Si parla sempre più spesso di intelligenza artificiale agentica, ma purtroppo il dibattito è spesso impreciso o superficiale. Viene talvolta descritta come una semplice evoluzione dell’AI esistente, una variante tra le tante che non modifica davvero la sostanza.
La natura discontinua dell’intelligenza artificiale agentica
In realtà, si tratta di una discontinuità profonda, capace di ridefinire ruoli, processi e modelli organizzativi.
Proviamo allora a chiarire le peculiarità specifiche dell’intelligenza artificiale agentica, anche attraverso i primi risultati di una nostra indagine condotta presso ITIR – Università di Pavia. Per comprenderne appieno la portata trasformativa, ci concentreremo in particolare su un settore emblematico e altamente promettente per l’applicazione di questa tecnologia: quello bancario e finanziario.
Le tre forme di intelligenza artificiale a confronto
Alcuni la riducono ad algoritmi di machine learning un poco più sofisticati rispetto al passato, capaci di elevare ulteriormente il livello di automazione, ma nella sostanza nulla di nuovo. Altri ne parlano come di una mera variante dell’intelligenza artificiale generativa. C’è chi la usa semplicemente come buzzword di marketing per generare nuovo hype. Molti ne parlano in modo impreciso, senza aver compreso a fondo di cosa si tratti.
Stiamo parlando dell’intelligenza artificiale agentica, una frontiera ancora poco compresa ma dal potenziale trasformativo profondo come non mai. Non si tratta semplicemente di un’evoluzione dell’AI come l’abbiamo conosciuta fino a pochi mesi fa, ma di un vero cambio di paradigma: una rivoluzione nella rivoluzione.
Per comprendere appieno il potenziale trasformativo dell’intelligenza artificiale agentica, è utile partire da una distinzione chiara tra le principali tipologie di AI oggi disponibili.
L’ intelligenza artificiale tradizionale
La prima è la cosiddetta intelligenza artificiale tradizionale, basata sull’analisi di dati storici per svolgere compiti come la previsione o la classificazione (es. manutenzione predittiva o identificazione di frodi). Questi sistemi sono reattivi e prevedibili nel loro funzionamento complessivo: operano sulla base di istruzioni e modelli predefiniti, senza la capacità autonoma di ridefinire a monte obiettivi o strategie. Anche se gli algoritmi sottostanti, specialmente quelli di apprendimento automatico, possono utilizzare logiche probabilistiche (ad esempio, calcolando la probabilità che una transazione sia fraudolenta), il flusso operativo del sistema rimane sostanzialmente lineare: a un input ben definito (come i dati sul funzionamento di macchinari 4.0 in una fabbrica) corrisponde un output specifico e atteso (come la previsione del momento in cui una componente rischia di rompersi e va sostituita).
È importante sottolineare che, nel caso dell’intelligenza artificiale tradizionale, anche il percorso di adozione tende a essere “tradizionale”: spesso centralizzato su un numero ristretto di esperti, richiede un cambio di paradigma digitale e l’introduzione di logiche nuove rispetto ai processi consolidati. Proprio per questo motivo, la sua implementazione può risultare complessa e lunga, con diverse barriere al cambiamento organizative e culturali, soprattutto nelle aziende più consolidate e/o di grandi dimensioni.
L’intelligenza artificiale generativa
Un punto di svolta epocale nello sviluppo dell’intelligenza artificiale — disciplina le cui origini risalgono a diversi decenni fa — è stato rappresentato dall’avvento dell’intelligenza artificiale generativa. Negli ultimi anni, infatti, si sono affermati modelli capaci di generare contenuti originali, come testi, immagini o suoni, emulando pattern appresi durante la fase di addestramento. Pur trattandosi ancora di modelli predittivi — che, ad esempio, in quella testuale predicono sequenze di parole anziché numeri — le implicazioni organizzative e di interazione uomo-macchina sono profondamente diverse rispetto all’AI tradizionale. L’intelligenza artificiale generativa sta rivoluzionando le interfacce, rendendole più naturali e accessibili, contribuendo così a ridurre il divario digitale. È un qualcosa di molto più versatile: può supportare attività come il proofreading di testi, la stesura di bozze per e-mail o contenuti creativi, o il supporto alla comunicazione con clienti e colleghi.
