Il progetto che ha cambiato la difesa ucraina, e ispirato l’Europa


La settimana scorsa l’Unione europea ha annunciato una nuova iniziativa congiunta con l’Ucraina nel settore della difesa. Durante la Conferenza sulla ricostruzione dell’Ucraina è stato presentato BraveTech Eu: un progetto che unisce le competenze del Fondo Europeo per la Difesa (Edf), dello Eu Defence Innovation Scheme (Eudis) e della piattaforma ucraina Brave1. In questo modo Kyjiv e Bruxelles mettono a sistema risorse e capacità, integrando il know how ucraino con i programmi europei.

Negli ultimi due anni, l’Ucraina ha compiuto enormi progressi nell’innovazione militare. Il merito è proprio di Brave1. Lanciata nel 2023, la piattaforma è nata per collegare tutti gli attori della filiera della difesa. Da allora ha permesso di moltiplicare per trentacinque la capacità produttiva nazionale e di creare un ecosistema reattivo, moderno e altamente adattivo alla minaccia russa.

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Brave1 è un’eccellenza ucraina – quindi europea – destinata a integrarsi sempre di più con le strutture e le filiere degli Stati membri dell’Unione. «Abbiamo creato un modello di sviluppo unico, basato su cicli di innovazione ultrarapidi, alimentati dal feedback diretto del campo di battaglia e dalla comunicazione costante tra produttori e militari», dice Iryna Zabolotna, vicedirettrice dell’Innovation Development Fund ucraino, di cui Brave1 fa parte.

Zabolotna ha spiegato a Linkiesta il principale punto di forza del progetto: «La grande innovazione non è tanto tecnologica, ma è nel ciclo di miglioramento estremamente veloce. Mentre negli Stati Uniti servono dieci anni per adottare una tecnologia, in Ucraina gli aggiornamenti vengono richiesti ogni tre mesi. Alcune unità militari hanno persino creato propri dipartimenti di ricerca e sviluppo, diventando co-sviluppatori anziché semplici utenti finali».

La velocità è tutto, o quasi. Brave1 ha fatto la differenza creando un dialogo tra tutte le parti della filiera: dalla progettazione all’applicazione sul campo. «Nei suoi primi due anni, Brave1 ha erogato oltre cinquanta milioni di dollari in sovvenzioni», dice Zabolotna. «Il numero di aziende ucraine operanti nel settore delle tecnologie per la difesa è passato da poche decine a oltre millecinquecento, con oltre tremilaseicento soluzioni presentate sulla sua piattaforma».

In questo modo Brave1 ha guidato la creazione di nuovi mercati per le nuove tecnologie, tra cui veicoli terrestri senza pilota, droni navali, droni intercettori, droni a fibra ottica e sistemi per la guerra elettronica.

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Brave1

Nel settore dei droni (Uav), l’Ucraina è passata da sole sette aziende nel 2022 alle oltre cinquecento di oggi, con oltre mille modelli di droni sviluppati e una capacità produttiva di oltre quattro milioni di droni l’anno. Nel campo della guerra elettronica c’è stata una moltiplicazione da un paio di operatori iniziali a oltre trecento di oggi. I sistemi robotici terrestri sono passati da zero a oltre duecento sviluppatori, mentre nel campo dei droni navali – quasi inesistente tre anni fa – ora si contano più di dieci aziende attive.

Questo tipo di avanzamento sarebbe stato impensabile solo pochi anni fa. Eppure è il riflesso della rapidità con cui l’Ucraina ha saputo adattarsi e costruire una nuova industria tecnologica della difesa, dinamica e aggiornata.

Brave1 è nata dalla necessità, da una situazione emergenziale. All’inizio dell’invasione su vasta scala, Kyjiv dipendeva da armi e forniture straniere. Ma quella dipendenza, sul piano logistico e geopolitico, era troppo rischiosa. Si è data quindi priorità allo sviluppo interno: tecnologie nazionali, pronte all’uso, in mani ucraine. Così il ciclo dell’innovazione si è fatto più veloce, più coordinato e molto più accessibile a chi è in prima linea.

«Anche prima di Brave1 c’erano ingegneri talentuosi e tecnologie promettenti, ma molte di queste non arrivavano mai al fronte», dice Zabolotna. «Abbiamo colmato quel divario, mettendo in contatto produttori e forze armate, mostrando ciò che gli sviluppatori ucraini erano in grado di realizzare, e facilitando l’accesso diretto ai soldati che ne avevano bisogno.

