Pensioni, adesso ci vai solo con questi anni di contributi. Ecco il minimo previsto


Andare in pensione in Italia non è solo una questione di età: servono anche gli anni giusti di contributi.

Ma ad oggi, quanti ne bastano davvero per smettere di lavorare? La risposta non è unica, perché il nostro sistema previdenziale prevede una serie di requisiti minimi che cambiano a seconda della misura scelta, dell’anzianità contributiva, della data di inizio dell’attività lavorativa e, in alcuni casi, anche della categoria di appartenenza del lavoratore.

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C’è chi può andare in pensione con appena 5 anni di contributi, ma solo dopo aver compiuto i 71 anni e a determinate condizioni, mentre altri possono sfruttare opzioni anticipate con 15, 20, 30, 35 o 41 anni di versamenti, accedendo in alcuni casi al trattamento pensionistico persino prima del compimento dei 67 anni. Per chi invece ha versato pochi contributi e non raggiunge il minimo richiesto, resta la possibilità di ottenere un sostegno economico attraverso l’Assegno sociale, riservato a chi non ha maturato il diritto alla pensione ma vive in condizioni economiche disagiate.

Ecco perché è fondamentale conoscere nel dettaglio quali sono le soglie minime di contributi richieste dalla legge per ciascuna via d’uscita. In un sistema che premia chi ha lavorato di più, conoscere il minimo necessario per accedere alla pensione può fare la differenza tra continuare a lavorare o iniziare una nuova fase della vita.

Pensione con 5 anni di contributi

In Italia, il limite minimo assoluto per andare in pensione è fissato a 5 anni di contributi, ma si tratta di un’opzione riservata a pochi. Questa possibilità è infatti accessibile solo ai contributivi puri, ossia a chi ha iniziato a versare contributi dopo il 1° gennaio 1996 e non ha alcuna anzianità precedente.

Anche rispettando questo requisito, l’uscita dal lavoro non è immediata: occorre attendere il compimento dei 71 anni di età, una soglia che va ben oltre l’età legale ordinaria. Si tratta quindi di una possibilità utile soprattutto per chi ha avuto carriere molto brevi o discontinue, ma che comunque ha bisogno di una forma di pensione pubblica nella vecchiaia.

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Esiste però un’alternativa: anche con soli 5 anni di contributi è possibile accedere al pensionamento in qualsiasi momento, senza dover attendere i 71 anni, ma solo in presenza di gravi condizioni di salute. È il caso di chi ha una capacità lavorativa ridotta a meno di un terzo a causa di infermità fisica o mentale. Se almeno 3 anni di contributi sono stati versati nei 5 anni precedenti alla domanda, si può richiedere l’assegno ordinario di invalidità oppure la pensione di inabilità totale (in caso di invalidità al 100%). In questo scenario, l’età non conta: si tiene conto, infatti, perlopiù della condizione sanitaria.

Pensione con 15 anni di contributi

Solitamente per l’accesso alla pensione di vecchiaia a 67 anni di età sono richiesti, come vedremo di seguito, 20 anni di contributi. Tuttavia, per coloro che rientrano in una delle tre Deroghe Amato ne sono sufficienti 15 anni. Ciò è possibile qualora:

  • i 15 anni di contributi siano stati maturati entro il 31 dicembre 1992;
  • entro il 26 dicembre 1992 l’interessato sia stato autorizzato al versamento volontario dei contributi;
  • l’anzianità assicurativa sia almeno pari a 25 anni, mentre almeno 10 anni devono risultare lavorati in modo discontinuo. È necessario aver maturato almeno un contributo settimanale nel sistema retributivo, quindi entro il 31 dicembre 1995.


Pensione con 15 anni di contributi, solo con deroghe Amato e non con opzione Dini

Pensione con 20 anni di contributi

Diversamente, alla pensione di vecchiaia si accede una volta raggiunti i 20 anni di contributi e al compimento dei 67 anni di età.

Pensione con 25 anni di contributi

Con 25 anni di contributi è possibile anche anticipare l’accesso allapensione al compimento dei 64 anni, possibilità tuttavia riservata ai soli contributivi puri (ossia chi ha iniziato a maturare contributi dopo il 1996). Per questi, infatti, la pensione anticipata si raggiunge una volta che tutti i seguenti requisiti vengono soddisfatti:

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  • 64 anni di età;
  • 25 anni di contributi;
  • importo della pensione non inferiore a 3 volte il valore dell’Assegno sociale (2,8 volte per le lavoratrici con un figlio, 2,6 volte per quelle con almeno 2 figli).

In tal caso quindi il pensionamento potrà essere anticipato di 3 anni rispetto a quanto previsto dalla normativa vigente.

Pensione con 30 anni di contributi

Con 30 anni di contributi è possibile invece anticipare l’uscita dal lavoro ricorrendo all’anticipo pensionistico conosciuto anche come Ape sociale. Confermato anche per il 2025, questo consente di uscire dal mercato del lavoro all’età di 63 anni e 5 mesi, percependo nel contempo un’indennità sostitutiva della pensione.

