Diverse iniziative in Europa stanno creando nuova occupazione con il sostegno di fondi pubblici destinati ai sussidi, con la prospettiva che se anziché continuare a parlare a vuoto del disallineamento (mismatch) tra domanda e offerta di lavoro, si creasse nuova domanda di lavoro?
All’Inapp (Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche), stanno studiando il modello della Job Guarantee, immaginando il ruolo dello Stato come “Employer of last resort”, ovvero come datore di lavoro per contrastare contemporaneamente disoccupazione e povertà.
Il presupposto su cui si fonda l’ipotesi dello Stato come Employer of Last Resort è che ci sia una grande quantità di disoccupazione involontaria, dovuta a una carenza strutturale di domanda di lavoro ma che ci sia contemporaneamente una grande quantità di bisogni sociali che non riescono a trovare risposta sul mercato.
All’Inapp stanno studiando il possibile target di una iniziativa del genere, l’eventuale salario da applicare, i costi pubblici e anche la possibile copertura finanziaria con la costituzione di un fondo ad hoc. Da questo punto di vista, la creazione di nuovo lavoro rappresenterebbe pure una risposta alla riduzione della spesa per i sussidi economici.
Le politiche attive funzionano dove ci sono aziende pronte ad assumere, non tutti hanno le competenze e i profili adatti a ricoprire le posizioni vacanti disponibili, non tutti gli ex percettori del ex reddito di cittadinanza riescono ad entrare nel mercato del lavoro e faticano a rientrare di più soprattutto nei territori più fragili.
L’idea che sta venendo fuori è quella di creare nuova occupazione «utile», e non necessariamente «produttiva», anziché distribuire sussidi di sostegno a chi non ha un reddito.
Un lavoro pagato in maniera dignitosa e magari sostenuto con fondi pubblici, che abbia anche un’utilità sociale nei territori e nelle comunità, partendo proprio dai bisogni insoddisfatti che emergono da questi territori.
In due quartieri «difficili» di Roma, Corviale e Tor Bella Monaca, è in corso l’esperimento “Territori a disoccupazione zero”,
Il progetto, finanziato con i fondi del Pnrr, è uno dei cosiddetti programmi di Job Guarantee, dopo aver mappato i bisogni dei quartieri insieme agli attori sociali locali, l’idea è quella di partire dalla domanda di lavoro territoriale per creare nuovo lavoro, anche prevedendo forme di compartecipazione pubbliche al costo del lavoro, in alcuni casi alternative ai sussidi.
Il tema assume ancora più importanza in un Paese come l’Italia che conta oltre 12 milioni di persone inattive tra i 15 e i 64 anni, di cui il 64 per cento donne. Ovvero persone che un lavoro non ce l’hanno e che hanno smesso di cercarlo.
La Commissione europea sta studiando questi programmi. Nel report “Towards zero long-term unemployment in the EU: Job guarantees and other innovative approaches”, si analizzano le iniziative europee di questo tipo già in atto per contrastare la disoccupazione di lunga durata.
In Francia il programma Territoires Zéro Chômeur de Longue Durée – attivo in più di 60 territori – finanzia progetti nell’economia sociale territoriale in cui le istituzioni coprono una parte del costo del lavoro, purché i posti di lavoro creati (e pagati almeno al livello del salario minimo) per i disoccupati da oltre un anno non siano concorrenziali né con l’occupazione pubblica, né con quella privata di mercato.
Cioè devono essere nuovi posti di lavoro che non vanno a sovrapporsi con occupazioni già esistenti sul territorio. Il programma sta utilizzando i risparmi sui sussidi in denaro di solito erogati ai disoccupati per creare questi nuovi posti di lavoro.
Un progetto simile esiste in Austria, con il programma Modellprojekt Arbeitsplatz Garantie Marienthal, sperimentato nel quartiere viennese di Marienthal, che prevede finanziamenti per le imprese che assumono i disoccupati da più di dodici mesi in base a un’analisi preliminare dei bisogni territoriali insoddisfatti.
Un approccio simile è stato introdotto anche in Belgio, con diciassette territori a disoccupazione zero che saranno lanciati in Vallonia (con il supporto del Fondo sociale europeo Plus). In Germania, invece, l’iniziativa del Reddito di Base Solidale offre mille opportunità di lavoro ai disoccupati per un massimo di cinque anni. Mentre nei Paesi bassi il programma Basis Baan mira a ridurre la dipendenza dalle prestazioni sociali, assumendo persone nell’amministrazione locale per svolgere compiti che migliorano la qualità della vita nei quartieri e che non possono essere forniti da mercato.
La disoccupazione zero non esiste, Come dimostrano queste iniziative, però, esistono molti bisogni insoddisfatti, soprattutto in un’ottica di invecchiamento della popolazione, da cui può nascere nuova domanda di lavoro e di conseguenza nuova occupazione. Gli esperimenti di Roma ci diranno se stavolta la “Garanzia del lavoro” potrà funzionare o no.
Alfredo Magnifico
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