle carceri e nelle Rems; risk management e sicurezza per arginare le aggressioni e proteggere i pazienti; integrazione sanitaria e infine formazione e ricerca. Con la sollecitazione, su quest’ultimo punto, a potenziare il budget oggi da noi “sotto rappresentato rispetto agli altri paesi Ue” così come a implementare nelle aziende sanitarie e negli ospedali i progetti di ricerca finalizzata.
Il tutto, in un quadro che in Italia vede circa il 3% delle risorse complessive per la sanità pubblica assegnate alla psichiatria, pari a poco più di 3,5 miliardi, mentre secondo gli addetti ai lavori servirebbero almeno 2 miliardi in più solo per gli adulti e un +30% di personale pari a 7.500 operatori come stimato a fine 2024 dal Collegio dei direttori dei Dipartimenti di salute mentale.

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Il nuovo Piano sarebbe stato l’occasione giusta per un rilancio. Ma sotto il profilo delle risorse si presenta drammaticamente “nudo” all’appuntamento con l’esame delle Regioni calendarizzato dopo tanta attesa per fine luglio: all’attuazione dell’Accordo in Conferenza Unificata – quindi tra Governo, Regioni ed enti locali cioè tutti gli attori chiamati a contribuire al colpo di reni sulla salute mentale – “si provvede nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili” e comunque “senza maggiori oneri per la finanza pubblica”.

Una formula ben nota che ha segnato il destino di tanti strumenti cruciali di programmazione della sanità pubblica. Però dal ministero assicurano che con il Mef il dialogo è aperto e che entro pochi mesi – con la manovra di bilancio – si troveranno le risorse adeguate. Per il momento, si dovrà fare con quel che c’è.

Allarme rosso sui giovanissimi

Certo è che la posta in gioco è altissima, se solo si considera lo spaccato delle nuove generazioni a cui è dedicato un intero capitolo (il secondo) del Piano: i dati documentano un “aumento significativo di incidenza e prevalenza di tutti i disturbi psicopatologici dell’età evolutiva, specie in adolescenza”, inclusi quelli del neurosviluppo, con “un’importante accelerazione negli ultimi tre anni in epoca post pandemica”. Non solo: “si osserva un significativo anticipo dell’età di insorgenza dei disturbi mentali gravi e un aumento della loro complessità, con notevole sovraccarico assistenziale per gli ospedali e per le strutture territoriali”. I numeri elencati nel Piano sono agghiaccianti: tra 2011 e 2021 è aumentato di circa 20 volte l’accesso ai servizi di urgenza di terzo livello per ideazioni suicidarie, autolesionismo e tentativi di suicidio. E nella sola Lombardia, messa in ginocchio dalla prima ondata Covid, tra 2016 e 2022 gli accessi in Pronto soccorso di minorenni con codici rossi e gialli per un qualsiasi disturbo psichiatrico sono aumentati del 61% mentre è triplicato il tasso a livello regionale degli accessi per ideazione suicidaria.

Contabilità

Buste paga

 

Ma non c’è solo il portato drammatico della pandemia: nelle prime fasi della vita diventano strategiche la prevenzione così come la gestione appropriata della transizione verso l’età adulta, per cui il nuovo Piano chiede “case manager” ed équipe multidisciplinari. Questo, a fronte del sovraccarico di domanda di cura e della grave carenza di percorsi dedicati, di risposte sul territorio e di posti letto in ospedale: sia che si considerino i disturbi del neurosviluppo a esordio precoce come autismo, Adhd, disturbi dell’apprendimento e dell’alimentazione, sia che si guardi ai disturbi psichiatrici (il 45% del carico globale di malattia nella fascia 0-25 anni), metà dei quali inizia prima dei 14 anni e la cui sotto-diagnosi ritarda gli interventi di cura e aggrava la malattia.



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