Governo, Parlamento, Consob, normative Ue e parere Bce
Il Parlamento italiano, il 5 novembre 2024, ha approvato una mozione di ampio respiro che impone al Governo un rafforzamento significativo degli impegni finanziari nei confronti della transizione climatica. In particolare, il documento impegna l’esecutivo a incrementare il contributo annuo al Green Climate Fund, portandolo a 600 milioni di euro, e a destinare almeno 60 milioni all’Adaptation Fund, istituito per sostenere paesi colpiti dagli impatti climatici.
È stata inoltre ribadita la necessità di garantire una dotazione stabile del Fondo Italiano per il Clima (Fic) pari a 840 milioni di euro ogni anno tra il 2022 e il 2026, al fine di supportare progetti di adattamento e resilienza sul territorio nazionale. Durante la Cop28 di Dubai, nel dicembre 2023, l’Italia ha annunciato un’ulteriore dotazione di 300 milioni di euro a favore del Green Climate Fund (Gcf) per il secondo ciclo di finanziamento 2024–2027 (non al Loss and Damage Fund, come talvolta riportato erroneamente). Non risulta invece confermato un impegno specifico da parte dell’Italia per cento milioni di euro al Loss and Damage Fund.
Il documento parlamentare affianca a queste misure anche l’esortazione a utilizzare strumenti di finanza pubblica come Cdp, Sace e Invitalia per finanziare progetti “verdi”, e a promuovere a livello internazionale meccanismi antidebito come i debt for climate swap, nonché strumenti di resilienza finanziaria multilaterale.
Tuttavia, i numeri dimostrano un disallineamento concreto tra ambizione politica e risultati effettivi. L’Italia risulta collocarsi tra il 15° e il 16° posto tra i 23 paesi avanzati per intensità dei contributi alla finanza climatica, mentre stime recenti indicano che un reale allineamento agli obiettivi della Cop29 richiederebbe flussi annuali tra 14,5 e 22,6 miliardi di dollari. Nel corso del 2023, l’Italia ha investito circa 127 miliardi di euro nel settore delle energie rinnovabili, una cifra comunque inferiore ai circa 100 miliardi aggiuntivi al netto dei flussi necessari per raggiungere i target 2030, di cui una parte è coperta dal Pnrr (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza). Quest’ultimo, pur avendo stanziato 194 miliardi di euro complessivi, evidenzia un basso tasso di spesa: solo il 36 per cento dei fondi risultava impegnato fino al terzo trimestre del 2024. Inoltre, i fondi strutturali europei (Fesr, Fse+) presentano tassi di utilizzo ancora più critici, fermo al 0,7 per cento nel corso dei primi tre anni di programmazione. Dal 2012 al 2024, l’Italia ha ricavato 15,6 miliardi di euro dalle aste Ets, ma ha destinato solo il 9 per cento di tali entrate alla lotta diretta contro il cambiamento climatico. Questi dati evidenziano chiaramente la necessità di una gestione più rigorosa e coerente delle risorse, un maggiore coinvolgimento del capitale privato attraverso strumenti di de-risking e garanzie, e una maggiore trasparenza e rendicontazione dei flussi finanziari, a livello nazionale, europeo e multilaterale.
In tale contesto si inserisce il ruolo della Consob, che ha intensificato le proprie azioni per favorire la finanza sostenibile. L’Autorità partecipa attivamente al Tavolo congiunto per la Finanza Sostenibile, creato ad aprile 2024 su iniziativa del Mef, con il coinvolgimento di Banca d’Italia, Ivass e Covip. Questo organismo ha avviato gruppi di lavoro in vari ambiti strategici: in primo luogo, è stato lanciato un progetto pilota per la valutazione del rischio alluvionale a livello territoriale, con focus su aree a rischio (es. provincia di Rimini). Parallelamente, sono state sviluppate metodologie per la raccolta e la valorizzazione delle informazioni Esg relative agli immobili delle Pmi e delle famiglie, template standardizzati per facilitare la rendicontazione Esg da parte delle imprese di piccole e medie dimensioni, e strumenti per individuare i principali data gap relativi alle coperture assicurative dei rischi climatici. In parallelo, Consob partecipa alla Piattaforma Finanza Sostenibile del Mef, attiva dal 2022, volta ad armonizzare e standardizzare le informazioni Esg nel sistema finanziario, migliorare la qualità dei flussi di dati e promuovere strumenti di copertura dei rischi climatici.
