11 miliardi per l’agroalimentare erogati in 5 anni


Con 250 punti operativi, di cui 95 filiali specializzate, e circa 1.100 specialisti, la Direzione Agribusiness di Intesa Sanpaolo offre supporto a oltre 80.000 clienti con servizi mirati su internazionalizzazione, sostenibilità, innovazione digitale e passaggio generazionale. Sempre attenta allo sviluppo delle filiere del made in Italy agroalimentare, Intesa Sanpaolo recentemente ha stanziato nuovo credito per 10 miliardi di euro – di cui 1,5 miliardi di euro per la sola filiera vitivinicola – nell’ambito dei 410 miliardi di euro previsti dal Gruppo a sostegno delle iniziative collegate al PNRR. 

Massimiliano Cattozzi, responsabile Direzione Agribusiness – Divisione Banca dei Territori Intesa Sanpaolo illustra quali sono gli obiettivi e le strategie della sua divisione in una intervista esclusiva a EFA News.

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Saldo e stralcio

 

Intesa Sanpaolo ha più di 80.000 imprese dell’agroalimentare come clienti. Questo fornisce alla banca un punto di vista unico sul comparto. Qual è lo stato del settore dal vostro punto di vista?

Il settore agroalimentare italiano, su cui riponiamo grande fiducia, rappresenta una leva strategica per lo sviluppo sostenibile del Paese. La Banca dei Territori di Intesa Sanpaolo, guidata da Stefano Barrese, grazie alla Direzione Agribusiness ne sostiene gli investimenti, i processi di aggregazione, di apertura ai mercati internazionali e di innovazione sostenibile. Il settore ha di fronte sfide cruciali: cambiamento climatico, transizione tecnologica, evoluzione dei paradigmi di consumo, instabilità dei mercati e aumento dei costi. I nostri professionisti affiancano le aziende per farle crescere velocemente, incentivando investimenti e progettualità per un rapido adattamento. Un impegno testimoniato dagli oltre 11 miliardi di euro erogati al comparto dal 2020 e dalle competenze specialistiche e trasversali del Gruppo Intesa Sanpaolo.

Recentemente avete annunciato nuovo credito per 10 miliardi alle imprese del settore. Quali comparti hanno fatto registrare le richieste più corpose?

L’importo è riservato alle filiere agroalimentari, cuore del sistema economico italiano che valorizza i territori, la competitività e lo sviluppo sostenibile. Per questo è al centro delle progettualità della Direzione Agribusiness, che ha riscontrato grande interesse da parte degli operatori avendo apprezzato questo approccio che si svilupperà nel tempo, fino al 2027, e che è solo all’inizio della sua concretizzazione.

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Saldo e stralcio

 

Il primo Agri-Talk, incontri sul territorio per coinvolgere le aziende agroalimentari nostre clienti, è stato dedicato a Firenze alla filiera vitivinicola, riconoscendo all’Italia di essere il primo produttore di vino al mondo e il secondo esportatore dopo la Spagna. Poi ci occuperemo delle altre filiere di eccellenza, lattiero-casearia, ortofrutticola, delle carni e olivicola, per avere una fotografia dei fabbisogni e degli investimenti necessari.

I dazi annunciati da Trump come hanno cambiato lo scenario per il settore?

Il contesto globale impone alle PMI agroalimentari di valutare attentamente le opportunità offerte dai mercati internazionali. Come banca, abbiamo avviato una collaborazione sistemica tra istituzioni e partner strategici, come Simest e Sace, per accompagnare le PMI all’estero. Un esempio è la recente Missione a Dubai, una grande occasione per le aziende dei settori food e agritech, grazie alla quale sono stati attivati network efficaci per accompagnare e sostenere le imprese italiane. È importante guardare a tutte le geografie, a partire anche dall’Est Europa dove la nostra banca è presente in modo diretto sulla maggior parte dei paesi. I dazi sono una variabile ancora instabile, che le imprese stanno monitorando con attenzione. In uno scenario così incerto, il nostro osservatorio ci consente di anticipare le necessità e predisporre soluzioni tempestive per essere al fianco delle aziende con tutti gli strumenti necessari, se il momento lo richiederà. 

Focalizzare le opportunità nel contesto internazionale è uno degli obiettivi che avete nel supporto delle aziende. Quali difficoltà incontrate nel proporre alle imprese italiane di andare all’estero?

Le aziende agroalimentari sanno che i nuovi mercati, non necessariamente lontani, rappresentano un’opportunità di crescita. La difficoltà non sta tanto nelle intenzioni degli imprenditori, quanto nella disponibilità di competenze interne, soprattutto per le PMI, in grado di sviluppare una strategia strutturata. I primi passi sono fondamentali: la scelta del mercato, dei partner, la gestione degli aspetti burocratici e legali. I nostri servizi di business strategy sono pensati per accompagnare le imprese in questo percorso fin dal primo giorno.

Molto spesso la dimensione ridotta è uno dei problemi che non consentono alle aziende italiane di fare salti di qualità. C’è ancora resistenza alla crescita per linee esterne?

Oggi più che mai la competitività si rafforza attraverso l’unione. Per questo offriamo soluzioni finanziarie specifiche e consulenza per sviluppare modelli di business efficaci, sfruttando le sinergie tra produttori. Anche il nostro Programma Sviluppo Filiere rafforza il made in Italy e agevola l’accesso al credito delle PMI, fornitrici strategiche delle aziende capofila. Gestiamo 172 filiere del settore, di cui 34 sostenibili, coinvolgendo oltre 8.200 fornitori, con 21.500 dipendenti e un giro d’affari complessivo di oltre 22 miliardi di euro. L’invito è di investire in capitale umano: formazione e passaggio generazionale sono leve fondamentali per valorizzare i giovani talenti capaci di costruire un futuro innovativo, sostenibile e competitivo per l’agroalimentare.

Quanto le aziende del settore sono state pronte a cambiare per rispondere alle esigenze di mercato legate al cambiamento climatico?

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Le realtà che negli ultimi 5 anni hanno fatto investimenti in sostenibilità hanno registrato, rispetto ad aziende di pari dimensioni, un maggiore incremento del fatturato del 7% e un aumento delle esportazioni del 10%. La sostenibilità è un driver che porta vantaggi economici, favorisce l’accesso a nuovi segmenti di mercato, permette di entrare in filiere strutturate e di dialogare con i grandi player della distribuzione agevolando l’accesso al credito, gli investimenti e riducendo l’esposizione ai rischi climatici. Rendendo al contempo le aziende più resilienti.

Siete molto attenti alla filiera del vino, una delle più colpite dai dazi americani. Quali sono le prospettive di medio termine e quali le strategie per ammortizzare lo shock esogeno dei dazi?

Al di là delle considerazioni sui dazi, la filiera del vino può e deve concentrarsi sulle proprie leve produttive, di competenze, di espansione anche su nuovi mercati.  A tal fine Intesa Sanpaolo ha riservato uno stanziamento da 1,5 miliardi di euro, puntando in particolare su capitale umano, investimenti in sostenibilità e protezione, e anche sulla diversificazione dei mercati di sbocco. Il mondo del vino deve affrontare l’elevata frammentazione aziendale, per questa ragione aggregazioni o altre forme di cooperazione sono uno strumento per avere forza e competitività in Italia e all’estero.





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