Nel 2024, le esportazioni italiane hanno registrato un lieve ma significativo calo, attestandosi a 623,5 miliardi di euro, in diminuzione dello 0,4% rispetto all’anno precedente. È questa la fotografia del Rapporto ICE 2024‑2025, presentato dall’Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane. Un dato che, pur quasi stabile su scala storica (in rialzo del 30% rispetto al 2019), nasconde fragilità strutturali e nuove minacce per il tessuto produttivo nazionale, in particolare per le piccole e medie imprese.
Il calo più marcato ha interessato la Germania, che rappresenta il principale partner commerciale dell’Italia. Le vendite italiane verso il mercato tedesco hanno registrato una contrazione del 5%, dovuta in larga parte al rallentamento della domanda nei comparti dei beni intermedi, beni strumentali e, in particolare, nel settore automotive, già in crisi strutturale.
Nel complesso sono in contrazione tutti i comparti tradizionali dell’export italiano, come mezzi di trasporto, moda, mobili, beni intermedi e derivati del petrolio. Tuttavia, alcuni settori compensano il calo. È il caso dell’alimentare, del chimico-farmaceutico, dell’ICT e della gioielleria, quest’ultima con un incremento del 39% dovuto anche alla forte domanda proveniente dalla Turchia. Positivi anche i risultati verso paesi come l’Arabia Saudita (+29%) e gli Emirati Arabi (+20,4%).
Il Rapporto ICE sottolinea inoltre che il saldo commerciale italiano nel 2024 è rimasto positivo, con un attivo di 81 miliardi di euro, in aumento rispetto ai 79 miliardi del 2023.
Allarme dazi USA: 6mila imprese e 140mila addetti in bilico
Tra i principali fattori di rischio per l’export italiano nei prossimi mesi vi è certamente l’introduzione dei nuovi dazi da parte degli Stati Uniti. Il Rapporto ICE segnala che 6.000 imprese italiane si troverebbero esposte a conseguenze economiche gravi qualora i dazi doganali annunciati venissero effettivamente applicati. A essere coinvolti sarebbero circa 140.000 addetti, in gran parte occupati in settori a forte vocazione internazionale, come alimentare, bevande, farmaceutica, componentistica meccanica, prodotti in metallo e mobili.
Il documento sottolinea come la struttura produttiva italiana, composta prevalentemente da PMI con una forte specializzazione ma con risorse limitate, sia particolarmente vulnerabile a misure protezionistiche e tensioni geopolitiche. Le grandi aziende, soprattutto quelle a capitale estero, mostrano una maggiore capacità di resistenza, anche grazie a una maggiore diversificazione geografica e a reti produttive più articolate. Tuttavia, la tenuta dell’intero sistema Paese dipende dalla capacità delle PMI di affrontare questi shock esterni.
Il Rapporto ICE invita infatti le istituzioni italiane ed europee a intensificare gli sforzi diplomatici e commerciali per tutelare le imprese più esposte e garantire condizioni di concorrenza e accesso ai mercati fondamentali per la crescita economica nazionale.
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