Ciò che colpisce maggiormente è il cambiamento nelle dinamiche di adozione: mentre l’AI tradizionale resta spesso confinata a team specialistici e processi verticali, la GenAI si diffonde rapidamente, anche grazie a un’interfaccia d’uso intuitiva che facilita l’adozione trasversale, spontanea e spesso anche ludica da parte di utenti non esperti.
L’intelligenza artificiale agentica
La terza forma, la più recente, è quella dell’intelligenza artificiale agentica. Dal punto di vista tecnico, non introduce elementi tecnologici radicalmente nuovi: di fatto, combina AI tradizionale e generativa. Tuttavia, nella sostanza costituisce – come sopra accennato – una vera e propria rivoluzione nella rivoluzione, “la” rivoluzione. L’intelligenza artificiale agentica (o AI agent) è infatti un sistema capace di pianificare ed eseguire autonomamente piani complessi per conto dell’utente, intervenendo direttamente su piattaforme e sistemi esterni. Non si limita a reagire a input, ma è in grado di definire e coordinare un piano operativo fra più AI agents, adattarsi a imprevisti, raccogliere informazioni aggiuntive e modificare il proprio piano d’azione in funzione dei risultati ottenuti.
Attiva, gestisce e combina più moduli specializzati (i cosiddetti sub-agenti) per raggiungere obiettivi specifici. Se l’intelligenza artificiale tradizionale è efficace nel sostituire mansioni ripetitive e standardizzate, come l’elaborazione di fatture o il supporto diagnostico, l’AI agentica inizia a incidere su ruoli più dinamici e complessi, tipici del junior management — come project manager, assistenti operativi o coordinatori — grazie alla sua capacità di pianificare, adattarsi e gestire autonomamente flussi di lavoro articolati. Ciò, in combinazione con l’intelligenza artificiale generativa, genera dinamiche di azione e trasformazione aziendale estremamente interessanti che meritano approfondimento nelle due sezioni seguenti.
I primi dati sull’adozione dell’AI agentica nelle imprese
La differenza tra le tre principali forme di intelligenza artificiale — tradizionale, generativa e agentica — è quindi profonda, più per le implicazioni strategico-organizzative che per aspetti puramente tecnologici. All’Università di Pavia, insieme al centro di ricerca ITIR, abbiamo avviato un progetto di approfondimento sul tema, combinando un’indagine quantitativa con una serie di casi studio. Sebbene la ricerca sia ancora in corso, presentiamo qui un’anteprima di alcuni risultati preliminari. Superata la soglia dei 2.000 rispondenti nel nostro studio cross-settoriale, focalizzato su imprese di medie e grandi dimensioni, stanno emergendo tendenze interessanti.
I nostri dati confermano che l’adozione dell’IA generativa è significativamente più diffusa rispetto alle altre forme: il 57,1% dei partecipanti dichiara di utilizzarla, contro il 28,1% per l’IA agentica e il 15,2% per quella tradizionale. Il dato sorprendente è che l’IA agentica — nonostante sia una novità relativamente recente e ancora poco compresa — ha già superato quella tradizionale in termini di diffusione. Va però sottolineato che l’IA tradizionale resta tutt’altro che superata: il termine “tradizionale” si riferisce al paradigma tecnico originario, ma queste tecnologie continuano a rappresentare un pilastro fondamentale e attuale nel panorama applicativo dell’AI.
Per quanto riguarda il tipo di supporto fornito alle attività lavorative, le differenze tra le varie forme di AI risultano meno marcate. Complessivamente, l’AI si dimostra particolarmente utile per liberare tempo da dedicare ad attività a maggiore valore aggiunto (24,6%), favorire l’innovazione (22,4%) e supportare i processi decisionali (20,2%) — ambiti nei quali le tre tipologie mostrano impatti simili. Dati che variano poco fra AI tradizionale ed agentica. Secondo la nostra interpretazione, la somiglianza degli impatti dichiaratinon implica che siano forme di AI equivalenti: la nostra ipotesi è che la differenza tra le diverse tipologie non sia ancora pienamente compresa dagli utenti. Per molti, si tratta di tecnologie percepite come omogenee, con scarsa consapevolezza su come sfruttarle al meglio e su quali criteri valutare il loro impatto.
Impatti percepiti e differenze tra le tipologie di AI
L’IA generativa mostra percentuali leggermente inferiori rispetto alle altre due categorie in quasi tutte le dimensioni analizzate. Questo sembra riflettere una percezione di utilità più ristretta o ancora legata a usi sperimentali e marginali rispetto ai processi core dell’organizzazione e del business.
