in Lombardia 7 su 10 cambiano strategia


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Indagine di Confindustria: Arabia Saudita e India sono i paesi dove le aziende contano di espandersi

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«In uno scenario di caos globale, dall’Indagine internazionalizzazione 2025 emerge con forza che le imprese lombarde internazionalizzate sono consapevoli delle sfide e si adattano rapidamente ai cambiamenti e agli shock». Presentata martedì 8 luglio a Milano, l’indagine è quella realizzata da Confindustria Lombardia e Assolombarda, insieme alle altre associazioni territoriali e in collaborazione con l’Istituto per li studi di politica internazionale (Ispi) e Sace. Le parole sono del presidente di Confindustria Lombardia, Giuseppe Pasini, che rivendica: «Nel 2024 le imprese lombarde internazionalizzate hanno esportato per 164 miliardi di euro e realizzato oltre il 44% del fatturato all’estero. In questa fase di incertezza e con un’Europa che, piuttosto che essere un valore aggiunto, è l’anello debole del tessuto produttivo, le imprese manifatturiere dimostrano di essere una delle poche certezze per un futuro ancora all’insegna della competitività e del progresso».

I risultati

Realizzata su un campione di 1.012 di imprese manifatturiere lombarde attive sui mercati esteri (una cinquantina quelle mantovane), l’indagine approfondisce l’impatto della geopolitica sulle decisioni strategiche e organizzative delle aziende.

I principali risultati dicono che il 65,5% delle imprese manifatturiere internazionalizzate considera gli scenari geopolitici come il macro-trend di maggiore influenza sulle scelte strategiche, seguiti dall’evoluzione tecnologica (26%) e l’accessibilità a materie prime critiche (18,1%). Più di 7 imprese su 10 dichiarano di aver modificato strategia in risposta ai cambiamenti geopolitici in atto: il 28,1% valuta più attentamente le controparti (28,1%), il 25% rivede con maggiore frequenza i budget e il 23,1% ha reindirizzato le esportazioni.

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Gli scenari geopolitici impattano anche sull’organizzazione interna: il 30,5% delle aziende intervistate ha aumentato la centralità delle attività di internazionalizzazione, il 26,1% gestisce con maggiore attenzione gli approvvigionamenti e il 13,2% gli aspetti giuridico-doganali. Il 95% del campione effettua esportazioni, confermando che gli scambi commerciali la modalità di rapporto con l’estero privilegiata, seguita da import di materiali (58,5%) e dall’acquisto di impianti e tecnologie (8,6%). Intanto, la quota di fatturato realizzata all’estero sale al 44,7% (44,2% nel 2023).

I paesi

Sono 21 i Paesi serviti, in calo rispetto ai 23 di due anni fa. I mercati europei rimangono le principali destinazioni delle vendite con Germania (50,5%) e Francia (49%), seguite dagli Stati Uniti (30,3%), primo partner commerciale extra-europeo, e dalla Spagna (29,8%). Stabile la Cina all’ottavo posto (10,8%). Tra i Paesi prospect, verso i quali le imprese sono più interessate ad espandersi nei prossimi 4 anni, oltre alle conferme di Stati Uniti (21,3%) e Germania (16,4%), al terzo posto viene indicata la new entry India (15%). L’altra novità è rappresentata dall’ingresso nella top 10 dell’Arabia Saudita (10%).

Quanto alle supply chain, il 14,4% delle imprese dichiara di aver sostituito uno o più fornitori esteri nel 2024 (il 15,6% lo aveva fatto prima del 2024, mentre il 6,8% sta valutando di farlo prossimamente), e il 51,1% di chi ha cambiato le reti di fornitura ha sostituito un partner estero con un altro localizzato sempre in Europa, il 27,7% con fornitori extra Ue.

Adattamento

Per la vicepresidente di Assolombarda con delega all’internazionalizzazione, Veronica Squinzi, in un scenario incerto e complesso, le aziende continuano a mostrare un’elevata capacità di adattamento: «Ma occorre fare di più per sostenerle nel tentativo di cogliere il cambiamento in atto, mentre, cioè, portano a compimento la transizione digitale ed ecologica. È necessaria, in particolare, una politica industriale efficace, capace di far fronte alle nuove frontiere dell’innovazione e dell’IA».



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