la digitalizzazione avanza, ma resta il rischio sovranità


L’Italia nel 2025 continua a fare passi avanti nella digitalizzazione, come evidenziato dal Sottosegretario all’Innovazione Alessio Butti, in un articolo che ha scritto su Milano Finanza. 
Butti sottolinea come il Paese stia superando la media europea grazie a servizi pubblici digitali come IO, PagoPA e SEND, con migliaia di progetti digitali avviati e una forte spinta verso la semplificazione amministrativa. 

Questo quadro mostra un’Italia che accelera nella trasformazione digitale, migliorando l’accesso ai servizi e la gestione dei dati sanitari. Tuttavia, il non detto nell’articolo è che questo progresso convive con un rischio concreto. Molti servizi ICT finanziati dal PNRR vengono affidati a fornitori offshore, soprattutto in Asia meridionale, mettendo in discussione la sovranità tecnologica e la sicurezza dei dati. 

Dai bandi e documenti di gara disponibili risulta che nei bandi PNRR per i servizi ICT non sono previsti limiti geografici sull’esecuzione delle attività. 

Di fatto, questo consente alle aziende vincitrici di affidare sviluppo software, manutenzione e help-desk anche a società con sedi operative fuori dall’Unione Europea, in particolare in India, che domina il mercato globale dell’offshoring IT, stimato a circa 650 miliardi di dollari nel 2025.

In Italia, nonostante i 47 miliardi di euro investiti nel digitale, solo l’8,2% delle imprese ha adottato soluzioni di intelligenza artificiale e gli specialisti ICT rappresentano appena il 4% della forza lavoro, segnalando un ritardo nella capacità interna di sviluppo tecnologico. 

Alcuni ceo di medie aziende di coordinamento e sviluppo digitale ci hanno raccontato: “noi, lavorando per due delle principali multinazionali di consulenza vincitrici di bandi PNRR, ci troviamo a relazionarci con factory indiane perché per la big Four è più conveniente rispetto all’assunzione locale, anche su commesse ad alta sensibilità”. Ed è così vero che Accenture e Ibm, ad esempio, hanno sedi in India.

Questo conferma che la dipendenza dall’offshoring non riguarda solo la pubblica amministrazione, ma l’intero ecosistema digitale italiano.
Un esempio concreto è l’accordo quadro Consip per i servizi applicativi in ottica cloud e PMO, del valore di 3 miliardi di euro, utilizzabile dalle pubbliche amministrazioni per la realizzazione di progetti PNRR. 
Tra i principali aggiudicatari figurano grandi gruppi come Accenture, IBM, Capgemini e AlmavivA, che perano in Italia ma spesso subappaltano parte delle attività a fornitori esterni, anche offshore. 

Consip gestisce inoltre contratti per servizi di digital transformation e system management per la PA, con importi che superano i 400-500 milioni di euro, confermando la centralità di questi strumenti per la modernizzazione digitale.
A differenza del settore dei call center, dove la normativa italiana impone limiti e obblighi di trasparenza per le attività offshore, nei bandi PNRR ICT non esistono regole simili.
Le amministrazioni possono quindi affidare servizi digitali a fornitori extra-UE senza vincoli specifici sul luogo di esecuzione.

Il tema è complesso e globale. Qualcuno degli intervistati, scherzando ma non troppo, suggerisce all’Europa di introdurre dazi sui servizi offshoring.
Per l’Italia resta la sfida di bilanciare la necessità di digitalizzare rapidamente con la tutela della sovranità tecnologica, della sicurezza dei dati e dello sviluppo di competenze interne, per non compromettere gli stessi obiettivi di innovazione che il PNRR si propone di raggiungere per il futuro della nostra Nazione.



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