Infine, abbiamo analizzato anche l’impatto percepito dell’AI sul vantaggio competitivo aziendale. Ed è proprio qui che emerge un risultato particolarmente interessante: nei contesti in cui l’adozione è già avviata e matura, l’IA agentica risulta quella con l’impatto competitivo percepito più elevato (27%), seguita dall’IA tradizionale (25%) e, con netto distacco, dall’IA generativa (12%).
Una diffusione rapida e trasversale dentro le organizzazioni
Se mettiamo in relazione questi primi risultati quantitativi con quanto sta emergendo dai casi studio in corso — tra cui ci piace citare realtà come la malese Mindvalley e l’italiana Caffeina, ma anche altre imprese di grandi dimensioni il cui nome per ora resta riservato — si iniziano già a delineare alcune considerazioni cruciali sull’intelligenza artificiale agentica. Siamo davanti a una rivoluzione silenziosa ma potentissima, profondamente diversa da quella dell’AI tradizionale.
L’Agentic AI si diffonde con una velocità sorprendente, senza bussare alla porta, spesso passando dai canali latenti dell’organizzazione grazie a fenomeni come la Shadow AI o il cosiddetto Bring Your Own AI (BYOAI). Si insinua nei flussi di lavoro di tutti, si adatta, contamina. In questo senso, assomiglia più a un virus che a una tecnologia tradizionale: non chiede permesso, ma si integra. E, a differenza di un virus, il “corpo ospite” — l’organizzazione — ne esce trasformato, di sicuro in meglio sotto molti aspetti… ma anche con qualche lato “oscuro” su cui occorre interrogarsi e tenere vivo il dibattito.
Un processo di cambiamento dove si vivono esperienze con risultati clamorosi da subito, nel breve tempo e con sforzi relativamente limitti (rispetto all’output ottenuto). Nei casi osservati, abbiamo documentato impatti davvero notevoli su talune attività, anche di tipo creativo: progetti complessi portati a termine in tempi record, senza che gli utenti dovessero padroneggiare competenze tecniche avanzate. Ciò però non deve portare all’illusione sia tutto semplice: tempo e risorse risparmiati vanno reinvestiti in altre attività, come il motoraggio dei risultati o il faticosissimo ma fondamentale meccanismo per restare aggiornati rispetto ad uno scenario tecnologico che evolve a ritmi folli.
C’è ancora molto da esplorare, ma una cosa è certa: l’Agentic AI segna un cambiamento epocale, che non segue i percorsi già battuti della digital transformation. Si diffonde con logiche nuove, decentralizzate, trasversali, e impone una sfida culturale e organizzativa senza precedenti. Non basta adottarla. Bisogna imparare a conviverci, e soprattutto, a governarla.
Potenziale dell’AI agentica in banca e finanza
Fra i campi in cui l’intelligenza artificiale agentica può sprigionare il massimo potenziale, il settore bancario-finanziario occupa un ruolo di assoluto primato. Le motivazioni, strettamente interconnesse, si articolano lungo cinque direttrici principali:
- Ricchezza di dati strutturati e di qualità. Le banche gestiscono flussi costanti di dati finanziari, comportamentali, di rischio e normativi che vengono raccolti, validati e aggiornati con rigore. Se è vero che questa è una condizione ottimale in generale per ogni forma di AI, per sistemi agentici – che eccellono quando possono ragionare su contesti ricchi di segnali – questa densità informativa costituisce un fattore decisivo, in quanto consente di apprendere relazioni causali, pianificare azioni e adattarsi in tempo reale con un grado di precisione difficilmente replicabile in altri comparti.
- Elevato livello di regolamentazione. La complessità normativa, spesso percepita come freno all’innovazione, diventa un campo di applicazione privilegiato per agenti specializzati. Modelli dotati di memoria a lungo termine e capacità di ragionamento simbolico possono automatizzare il monitoraggio della compliance, redigere impact-assessment normativi su documentazione di migliaia di pagine e allertare i team di risk management non appena emergono scostamenti dai threshold regolamentari.
- Contesto dove spesso sono frequenti processi formalizzati ma frammentati. Front-, middle- e back-office sono governati da procedure rigorose, ma spesso distribuite fra sistemi legacy eterogenei e diversi livelli decisionali. Agenti orchestratori sono in grado di «stitch-up» questi silos: interpretano policy, avviano flussi di lavoro su più piattaforme, negoziano permessi e consegnano output coerenti end-to-end.
