Sonia Bonfiglioli (Confindustria): «Emilia-Romagna tra le più penalizzate dai dazi, bisogna ritrovare fiducia per investire»


di
Luciana Cavina

Secondo la presidente di Confindustria Emilia Centro la contrattazione con Trump sarà comunque «per le imprese un male grande o grandissimo», ma se ne esce risolvendo «questioni strutturali», dall’energia al green deal

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Comunque vada la negoziazione tra Bruxelles e Usa, non sarà un successo. La partita dei dazi (a prescindere da percentuali e modalità) resta «un elemento che conferma lo stato difficile in cui versa l’economia oggi nel mondo». Parola di Sonia Bonfiglioli, presidente di Confindustria Emilia Centro che rincara: dal primo agosto (data di entrata in vigore dei dazi) «per le imprese sarà un male grande o un male grandissimo».

Insomma, presidente, ci mancava solo Trump…
«Eravamo abituati alla globalizzazione in cui tutto in qualche modo era concertato, poi ci siamo bruscamente risvegliati in un contesto di coercizione. É quasi tutto sotto ricatto : “Terre rare in cambio di missili, esenzioni o alti dazi”. Già veniamo da un mercato che ha avuto pochi vincitori».




















































E chi sono i vincitori?
«La Cina, sicuramente, e le big tech, le multinazionali americane, lo squilibrio ha causato minor potere di acquisto per molte persone in Europa e America e una sofferenza delle imprese medio-piccole».

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Quanto verrà toccata l’Emilia da questa nuova guerra commerciale?
«La nostra è terra di manifattura, trasformazione, export, import: siamo particolarmente penalizzati in questa dinamica, perché un sistema così resiste se rimangono forti gli investimenti, ma in uno scenario incerto gli investimenti sono congelati».

I dati della congiuntura confermano la sua analisi.
«Già venivamo da un 2024 di contrazione, ci aspettavamo un recupero nel secondo semestre del 25, ma con alcune eccezioni non ci sarà, e bisogna aggiungere un altro componente che va a braccetto con i dazi».

Sempre negativo?
«Sì: il dollaro debole contro l’euro forte. Lo yen è debole, il dollaro è debole, la rupia è debole, cioè in questo momento si fa fatica a trovare valute forti. Lo è l’euro, e questo penalizza ulteriormente le nostre esportazioni. Poi c’è il costo dell’energia».

Tema che nessuno, dall’Europa in giù, sembra volere risolvere.
«Se in Europa un’azienda deve fare una produzione energivora, potendo scegliere va in Spagna, non in Italia. Pensi a Bologna, per alimentare supercomputer come Leonardo quanta energia occorre… ma è un grande investimento che porta competenze, sviluppo e reti internazionali a cui non possiamo certo rinunciare».

Calmierando i costi dell’energia, si potrebbero affrontare più serenamente altre difficoltà?
«In economia ci sono fattori esogeni ed endogeni: noi dobbiamo agire su quelli endogeni. È un momento difficile soprattutto per le imprese medio piccole e quelle energivore, quelle meno strutturate, quelle che non hanno presenze su Paesi che possono controbilanciare una dinamica negativa. Il potere d’acquisto degli operai e degli impiegati rende faticoso arrivare a fine mese, ma abbiamo aziende che fanno fatica ad arrivare a fine anno».

L’Emilia che «armi»  ha per affrontare tutto questo?
«Come Confindustria ci stiamo attivando. Ciò che mi porta a essere positiva, nonostante la situazione, è che noi siamo sempre stati un territorio molto coeso, molto reattivo, molto disposto a trovare una soluzione concreta ai problemi. I dazi, essendo reciproci, bene che ci vada arrivano al 10% e causeranno danni, ma esistono altri problemi strutturali su cui possiamo intervenire».

Cosa suggerisce?
«Dobbiamo fare squadra e spingere per un piano industriale come Paese e anche come Europa. Stiamo pagando una politica industriale eurocentrica, demagogica. Lo stiamo vedendo in tante filiere, in particolare nell’automotive che ha un forte impatto nel nostro territorio».

Si riferisce al green deal europeo?
«Vanno promossi valori di sostenibilità reali e non ideologici, sennò restiamo fermi. Vanno difesi valori etici di rispetto dell’ambiente e delle persone che sono da sempre il motore della nostra regione e propulsori di sviluppo».

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Anche questo è un punto di forza della nostra regione?
«Le imprese devono reagire con logiche di innovazione. Penso alla nave di rigassificazione, la prima è arrivata a Ravenna: è un sintomo di volontà di affrontare i problemi in maniera concreta. C’è una dinamica di innalzamento di dazi a livello mondiale e quindi il problema non è solo per chi esporta verso gli Usa. Iniziamo intanto a eliminare i dazi intraeuropei: esistono ancora dazi e balzelli».

L’azione più urgente?
«Malgrado le incertezze bisogna spingere gli investimenti, sono l’unico strumento di crescita sostenibile, per non perdere competitività. Va data fiducia a chi fa impresa. Sul nostro territorio ci sono grandi aziende disposte a fare innovazione, ad ampliare il loro business e che possono trascinare la fornitura, soprattutto adesso che le catene di fornitura si stanno accorciando, si importa molto meno dall’Asia, per esempio. Per lo stesso motivo dobbiamo dare spazio e sostenere quelle imprese, tendenzialmente di grandi dimensioni, che intendono fare investimenti -ovviamente “buoni”- nel nostro territorio, senza preclusioni ideologiche».

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9 luglio 2025

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