Sanzioni, pro e contro
Fino ad oggi, il bilancio è misto. Le sanzioni finanziarie e commerciali – che includono l’esclusione di molte banche dal sistema Swift, il congelamento di asset, limiti all’export di tecnologia e il price cap sul petrolio – hanno indubbiamente eroso la capacità produttiva e il potenziale di crescita della Russia. Ma Mosca ha trovato vie alternative, in particolare grazie all’alleanza energetica con Cina e India, che acquistano petrolio russo a prezzi scontati, ma garantendo comunque entrate sufficienti a tenere in piedi la macchina bellica. La resilienza economica si spiega anche con l’adattamento interno: il Cremlino ha dirottato risorse verso l’industria della difesa, ha sostenuto le imprese strategiche con sussidi e prestiti agevolati, e ha incentivato il consumo interno per contenere il malcontento. Una “economia di guerra” a tutti gli effetti, che però mostra segni di logoramento. Secondo stime della Banca Centrale russa, i tassi d’interesse hanno superato il 20%, mentre l’inflazione resta oltre il 12%. Il rublo ha perso valore, i salari reali si sono ridotti e la pressione fiscale sulle imprese non strategiche è aumentata.
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