Da Il Foglio
Giorgia Meloni non se ne è accorta, e in parte è giustificata dai molti impegni internazionali, dalle tensioni infinite che si registrano in giro per il mondo, dai rapporti complicati con i propri partner internazionali, ma negli ultimi mesi di fronte all’azione del suo governo ha preso forma, via via, un nemico invisibile, per così dire, il cui profilo non coincide né con quello dell’opposizione esterna né con quello dell’opposizione interna. Il nemico invisibile, essendo invisibile, è silenzioso, non attacca, non ferisce, non aggredisce. Ma il nemico invisibile, pur essendo invisibile, da mesi lancia segnali al governo, il più delle volte ignorati. Chi è questo nemico invisibile? Semplice: le imprese. O meglio ancora: gli imprenditori. Il nemico invisibile si muove da mesi con discrezione, oltre che con preoccupazione, e al contrario di quello che potrebbe credere il governo non è spaventato dalla politica aggressiva sui dazi di Trump, e nemmeno dalla lentezza dell’europa e dall’impaccio dell’italia. Il nemico invisibile sa, in fondo, che le imprese italiane sono più forti dei dazi e sa che la volontà punitiva del presidente americano rispetto alle esportazioni europee è direttamente proporzionale al grado di qualità che hanno i prodotti minacciati dai dazi, e quelli italiani sono molti. Il nemico invisibile, ovviamente, è preoccupato dell’incertezza, della produzione industriale che fatica da molti mesi, troppi, ed è preoccupato del modo in cui una crisi di fiducia, da parte degli italiani, potrebbe trasferirsi anche sui consumatori, anche se poi gli italiani, quando si parla di dati economici, da anni regalano sorprese positive trimestre su trimestre. Le paure del nemico invisibile, in verità, sono altre e coincidono con un tema che sembra sfuggire totalmente ai vertici del governo: non essere capiti. La narrazione di Giorgia Meloni, negli ultimi mesi, rispetto ai temi economici, si è attestata su una lunghezza d’onda precisa, che grosso modo suona così. L’italia, nonostante i gufi, ha di fronte a sé dati economici lusinghieri. La Borsa va, lo spread scende, il lavoro migliora, la disoccupazione non preoccupa, l’inflazione sta tornando sotto ai livelli di guardia, gli investimenti esteri diretti in Italia sono migliori di quelli della Francia, il pil cresce poco ma cresce più delle attese e le esportazioni, nonostante tutto, migliorano di anno in anno. Non va tutto bene – è il filo conduttore della narrazione meloniana – ma le cose vanno abbastanza bene da non destare preoccupazione quando il governo si ritrova ad aprire il file “come vanno le cose nell’economia italiana”. Tutto giusto. Ma contemporaneamente tutto sbagliato. Il nemico invisibile del governo conosce bene i dati elencati. Sa quanto è importante avere un paese stabile, tendenzialmente affidabile. E sa cosa vuol dire non doversi preoccupare dei fondamentali, come era stato per esempio con il governo gialloverde.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link