quanto rischia di perdere a causa dei dazi di Trump


L’Italia sorpassa la Francia e i Paesi Bassi diventando il secondo esportatore mondiale di formaggi e latticini. Una filiera che, tra Grana Padano, Parmigiano Reggiano e altre eccellenze Dop, ha saputo conquistare palati in tutto il mondo, dagli Stati Uniti al Regno Unito, e che nel 2024 ha superato i 5,4 miliardi di euro in esportazioni.

Ma il settore rischia un duro colpo a causa dei dazi annunciati da Trump.

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Export formaggi cresce in Italia, ma non è indenne ai dazi di Trump

Il paradosso è evidente: proprio mentre il settore lattiero-caseario italiano sta vivendo una fase di espansione, rischia di vedere compromessi i propri successi da fattori esterni. Secondo l’ultimo rapporto Tendenze Latte dell’ISMEA, il primo trimestre del 2025 ha confermato il buon momento del comparto: le esportazioni sono cresciute del +13,8% in valore e del +3,4% in volume, con gli Stati Uniti tra i principali mercati in espansione.

Anche i consumi interni danno segnali positivi. Da gennaio ad aprile 2025, la spesa delle famiglie italiane per i prodotti lattiero-caseari è aumentata del 7,7%, grazie a una crescita nei volumi acquistati di formaggi (+4,1%) e yogurt (+5,4%). Un trend sostenuto nonostante dl’aumento dei prezzi alla stalla, che a maggio hanno raggiunto in media i 53 euro per 100 kg di latte (+15,4% su base annua).

Eppure, a fronte di questi numeri, alcuni elementi di fragilità si affacciano, come appunto l’imposizione di dazi da parte degli Stati Uniti d’America.

Quali le aziende più a rischio

Donald Trump ha promesso una serie di nuovi dazi sulle importazioni alimentari dall’Europa, annunciando tariffe del 30% sui formaggi Dop italiani, che mettono a rischio soprattutto i produttori di Grana Padano, il formaggio Dop più esportato al mondo, che solo nel 2024 ha spedito oltre 220mila forme negli Stati Uniti.

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Ma non solo, anche il Parmigiano Reggiano, che a giugno ha raggiunto il prezzo record di 13,3 euro al chilo (+21% rispetto all’anno precedente), è un prodotto simbolo che rischia di essere penalizzato da misure protezionistiche. I due formaggi rappresentano non solo un’eccellenza alimentare, ma anche una fonte di occupazione, export e identità per l’Italia. Nel 2024, insieme, hanno trainato la crescita del settore, contribuendo a rendere il nostro Paese protagonista a livello globale.

Se le barriere commerciali dovessero concretizzarsi, la perdita non sarebbe solo economica, ma anche simbolica. Il rischio è che i consumatori americani decidano di rivolgersi ad alternative meno costose, magari con prodotti di imitazione.

Qual è la posizione del Governo italiano?

Il Governo italiano ha adottato una posizione cauta e di equilibrio tra condanna dei dazi statunitensi e la volontà di salvaguardare l’export agroalimentare, senza scatenare una resa dei conti commerciale.

Il premier Giorgia Meloni ha chiarito che l’Italia – pur “ovviamente preoccupata” – non ha intenzione di fare catastrofismo, ma al contempo – ha detto – non esclude “risposte adeguate” per difendere le produzioni nazionali. Tuttavia, in diverse occasioni ha ribadito la necessità di evitare una “guerra commerciale” che danneggerebbe sia gli Stati Uniti sia l’Europa, richiamando alla prudenza e alla ricerca di una soluzione negoziale .

Il ministro Antonio Tajani (Esteri) ha dichiarato che affronterà la questione della protezione del made in Italy direttamente con l’amministrazione americana, mentre Adolfo Urso, ministro delle Imprese, sta preparando un piano di misure nazionali ed europee, compreso un possibile fondo di compensazione se i dazi dovessero entrare effettivamente in vigore.

Al momento, però, tutto è in fase di evoluzione e dipende da quello che effettivamente il presidente statunitense deciderà (o no) di fare.





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