- Pressione su margini, efficienza e velocità di innovazione. In un contesto di tassi volatili e concorrenza fintech, le banche cercano leve per ridurre costi unitari senza sacrificare la qualità del servizio. Gli agenti scalano linearmente con l’infrastruttura, non con il personale, e possono quindi comprimere i cost-to-income ratio.
- Personalizzazione di massa dei servizi alla clientela. La domanda dei clienti si orienta sempre più verso consulenze e prodotti «iper-personalizzati» che richiedono la ricomposizione istantanea di dati di portafoglio, preferenze ESG, obiettivi di vita e tolleranza al rischio. Agenti conversazionali e agentici di nuova generazione possono coniugare un livello di interazione «quasi umano» con la potenza di calcolo necessaria a simulare scenari di pianificazione finanziaria in tempo reale, mantenendo la coerenza con i vincoli regolamentari e patrimoniali e sempre con un approccio “human in the loop”.
In breve, l’intelligenza agentica fornisce al sistema bancario gli strumenti per trasformare tali precondizioni in un differenziale competitivo fatto di automazione cognitiva, trasparenza e scalabilità. A differenza dell’AI tradizionale — comunque insostituibile per analytics mirati come fraud detection o credit scoring — e della generativa, utile a redigere documenti o gestire il dialogo con il cliente, gli agenti autonomi pianificano e coordinano interi flussi di lavoro, integrando in modo strategico le funzioni di entrambe.
Si avvia così, fra l’altro, una nuova stagione di Business Process Re-engineering secondo nuovi paradigmi: non più la mera ridisegnazione manuale dei processi, ma la loro continua ottimizzazione guidata da agenti capaci di apprendere, decidere e agire in autonomia.
Appare utile riportare alcuni ambiti specifici che si prestano alla rivoluzione sopra citata. In primo luogo, ovviamente la Gestione del Rischio e la definizione Strategie di Investimento. L’AI agentica eleva l’automazione nella gestione del rischio e negli investimenti finanziari. Agenti IA sofisticati analizzano enormi volumi di dati finanziari storici, tendenze di mercato e indicatori economici per generare previsioni dettagliate. La loro capacità di identificare proattivamente rischi emergenti e opportunità finanziarie non si limita all’analisi predittiva, come in passato. Introducono una componente di “definizione strategica”, dove l’interazione uomo-macchina può migliorare significativamente l’accuratezza delle decisioni, riducendo il rischio di errore. Ad esempio, un agente può monitorare in tempo reale un flusso continuo di dati non strutturati – analizzando notizie globali per rilevare tensioni su una catena di fornitura, elaborando dati satellitari per misurare il calo di traffico in un distretto commerciale, e correlando questi segnali con le transazioni dei conti correnti di aziende esposte. Se un agente rileva un pattern di rischio emergente, come nel settore immobiliare commerciale, può autonomamente: a) Re-parametrizzare dinamicamente i modelli di scoring per i nuovi prestiti in quel settore; b) Avviare simulazioni di stress test sul portafoglio esistente; c) Segnalare clienti specifici per una revisione umana proattiva, fornendo un report dettagliato che motiva la sua decisione.
L’Agentic AI sta avendo un impatto rilevante anche nella Consulenza Finanziaria e Wealth Management, aprendo la strada agli “Financial Guardian Agent”: un consulente AI personale per ogni cliente, pur mantenendo un approccio “human in the loop” che coinvolge sia il cliente che il consulente finanziario tradizionale. Questo agente non si limita a generare report, ma agisce come un fiduciario digitale proattivo, con una visione olistica del profilo del cliente (conti, investimenti, mutui, polizze, obiettivi di vita).
Altro ambito centrale è la Compliance e l’Antiriciclaggio (AML). Di fronte a un’attività sospetta, l’agente può autonomamente tracciare complesse catene di transazioni attraverso decine di conti e giurisdizioni, identificando schemi di “layering” (stratificazione) troppo articolati per essere individuati da un analista umano in tempi ragionevoli. L’agente non si limita all’identificazione: raccoglie autonomamente i dati contestuali (profili dei clienti, notizie avverse, cronologia delle transazioni), redige una bozza di Segnalazione di Operazione Sospetta (SOS) completa di narrativa e prove documentali, e la sottopone al compliance officer per la validazione finale. Questo non solo riduce i tempi di indagine da giorni a minuti, ma aumenta drasticamente la qualità e la coerenza delle segnalazioni, liberando risorse umane per analisi strategiche a più alto valore aggiunto.
