«In questo momento in Veneto abbiamo attivato strumenti per il credito pari a 344 milioni di euro, da cui si prevedono di generare investimenti per un miliardo e 700 milioni. È l’operazione più robusta in termini di credito mai messa in campo nella storia della Regione. La nostra parte l’abbiamo fatta, ciò che manca ora è una banca veneta in grado di dialogare con i nostri piccoli, medi e micro imprenditori con quella sensibilità che solo una banca locale può avere. Credito che serve particolarmente adesso, in una congiuntura economica che alla crisi internazionale e all’aumento dei costi energetici unisce una politica di dazi, ma di fronte alla quale sono certo i nostri straordinari imprenditori reagiranno come sempre con slancio e passione». L’assessore regionale allo sviluppo economico Roberto Marcato (nel video) ha presentato con queste parole il nuovo Piano del Credito per il Veneto, uno strumento organico da 344 milioni di euro per favorire l’accesso al credito delle imprese e accompagnarle in una fase di forte trasformazione economica, gravata da tensioni internazionali, dazi e difficoltà di approvvigionamento.
All’incontro a Venezia, alla presenza delle categorie economiche, dei rappresentanti dei confidi, del sistema bancario e di quello camerale, hanno partecipato il presidente di Veneto Sviluppo Fabrizio Spagna con il direttore Mauro Trapani, l’amministratore unico di Veneto Innovazione Guido Beghetto, il segretario di Cgia Mestre Renato Mason con Daniele Nicolai dell’ufficio studi e il direttore dell’area politiche economiche della Regione Santo Romano.
«Ci sono alcune criticità da considerare oggi – ha dichiarato Mason, fornendo i dati sul credito in Veneto – dopo un triennio in cui cala il credito verso le piccole e medie imprese anche nel periodo in cui lo Stato è intervenuto potenziando la garanzia pubblica. Innanzitutto manca una banca veneta. Ci sono le Bcc che svolgono un ruolo meritorio ma con dei limiti, se pensiamo a quanto fanno Unipol e Bpr nella vicina Emilia. Poi, le imprese venete non riescono ad ottenere credito, ed anzi, sotto determinate soglie le banche rifiutano addirittura di discuterne l’erogazione. In terza battuta, l’intervento pubblico statale ed europeo è indirizzato il più delle volte verso obiettivi che poco hanno a che fare con le esigenze delle imprese venete, che hanno bisogno di capitale circolante e di strumenti innovativi. Infine, la finanza innovativa, la “fintech”, che propone prodotti inadeguati al nostro sistema di impresa perché spesso esclude imprese individuali o con bilanci bassi o senza capitale sociale».
Da queste premesse si è mosso il nuovo Piano del Credito, che eredita le misure attivate dalla Regione Veneto negli ultimi 10 anni, nei quali sono stati messi in campo 1,2 miliardi di euro che hanno generato oltre 6 miliardi di investimenti e sostenuto più di 100mila imprese.
Solo sul fronte del credito, sono stati stanziati 513 milioni di euro, che hanno generato oltre 5 miliardi di investimenti. Il nuovo Piano mette in campo 344 milioni di euro per nuove misure destinate a migliorare l’accesso al credito e a sostenere l’innovazione, la competitività e l’attrattività del sistema produttivo regionale. Tra queste: 30 milioni per prestiti agevolati fino a 150mila euro (elevabili a 200mila per i settori moda e automotive); 36,2 milioni per la riassicurazione fino al 90% dell’importo garantito; per le filiere produttive e l’attrazione di investimenti 54 milioni; 35 milioni del Fondo di Sviluppo e Coesione, di cui 21 per il Fondo Anticrisi e 14 milioni per la Sezione Transizione; 10 milioni di Basket Bond Veneto che consente a più imprese di emettere obbligazioni congiunte; e 179 milioni di minibond e equity già attivati.
Il Piano punta anche su strumenti finanziari alternativi e più flessibili, destinati in particolare alle realtà solide ma meno servite dal credito bancario tradizionale. In particolare, il Fondo Veneto Minibond da 48,5 milioni (20 da risorse Veneto Sviluppo e 28,5 da fondi BCC) permette alle imprese di raccogliere risorse per espansione, riorganizzazione e internazionalizzazione, condividendo il rischio con investitori istituzionali. Vi sono poi strumenti di equity e quasi-equity, 130 milioni di euro attivati tramite partecipazioni societarie dirette e i fondi chiusi Fondo Sviluppo PMI 1 e 2 pensati per rafforzare il capitale delle imprese, finanziare operazioni straordinarie e sostenere progetti strategici per il territorio.
«Con questo Piano rafforziamo il presidio pubblico e apriamo la strada a una finanza evoluta, sostenibile, al servizio dell’economia reale – ha commentato Marcato – In questi anni come Regione siamo riusciti a ridurre in maniera significativa la distanza fra il mondo delle imprese e il mondo della ricerca e siamo riusciti ad approvare la legge sull’attrazione degli investimenti, il nuovo Piano energetico con un valore di produzione di 9,7 miliardi, la legge sull’artigianato e non ultima la Zls. Serviva ora una visione organica, complessiva, sul tema del credito, non solo una leva tecnica, ma una vera e propria politica industriale: da qui il Piano per il Credito, una risposta potentissima a favore delle imprese venete».
Ma durante la presentazione del Piano sono stati diffusi anche dati allarmanti. In Veneto gli impieghi vivi alle imprese sono calati del 36% dal 2012 al 2025, con punte di oltre il -48% in provincia di Rovigo e un -31% a Verona. Solo nell’ultimo anno si registra un’ulteriore contrazione dell’8%, a fronte di un aumento delle difficoltà di accesso al credito, soprattutto per le realtà di piccole dimensioni. E di fronte a queste cifre e al piano regionale, il direttore di Fidi Artigiani Verona Stefano Bertani ha commentato: «Le nostre imprese hanno bisogno di strumenti rapidi, snelli e calibrati sulla loro reale capacità operativa. Spesso ci troviamo di fronte a misure pensate per aziende strutturate, mentre l’artigianato ha esigenze differenti: capitali oggettivamente minori, ma molto decisivi. Il piano è una risposta positiva, ma perché abbia successo servirà una forte collaborazione con i Confidi, una regia condivisa e soprattutto uno sforzo di semplificazione. Le micro e piccole imprese devono poter accedere a queste risorse senza ostacoli burocratici, altrimenti il rischio è che restino escluse anche stavolta».
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