Stellantis ha annunciato nuovi investimenti in Marocco, e in Italia qualcuno si è arrabbiato


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Il gruppo automobilistico Stellantis ha inaugurato il cantiere di ampliamento dello stabilimento di Kenitra, in Marocco, dove nei prossimi anni saranno investiti 1,2 miliardi di euro per produrre nuovi modelli, alcuni dei quali trasferiti dall’Europa. La produzione passerà da 200mila a 535mila auto all’anno, e per raggiungere questo obiettivo saranno assunte 3.100 persone. Durante la cerimonia di inaugurazione Samir Cherfan, amministratore delegato di Stellantis per il Medio Oriente e l’Africa, ha detto che l’espansione dello stabilimento di Kenitra fa parte di un accordo con il governo marocchino che in futuro porterà altri investimenti.

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L’annuncio ha fatto arrabbiare e indignare una parte della politica italiana, in particolare la Lega e Carlo Calenda, leader di Azione, che da anni chiede a Stellantis di assumersi le responsabilità per la crisi dei suoi stabilimenti italiani: Stellantis è il gruppo che è nato dalla fusione tra il gruppo PSA (Peugeot) e FCA, che a sua volta era nato dalla fusione tra Fiat e Chrysler.

«Siamo sconcertati dalla scelta assurda di Stellantis di investire miliardi in Nord Africa e assumere lavoratori in Marocco, quando per decenni l’azienda ha volentieri goduto di denaro elargito dalle casse pubbliche italiane», ha scritto in una nota il dipartimento Economia della Lega.

Calenda invece ha scritto che il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso dovrebbe chiamare John Elkann, presidente di Stellantis, e «chiedergli conto dell’ennesima presa per i fondelli». Negli ultimi anni infatti Stellantis aveva promesso al governo di tornare a investire negli stabilimenti italiani, ma questi investimenti poi non si sono visti. Migliaia di dipendenti sono in cassa integrazione da anni, perché Stellantis ha deciso di limitare la produzione in Italia e puntare all’estero.

Kenitra, in Marocco, è solo l’esempio più recente di questa strategia. Nello stabilimento marocchino verranno prodotte la Fiat Topolino, la Citroën Ami e Opel Rocks-e; nell’ampliamento troveranno spazio nuove linee di produzione di motori ibridi e veicoli elettrici a tre ruote, progettati dagli ingegneri del centro tecnico aperto proprio in Marocco, a Casablanca. In totale i dipendenti diretti passeranno dagli attuali 3.500 a 6.600, senza contare quelli dell’indotto che beneficeranno dell’acquisto di 6 miliardi di componenti da fornitori marocchini.

Conto e carta

difficile da pignorare

 

In Italia invece i dati sono, all’opposto, molto negativi: il sindacato metalmeccanici della CISL ha calcolato che nei primi sei mesi del 2025 la produzione è diminuita di quasi il 27 per cento rispetto allo stesso periodo del 2024, quando già le cose andavano male. Da gennaio a giugno sono state prodotte 221.885 auto e veicoli commerciali (cioè furgoni, van, autocarri, eccetera). Il calo maggiore riguarda le auto, diminuite del 33,6 per cento.

Pochi mesi fa Stellantis aveva promesso di sviluppare la nuova Fiat 500 nello stabilimento torinese di Mirafiori, di portare la produzione della Pandina nello stabilimento campano di Pomigliano d’Arco, di triplicare i volumi di produzione nello stabilimento di Melfi, in Basilicata, e di iniziare a produrre altri tre modelli di Alfa Romeo a Cassino, nel Lazio. L’ex amministratore delegato Carlos Tavares aveva promesso al governo che Stellantis sarebbe tornata a produrre almeno un milione di veicoli entro il 2030. Ai ritmi attuali sarà molto complicato rispettare quella previsione. «Urso ha capito male, il milione di veicoli era in Marocco», ha commentato Calenda.

Stellantis è in crisi perché da leader di mercato in Italia e in Europa non è stata in grado di indirizzare nel modo giusto gli investimenti sull’innovazione dei processi e dei prodotti, e ha invece puntato a rinnovare in maniera solo marginale vecchi modelli, perdendo quote di mercato e portando a un lento degrado dei suoi processi e dell’intero indotto.

Le aziende cinesi e statunitensi che negli ultimi anni hanno investito miliardi di euro in innovazione hanno guadagnato velocemente quote di mercato, iniziando a spostare parte della produzione in Europa. All’inizio dell’anno BYD, l’azienda cinese prima produttrice di veicoli elettrici al mondo, ha avviato trattative con aziende italiane che producono componenti per rifornire i nuovi stabilimenti che saranno aperti in Ungheria e Turchia.

– Ascolta anche Globo: Guiderai un’auto cinese, con Ilaria Mazzocco



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