Al di là dei prodotti finanziari personalizzati, l’AI agentica rivoluziona il modo in cui il cliente viene supportato, potenziando la capacità di offrire elevata personalizzazione del Servizio al Cliente su larga scala. Agenti conversazionali avanzati sono in grado di comprendere il sentiment del cliente, fornire consulenze finanziarie personalizzate basate su dati individuali e offrire raccomandazioni proattive su prodotti e servizi. Possono assistere nei processi di onboarding e nella gestione degli account 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Questo livello di interazione predittiva e su misura è decisivo per la customer satisfaction, l’efficienza operativa e un maggiore coinvolgimento dei clienti.
Gli ambiti applicativi sono poi anche molti altri: dagli approcci innovativi alla gestione delle frodi, all’automazione completa del ciclo documentale – dall’onboarding alla concessione del credito – fino al project management, dove gli agenti orchestrano attività, scadenze e verbali con efficienza predittiva. E così via.
A differenza delle precedenti ondate tecnologiche — dominate da attori emergenti come il fintech e le challenger banks (es. Revolut, N26) — l’avvento dell’Agentic AI apre una nuova era: anche le grandi banche tradizionali si pongono ora in modo differente. Non solo perché dispongono di risorse e dati storici, ma perché il percorso di adozione dell’AI agentica è radicalmente diverso. Questa tecnologia si innesta inizialmente nei sistemi esistenti, migliorando sensibilmente processi e servizi senza richiedere rivoluzioni organizzative. Solo in una seconda fase, più matura, abilita in modo fluido in un certo senso “silente” trasformazioni strutturali e dirompente a livello di modello di business. Il cambiamento può avvenire in modo “gentile” e decentralizzato, partendo da use case mirati in cui l’agentic AI si radica e si diffonde progressivamente, trasformando l’operatività in profondità.
Ambiti applicativi e trasformazioni strategiche dell’AI egentica nel mondo della finanza
La sfida non è introdurre un singolo agente, ma costruire un ecosistema in cui decine di agenti specializzati cooperano sotto una regia strategica. La banca del futuro non sarà solo un fornitore di prodotti, ma un gestore di intelligenza: il suo valore consisterà nella capacità degli agenti di tutelare e far crescere il benessere finanziario del cliente, in modo personalizzato, proattivo e affidabile. Dove il valore competitivo differenziante nascerà da chi più di tutti saprà generare le migliori sinergie fra agente virtuale ed umano.
Naturalmente, questa trasformazione pone anche interrogativi etici e regolatori. Ad esempio, Banca d’Italia ha recentemente evidenziato la necessità di rafforzare i sistemi di governance del rischio per l’impiego di LLM nel settore finanziario. Ma la rivoluzione è già in corso — e presto segnerà un solco profondo tra chi investirà in questa traiettoria e chi resterà indietro.
Non vi sarà una netta distinzione tra chi adotterà l’intelligenza artificiale agentica e chi non lo farà: la sua natura pervasiva la renderà inevitabilmente parte integrante di ogni organizzazione. La vera differenza risiederà, innanzitutto, nella capacità di comprendere e distinguere le diverse forme di AI — tradizionale, generativa e agentica — e di valorizzarle strategicamente. Le ultime due, in particolare, rappresentano innovazioni incrementali dirompenti: liberano tempo e risorse umane, rendendo possibile un salto qualitativo verso forme più avanzate di innovazione. In secondo luogo, se è vero che l’AI agentica può generare risultati straordinari con sforzi relativamente contenuti in ambiti trasversali a tutte le funzioni aziendali, è altrettanto vero che non ci si può limitare a raccoglierne i frutti. Non basta comportarsi da “cicala” godendo dei benefici: occorre anche agire da “formica”, reinvestendo il tempo liberato in attività ad alto valore aggiunto — come il ripensamento continuo dei workflow, la supervisione degli output e l’aggiornamento costante delle competenze rispetto allo sviluppo esponenziale del dominio AI. La vera sfida sarà proprio questa: tenere il passo con un’evoluzione così rapida da mettere alla prova la nostra stessa capacità cognitiva di adattamento.
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