46,5 miliardi e un triennio da 112 miliardi

Redazione Economia
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Le banche italiane chiudono il 2024 con un nuovo primato: 46,5 miliardi di euro di utile netto, segnando un incremento del 14% rispetto all’anno precedente, quando i profitti si erano attestati a 40,8 miliardi. Un dato che, come sottolinea l’ultimo rapporto della Federazione autonoma bancari italiani (Fabi), conferma la solidità del settore, nonostante le incertezze economiche degli ultimi anni. Se si allarga lo sguardo all’intero triennio 2022-2024, gli istituti di credito hanno accumulato utili per oltre 112 miliardi, cifra che non ha precedenti nella storia recente.

A trainare questa crescita, più che l’aumento del volume di prestiti o la riduzione dei costi, sono stati soprattutto i tassi d’interesse elevati, decisi dalla Banca centrale europea per contrastare l’inflazione. Una politica monetaria che, se da un lato ha reso più onerosi i mutui per le famiglie e i finanziamenti per le imprese, dall’altro ha gonfiato i margini delle banche, le quali hanno beneficiato di un differenziale favorevole tra tassi attivi e passivi. «Il contesto macroeconomico ha creato le condizioni per una redditività eccezionale», si legge nel documento della Fabi, che però evita di approfondire le ricadute sociali di questo fenomeno.

Non tutti i segmenti del settore, tuttavia, hanno registrato performance omogenee. Le banche più grandi, quelle con un’ampia base di clienti retail e una solida presenza internazionale, hanno visto crescere i profitti in modo più marcato rispetto ai piccoli istituti locali, spesso costretti a operare in mercati saturi e con margini più ridotti. Senza contare che, come dimostrano alcune inchieste giudiziarie degli ultimi mesi, il sistema non è immune da criticità: casi di usura e sovraindebitamento, seppur circoscritti, continuano a emergere in diverse regioni, alimentando il dibattito sull’accesso al credito per le fasce più vulnerabili.