Sul piano regolamentare, la Consob ha emanato il Richiamo di attenzione n. 1/24, pubblicato il 25 luglio 2024, rivolto agli intermediari affinché integrino i fattori Esg nei processi di valutazione patrimoniale e adeguatezza previsti da MiFid II, con un forte focus su trasparenza e correttezza delle informazioni precontrattuali rivolte alla clientela retail. Successivamente, il 20 dicembre 2024, l’Autorità ha diffuso il Richiamo n. 2/24, incentrato sull’informativa climatica delle società quotate, richiedendo coerenza tra la disclosure finanziaria e non finanziaria, integrazione dei rischi climatici nelle note integrative e rispetto delle aspettative delineate da Esma nei report europei. L’11 febbraio 2025 è stato pubblicato il Richiamo n. 1/25, destinato ai gestori di Oicr (organismi di investimento collettivo del risparmio), esortandoli a includere con maggiore precisione i fattori Esg nei processi decisionali, nella documentazione precontrattuale e nei rendiconti periodici, affinché si eviti il fenomeno del “greenwashing”.
Dal dicembre 2024 è attivo anche un monitoraggio dedicato sui bilanci delle società del Ftse Mib, finalizzato a verificare la qualità dell’informativa climatica, la congruenza tra dati finanziari e non finanziari e l’inserimento dei rischi ambientali nella nota integrativa, in linea con le linee guida Esma. Tutte queste misure rientrano nel Piano Strategico Consob 2025–2027, che individua la transizione sostenibile quale linea trasversale e prioritaria, e nel potenziamento della vigilanza basata su approcci “data driven” e tecnologie di intelligenza artificiale, già sperimentata nel biennio precedente (2022–2024).
A livello europeo, il 26 febbraio 2025, la Commissione ha presentato due proposte normative che mirano a modificare e posticipare alcune scadenze previste dalla Csrd (Corporate Sustainability Reporting Directive, recepita in Italia con il D.Lgs. 125/2024, in vigore dal 25 settembre 2024) e dalla Csddd (Corporate Sustainability Due Diligence Directive). Tali proposte includono: una direttiva che modifica i termini di implementazione delle suddette normative e un regolamento tecnico volto a fornire chiarimenti e armonizzare obblighi di rendicontazione e due diligence. Queste proposte intendono offrire una maggiore gradualità nel recepimento delle norme da parte degli Stati membri, in risposta alle difficoltà operative segnalate da imprese e autorità nazionali.
Negli stessi giorni, la Bce ha pubblicato un parere ufficiale sulle proposte, sottolineando l’importanza di garantire che le informazioni di sostenibilità siano disponibili in tempi utili per essere efficacemente integrate nei modelli di rischio, nei processi decisionali delle imprese e nei bilanci pubblici. La Bce evidenzia che i rinvii previsti potrebbero avere effetti diversificati: le imprese acquisirebbero maggiore flessibilità per adeguare i sistemi di governance Esg, le banche potrebbero adattarsi progressivamente ai requisiti di valutazione del rischio, e gli Stati membri avrebbero maggiore tempo per un recepimento calibrato. Tuttavia, un ritardo eccessivo potrebbe compromettere gli obiettivi strategici dell’Unione europea in tema di finanza sostenibile e transizione verde.
In conclusione, l’Italia ha costruito un solido impianto normativo a favore della finanza climatica, con interventi significativi da parte di Governo, Parlamento e Consob. Tuttavia, esiste uno scarto tangibile tra le dichiarazioni di intenti e la dotazione finanziaria e la capacità di spesa effettiva. Il rallentamento introdotto a livello europeo attraverso la revisione della Csrd e Csddd può offrire un’opportunità per un adeguamento più graduale, ma non deve diventare una scusante per la mancata mobilitazione delle risorse necessarie. Senza un’azione corale che unisca una governance efficiente, l’attivazione del capitale privato, la trasparenza dei flussi finanziari e una rendicontazione rigorosa, gli obiettivi dell’Accordo di Parigi restano difficilmente raggiungibili. È pertanto urgente un ripensamento strategico del modello di sviluppo, dove la sostenibilità diventi un motore di crescita sostenibile, innovazione e resilienza, non una mera norma da rispettare.
(*) Economista
Aggiornato il 18 luglio 2025 alle ore 10:55
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