Brave1

Uno degli obiettivi di sviluppo per il prossimo futuro è affidare il cento per cento della logistica in prima linea a sistemi senza pilota. L’Ucraina non può permettersi di combattere una guerra con metodi tradizionali, perché non dispone delle stesse risorse umane della Russia. «La nostra motivazione è semplice: i compiti più pericolosi devono essere affidati ai robot, non alle persone», dice Zabolotna. Nessun soldato dovrebbe fare quel tipo di lavoro sotto il fuoco se può farlo un robot.

Per arrivarci, il governo ha finanziato produttori, snellito test sul campo e semplificato le procedure burocratiche per certificazioni e contratti. Il risultato è un ciclo continuo tra innovazione e impiego operativo.

Oggi Brave1 guida lo sviluppo militare dell’Ucraina in tutti i segmenti, con BraveTech Eu diventerà presto un modello anche per l’Unione europea. «L’Europa può imparare molto dalla tecnologia di difesa ucraina, non solo nella produzione di droni o robot, ma anche nella creazione di un ecosistema innovativo per lo sviluppo tecnologico in ambito militare», spiega Zabolotna. «Il futuro è nella cooperazione, per questo l’Unione europea e l’Ucraina investiranno insieme cento milioni di euro nell’iniziativa BraveTech Eu. È un passo importante per allineare il settore ucraino, in rapida evoluzione, ai programmi europei».

L’Ucraina porterà in BraveTech Eu la propria esperienza, maturata in tre anni e mezzo di guerra. In questo periodo Kyjiv ha visto da vicino le nuove direttrici di sviluppo della tecnologia militare. Il primo esempio che fa Zabolotna è sulla guerra elettronica: «Se inizialmente ci concentravamo su sistemi a lungo raggio, ora abbiamo fatto grandi progressi nella cosiddetta trench electronic warfare – sistemi compatti, locali, per proteggere le trincee», dice. «Più di sessanta di queste soluzioni hanno già ricevuto la codifica Nato. La sfida ora è la diffusione su larga scala. Ogni drone, ogni trincea, ogni posizione dei soldati deve essere protetta da sistemi EW in grado di intercettare e disturbare le frequenze dei droni nemici. È uno sforzo colossale, ma è anche il modello della guerra moderna: rapida, digitale, ipertecnologica».

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I prossimi sviluppi riguarderanno l’intelligenza artificiale. «L’IA gioca già un ruolo chiave sul campo in Ucraina e lo sarà sempre di più», dice ancora Zabolotna. «Oggi Brave1 sostiene oltre duecento progetti che usano intelligenza artificiale, da sistemi che analizzano immagini aeree e flussi video in tempo reale, a droni d’attacco in grado di identificare e colpire obiettivi con maggiore precisione. Il vero punto di svolta però è l’autonomia. Stiamo superando il modello tradizionale “un drone-un operatore”. Il futuro sono sciami di droni autonomi, capaci di volare, comunicare tra loro, adattarsi alle condizioni in tempo reale e portare a termine missioni complesse senza intervento umano diretto».

La partenership tra Ucraina e Unione europea non è solo tecnologica, ma un investimento strategico. L’Unione ottiene accesso a tecnologie testate in guerra, mentre le aziende ucraine possono integrarsi nell’ecosistema europeo, accedendo a fondi, investitori e nuove collaborazioni.

La prima fase del programma partirà in autunno con hackathon, eventi di matchmaking con investitori, finanziamenti per startup europee e ucraine e test dei prodotti in condizioni reali. Dal 2026, nella seconda fase, le tecnologie più promettenti verranno potenziate grazie all’accesso a business accelerator europei, nuovi finanziamenti e supporto tecnico.

Brave1 non si occupa direttamente di aiuti militari, ma punta a sviluppare soluzioni che possano davvero cambiare l’equilibrio del conflitto. Per farlo, serve cooperazione. In questo quadro, l’invito rivolto ai partner europei è quello di collaborare attivamente alla produzione e alla sperimentazione di queste tecnologie emergenti.

«L’Ucraina non vuole soltanto ricevere armi», conclude Zabolotna. «L’Ucraina vuole partecipare alla loro creazione, instaurare un dialogo continuo e costruire partnership strategiche che accelerino l’innovazione militare su entrambi i fronti».



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