A potervi accedere, però, sono solamente i disoccupati di lungo periodo, gli invalidi (almeno al 74%), i caregiver e i lavoratori addetti a mansioni gravose. E per quest’ultimi sono richiesti 36 anni di contributi, eccetto il caso dei lavoratori dell’edilizia per i quali ne sono sufficienti 32 anni.

Pensione con 35 anni di contributi

Con 35 anni di contributi, purché versati entro il 31 dicembre 2023, è possibile accedere a Opzione donna, riservata alle lavoratrici che:

  • hanno compiuto i 61 anni entro il 31 dicembre 2023;
  • hanno compiuto i 60 anni entro il 31 dicembre 2023 e hanno almeno 1 figlio;
  • hanno compiuto i 60 anni entro il 31 dicembre 2023 e hanno almeno 2 figli.

E non basta: per andare in pensione con Opzione donna, infatti, bisogna appartenere a una delle seguenti categorie:

  • lavoratrici licenziate o dipendenti da imprese per le quali è attivo un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale. Per queste vale sempre il requisito anagrafico di 58 anni.

Anche Opzione Donna è stata confermata nel 2025, estendendo così la possibilità di smettere di lavorare in anticipo anche alle lavoratrici che ne maturano i requisiti entro il 31 dicembre 2024.


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Pensione con 41 e più anni di contributi

Per chi ha maturato almeno 41 anni di contributi vi è la possibilità di andare in pensione molto prima rispetto ai 67 anni indicati dalla pensione di vecchiaia, Ad esempio, grazie a Quota 103, confermata anche nel 2025, una volta raggiunti 41 anni di contributi è possibile andare in pensione a 62 anni di età.

Diversamente, con Quota 41 il diritto alla pensione si raggiunge indipendentemente dall’età anagrafica, in quanto è sufficiente una contribuzione di 41 anni. Tuttavia, tale opzione è riservata ai soli lavoratori precoci, ossia chi ha maturato 12 mesi di contributi entro il compimento dei 19 anni di età, che fanno parte di una delle seguenti categorie:

  • disoccupati di lungo periodo;
  • invalidi almeno al 74%;
  • caregivers;
  • addetti a lavori gravosi.

Da tempo si discute della possibilità di estendere la possibilità di andare in pensione con 41 anni di contributi a tutti i lavoratori, così da superare quanto stabilito dalla legge Fornero per quanto riguarda la pensione anticipata, ossia quell’opzione per cui il collocamento in quiescenza avviene, indipendentemente dall’età, al raggiungimento di:

  • 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini;
  • 41 anni e 10 mesi di contributi per le donne.

Tuttavia, per il momento non ci sono possibilità per un accordo su Quota 41 per tutti, per quanto per il prossimo anno si sta ragionando su una nuova misura flessibile che dovrebbe andare a vantaggio di una platea più ampia di lavoratori.

Come i contributi versati incidono sull’importo della pensione

Come visto sopra per andare in pensione in Italia serve un numero di contributi variabile in base alla misura a cui si ricorre.

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Per quanto comunque è bene sapere che più sono gli anni di lavoro e maggiori possibilità ci sono di ottenere un assegno di importo soddisfacente. Ciò vale tanto per la parte di pensione calcolata applicando il sistema retributivo (quindi per i periodi antecedenti al 31 dicembre 1995), dove per ogni anno di contributi spetta il 2% della retribuzione pensionabile, quanto per quella con il contributivo. Con quest’ultimo, infatti, la pensione è calcolata considerando i contributi effettivi versati dal lavoratore, pari solitamente al 33% dello stipendio percepito per i lavoratori dipendenti. Più sono gli anni di lavoro quindi e più si presuppone che il montante contributivo sarà più alto. Andare in pensione con 5 anni di contributi non sarà quindi lo stesso di andarci con 20, 30 o 40.


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Concludiamo parlando di una misura che di fatto non rientra tra le opzioni di pensionamento ma che è allo stesso modo importante dal momento che si rivolge a tutti coloro che al compimento dei 67 anni non hanno maturato sufficienti contributi per accedere alla pensione di vecchiaia.

Ci riferiamo all’Assegno sociale che, non è un caso, da molti viene chiamato ancora “pensione” sociale. Con questo strumento spetta un assegno mensile il cui importo nel 2025 è pari a 538,68 euro (per tredici mensilità), ma solo per chi soddisfa determinati requisiti reddituali.

Nel dettaglio, per avere diritto a questa misura, per la quale non è richiesto alcun contributo previdenziale consentendo così di accedervi anche a chi non ha mai lavorato, è necessario avere un reddito non superiore all’importo annuo dell’Assegno sociale stesso, pari quindi a 7.002,84 euro. Spetta però per intero solo a chi ha un reddito pari a zero.

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