investimenti in calo e obiettivi europei ancora lontani


L’Italia è tra i Paesi europei più efficienti dal punto di vista energetico, ma il ritmo della transizione non basta. Secondo l’Energy Efficiency Report 2025 di Energy&Strategy del Politecnico di Milano, il nostro Paese è quinto in Europa per efficienza, con un indice di intensità energetica migliore del 16% rispetto alla media UE. Tuttavia, rispetto al 2022 abbiamo perso una posizione, a vantaggio di Paesi come Francia e Germania, più dinamici nella riduzione dei consumi e negli investimenti.


GLI INVESTIMENTI ANDREBBERO TRIPLICATI

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Nel 2024 gli investimenti in efficienza energetica sono stimati tra 58 e 66 miliardi di euro, in netto calo rispetto ai 75-85 del 2023. Il settore residenziale resta centrale, ma segna una contrazione marcata, a causa della revisione del Superbonus. L’industria investe in fotovoltaico (+26%) e pompe di calore, ma arretra sui processi produttivi. Anche il terziario rallenta, concentrandosi su interventi termici piuttosto che su soluzioni smart.

Secondo il rapporto, per centrare gli obiettivi UE al 2030 sarebbe necessario triplicare gli investimenti, raggiungendo i 308 miliardi e abbattendo i consumi finali a 93 Mtep. Ma senza incentivi stabili e un quadro normativo coerente, resta uno scenario lontano. L’attuale frammentazione di strumenti, tra Certificati Bianchi, Conto Termico, Superbonus ed Ecobonus, penalizza l’efficacia complessiva degli interventi.


CITTADINI E IMPRESE

L’interesse verso l’efficienza è alto, ma restano forti barriere. Tra i cittadini, l’85% ha effettuato almeno un intervento negli ultimi cinque anni, preferendo soluzioni semplici e accessibili. Le tecnologie più complesse (che richiederebbero, dunque, investimenti più onerosi), come fotovoltaico e accumulo, restano meno diffuse. I principali ostacoli? Costi elevati, burocrazia e accesso limitato agli incentivi.

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Anche le imprese faticano a spingersi oltre l’illuminazione e l’autoproduzione. Le PMI risultano paradossalmente più attive delle grandi aziende, segnale di una maggiore agilità. Ma oltre il 65% non monitora l’efficacia delle misure adottate, e solo una minoranza adotta politiche premianti per il personale.

UNA QUESTIONE DI COSTI

E’ evidente che la questione non si giochi solo su un discorso di divulgazione e pubblicizzazione degli strumenti atti ad aumentare l’efficientamento energetico: famiglie e imprese li conoscono già molto bene. Piuttosto, la partita può essere vinta solo potenziando gli strumenti a sostengo degli investimenti. Più facile a dirsi che a farsi, considerate l’ordine di grandezza delle cifre necessarie e la cronica difficoltà della politica italiana nell’individuare le risorse da destinare a nuovi investimenti.

Basti pensare che il superbonus, che lo studio cita, è costato 220 miliardi di euro a fronte di interventi di cui hanno beneficiato appena il 4% degli immobili sul territorio.

Sul tema però Vittorio Chiesta, fondatore e direttore di Energy & Strategy non transige:

È evidente che gli importi oggi in gioco sono insufficienti a centrare gli obiettivi posti dalla Epbd. L’attuale assetto di agevolazioni non basta, anche se va ricordato che la direttiva deve essere ancora recepita in Italia. Bisognerà capire con quali strumenti lo faremo



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